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In due mesi 1476 licenziati tra Perugia e Terni. I dati da “brivido” della crisi in Umbria

Sara Minciaroni

Negli ultimi due mesi nella regione di poco meno di 910 mila abitanti che è l’Umbria ben 1476 persone hanno perso il loro posto di lavoro. Dati che fanno rabbrividire, soprattutto se confrontati con quelli di appena dodici mesi prima. A Perugia i licenziati sono stati 1131 mentre a Terni 345 significa un aumento del 29% per il capoluogo e di quasi il 50% nella città dell’acciaio.

Per il timore della tassa i titolari hanno licenziato prima dell’entrata in vigore. A diffondere questi numeri è la stessa Cgil che evidenzia come a risentire principalmente delle manovre finanziarie del Governo siano state le piccole imprese, quelle sotto 15 dipendenti, che non versavano per la L.223/91 la “tassa sul licenziamento”, l’entrata in vigore al 1 gennaio 2013 dell’obbligo del versamento di una quota aggiuntiva, utile a finanziare l’ASPI, che si aggira intorno a 1500 euro a dipendente licenziato, avrebbe prodotto, secondo il sindacato i numeri di cui sopra. Perchè evidentemente quelle aziende che non navigavano in “buone acque” hanno preferito prevenire l'entrata in vigore del balzello.

Nessun incentivo per il ricollocamento di 995 persone in mobilità. A questa drammatica situazione, secondo la Cgil, va inoltre aggiunto il fatto che con la legge di stabilità il governo non ha inteso rifinanziare la legge, che prevedeva lo sgravio contributivo per le aziende che assumevano dalle liste di mobilità nate con tale legge. Pertanto, alla luce dei dati attuali, abbiamo in regione, solo nell’arco dell’ultimo bimestre, un totale di 955 lavoratori che perdendo il proprio posto di lavoro, non vedranno attivato alcun incentivo per il loro ricollocamento lavorativo.

L’intervento di Mario Bravi e Giuliana Renelli. “Da tempo la Cgil chiede con forza il rifinanziamento delle liste di mobilità ex L.236/93 e interventi certi per il sostegno alle imprese in crisi, insieme a serie quanto concrete misure di rilancio del lavoro. Questa situazione va arginata con urgenza e dimostra nuovamente la necessità di costruire una politica economico-sociale alternativa, come abbiamo sostenuto il 6 febbraio scorso, nell’esigenza di creare quanto prima anche per l’Umbria un Piano del Lavoro contro le politiche recessive portate avanti dal governo nazionale”.