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In Umbria 4166 bar e ristoranti. Aumentano gestori stranieri e donne, nonostante la concorrenza di agriturismo e distributori automatici

Redazione

In Umbria 4166 bar e ristoranti. Aumentano gestori stranieri e donne, nonostante la concorrenza di agriturismo e distributori automatici

Sab, 06/08/2011 - 12:28

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Una rete ampia ed articolata sull’intero territorio regionale, nei piccoli come nei grandi centri urbani, senza uguali nel sistema economico-produttivo: è quella dei pubblici esercizi (bar, ristoranti, pub, servizi catering e banqueting, ristorazione collettiva, etc.) in Umbria.

Secondo i dati del Rapporto Annuale sulla ristorazione della Fipe, la Federazione dei Pubblici esercizi aderente a Confcommercio, ad aprile 2011 erano 4.166 le imprese del settore attive nella nostra regione, pari all’1,4per cento del totale nazionale. Imprese che si caratterizzano per la forma giuridica: l’Umbria è la regione con il minor numero di ditte individuali (40per cento), mentre sono fortemente presenti le società di persone (46,9per cento) ed è significativa la presenza di società di capitali, pari al 12per cento del totale, al quarto posto dopo Lazio, Lombardia e Toscana. Questo testimonia la dinamicità di un settore che tende ad evolversi verso forme organizzative più complesse e strutturate. Il discorso vale anche nella sottocategoria dei bar (ed altri esercizi simili senza ristorazione): in Umbria al 31 marzo 2011 erano 1.822, l’1,3per cento del totale. Anche in questo caso la nostra regione ha il numero più basso di ditte individuali (41,1per cento) in Italia; le società di persone sono il 49,2per cento, le società di capitali l’8,5per cento.

Nell’ambito della categoria pubblici esercizi, nel nostro territorio i ristoranti (e attività di ristorazione mobile) hanno effettuato il sorpasso rispetto ai bar: in Umbria le imprese attive sono 2.299.

L’intero comparto dei pubblici esercizi non è peraltro immune dalla crisi: nel 2009 i consumi nella ristorazione hanno subito una dura battuta d’arresto, e nel 2010 la crescita è stata di appena mezzo punto percentuale in termini reali. Questo spiega il saldo negativo tra imprese iscritte e cessate nel 2010, pari in Umbria a 91 unità (la contrazione riguarda soprattutto le società di persone). Sono stati i bar a pagare maggiormente lo scotto della contrazione dei consumi, con un saldo 2010 di –56 unita, mentre i ristoranti hanno registrato un –35.

“Un turn over consistente – sottolinea il presidente della Fipe-Confcommercio della provincia di Perugia Romano Cardinali – che smentisce i luoghi comuni secondo cui i pubblici esercizi rappresentano un’impresa semplice e di facili guadagni, e avvalorano invece la necessità crescente di una forte professionalità e di un progetto imprenditoriale ben meditato per affrontare il mercato con successo. Ma le difficoltà del settore derivano anche dalla concorrenza sempre più agguerrita di soggetti che, a parità di attività esercitata e di opportunità, godono di un regime normativo e di regole molto più favorevoli e meno pesanti, falsando così il mercato. Basti pensare – continua Cardinali – che a fronte dei tanti requisiti, anche infrastrutturali che deve avere la cucina di un ristorante, un agriturismo può utilizzare una cucina ad uso abitativo per fare la stessa attività di ristorazione. Così si falsa il mercato e si mettono in crisi le imprese”. Un altro format distributivo che ha messo il difficoltà il settore della ristorazione è il vendig, i distributori automatici di alimenti e bevande, aperti 24h su 24h: oltre il 40per cento degli umbri utilizza in modo occasionale o con cadenza regolare la distribuzione automatica, specie nei luoghi di lavoro, e di questi un quarto ne fa un uso quotidiano. “Proprio in virtù di uno scenario così fortemente penalizzante per il comparto dei servizi di ristorazione tradizionale – dice ancora il presidente Fipe – abbiamo fatto presente alla Regione, in sede di confronto sul regolamento per i pubblici esercizi, che sta per essere licenziato in attuazione della direttiva servizi, che è inutile normare il 60per cento del mercato se il restante 40per cento rimane al di fuori di ogni regola, o si avvale di regole ingiustificatamente più favorevoli, che determinano forme di concorrenza sleale”.

Donne e stranieri in aumento – Le imprese della ristorazione sono essenzialmente “in mano alle donne”, con una presenza più massiccia che in altri settori. In Umbria su 95.830 imprese (dati primo semestre 2010) sono femminili 24.662, con una media del 25,7per cento, superiore a quella nazionale, pari al 23,3per cento. Ma nella ristorazione questo dato raddoppia: le imprese gestite da donne a livello nazionale sono 171.795, pari al 54per cento del totale (50,8per cento ristoranti, 48,2per cento bar e 1per cento mense e catering).

Secondo il rapporto, inoltre, in Umbria (dati febbraio 2011) sono complessivamente 600 (il 13,4per cento del totale) i pubblici esercizi con stranieri, dato superiore alla media nazionale. Più incisiva la presenza di imprenditori stranieri nella provincia di Perugia: sono ben il 14,5per cento sul totale del mercato dei pubblici esercizi; il 16,6per cento nella ristorazione in senso stretto; il 12,1per cento sul totale dei bar.

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