Tamponamenti a raffica, sulle strade interne intasate da automobilisti in cerca di un percorso alternativo. Un’autoambulanza con una donna in cinta a bordo che è riuscita a farsi largo tra i mezzi incidentati scortata dalla polizia. E un’altra, ferma nel traffico, dove la donna ha partorito, fortunatamente senza conseguenze.
Succede anche questo sul Raccordo Perugia – Bettolle in tilt per l’ennesimo incidente. Episodi che hanno spinto il Comitato “Chi salverà Ponte San Giovanni?” all’ennesimo appello perché venga accelerato l’iter per realizzare la variante all’attuale tragitto del Raccordo, il cosiddetto Nodo di Perugia.
Ecco il testo del manifesto pubblicato dal Comitato:
“Sì, non basta tirare un sospiro di sollievo per il fatto che, alla fine, tutto è finito bene.
È andata bene un paio di giorni fa, perché c’era in quel momento un’auto della polizia in zona che è riuscita a farsi largo nel muro delle lamiere, perché il personale inviato era esperto di situazioni del genere, perché il parto non doveva presentarsi particolarmente complicato…ecc. Una serie di circostanze favorevoli che hanno fatto sì che una potenziale tragedia si sia risolta nel migliore dei modi.
In una circostanza simile, nello stesso giorno, è successo che un altro parto è potuto avvenire felicemente direttamente dentro l’ambulanza diretta ancora all’Ospedale di Perugia.
Ma il teatro di questa duplice sequenza di fatti insoliti e potenzialmente pericolosi è stato sempre lo stesso, come tante volte accade: la strada, sempre lei, che si tratti della E45 a Ponte San Giovanni o nei dintorni o il raccordo Perugia – Bettolle.
La cronaca degli incidenti che vi avvengono, non sempre con circostanze così particolari, racconta sempre e comunque di disagi, di pericoli, di tempo buttato, di esasperazione di chi vi rimane bloccato e di chi, nelle strade interne di Ponte San Giovanni, di Collestrada o di Balanzano, deve respirare forzatamente il fumo cancerogeno dei motori e assorbire la propria rabbia impotente e quella di chi recrimina indignato, perdendo tempo, lavoro, salute all’interno dei propri veicoli immobili nel “solito” interminabile blocco.
Ma cosa dovrebbero pensarne gli altri, i fortunati, quelli che non si sono trovati lì, in quel giorno o in quell’ora? Dovrebbero alzare le spalle e dirsi “Chi se ne frega? La pelle non era mica la mia…?”. No non dovrebbero pensarlo, perché non siamo bestie, perché il dolore degli altri non può scivolare sopra le nostre teste indifferenti, perché dovremmo essere tutti buoni Cristiani e amare il prossimo nostro come noi stessi – e molti affermano convinti di essere buoni Cristiani, di andare a Messa la domenica – ma poi, quando questi fatti succedono, si voltano dall’altra parte e addirittura danno l’impressione di pensare che gli sta bene a quelli a cui è successo, che potevano starsene a casa invece di prendere l’auto, che inquina tanto…
E aggiungono anche – lo dicono, lo scrivono perfino! – che sarebbe meglio che andassimo tutti a piedi, o magari in bicicletta. “Ora ci sono anche quelle elettriche, no?” Che sono tutte queste macchine, questi camion!” E non pensano – perché pensare non è una cosa da tutti – che magari il loro stipendio o la loro pensione deriva proprio da quei “viziati, pigri, nemici della Natura” che si lessano il sedere nei loro mezzi per guadagnarsi da vivere e anche per mantenere tanti di quelli che li guardano con ostilità, disprezzo o derisione. Perché, è vero che l’inquinamento da traffico automobilistico deve iniziare a calare, che si deve pensare ad un mondo più pulito, ma intanto che questo avverrà – si parla non a caso di transizione energetica per la quale si prevedono effetti positivi dal 2050 in poi – come camperanno i poveri cristi, i milioni, i più, che non potranno permettersi di vivere in collina, lontani dagli “sporchi, brutti e cattivi”, che non possono ascoltare i profetici “verdi” o i loro borghesissimi compagni di strada che li invitano, fra ameno risuonare di canti e malinconici carmi, nel fresco profumato della Macchia di Collestrada, a lasciare perdere Marx e la realtà della loro vita dura, da manuali, da operai, da camionisti, da autisti dei furgoni che consegnano giornalmente nelle case dei verdissimi clienti di Amazon i loro prodotti, arrivati a destinazione con inquinatissimi aerei e poi con vecchi e scalcinati furgoni da milioni di Km, alimentati a proletarissima nafta?
Cosa penseranno, questi milioni e milioni di persone, molti di più di quelli che fanno loro la predica sorbendosi il loro caffè da pensionati di lusso dai tavoli dei bar di Corso Vannucci? Non potranno non pensare: “Ma in che razza di mondo vivono questi qui? Perché, intanto che il nuovo, futuro mondo inizi a prendere vagamente forma nei pensieri dei benpensanti, non vogliono che anche noi, i reietti, quelli che lavorano e faticano veramente per tutti, possano avere a disposizione delle strade decenti, più larghe, più sicure? E perché non dovrebbero averle anche gli anziani, i malati, che devono spesso raggiungere l’Ospedale, mèta sempre più sognata astratta, visto che anche medici e infermieri stanno, da noi, diventando sempre più merce rara e preziosa? Non avranno pensato questo anche quelle prossime mamme in preda ai dolori del parto e in pena per la vita dei propri nascituri e per la propria?
Ci sarebbero milioni di ragioni per dire che il Nodo di Perugia reclama, urla con la voce della ragione e del buon senso, di essere finalmente finanziato dal governo nazionale, dopo che tutte le paure, gli allarmi sguaiati, i patetici appelli a salvare la possibilità per gli uccelli di migrare sopra il Nodino (ebbene sì, anche questa abbiamo dovuto sentire!) sono stati esaminati e sviscerati con attenzione e infine fugati dal Ministero dell’Ambiente che ha apposto il suo sigillo di conformità al progetto del Nodino, mentre è in corso, già finanziata, la progettazione del secondo stralcio, tra Madonna del Piano e l’Ospedale di Santa Maria della Misericordia.
E ricordino, tutta questa variamente confusa e aliena congrega di profeti del futuro – ma incapaci di guardare la realtà del presente – che una necessità di correre d’urgenza all’ospedale è da mettere nel conto da parte di tutti, che a tutti capiterà, forse, un giorno, di doversi guadagnare da vivere muovendosi concretamente da un posto all’altro, trasportando qualcuno o qualcosa, senza potersi affidare al cellulare.
Dentro quell’ambulanza, in fila dentro quei camion, a respirare smog mortale per ore e ore ogni giorno, ci siamo tutti, la questione riguarda tutti.
Svegliamoci, uniamoci, facciamoci sentire con forza, perché nelle sale dei Ministeri le nostre voci non arrivano. A meno che non siamo migliaia, decine e centinaia di migliaia in tutta la nostra amatissima e piccolissima Umbria, specialmente in periodo pre-elettorale.