Il Rock è donna, il Festival si inchina a My Ladies Rock - Tuttoggi.info

Il Rock è donna, il Festival si inchina a My Ladies Rock

Carlo Ceraso

Il Rock è donna, il Festival si inchina a My Ladies Rock

La geniale coreografia di JC Gallotta conquista il Romano illuminando le pagine dimenticate del genere musicale
Sab, 07/07/2018 - 19:50

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Il rock è donna, più di quanto possiamo immaginare o aver letto. E il balletto in Prima nazionale, per la coreografia di Jean-Claude Gallotta, con sapiente maestria è riuscito a fornirne una prova indelebile. Concentrata in poco più di un’ora di danza durante la quale si ripercorrono le tappe fondamentali del rock in rosa e di come sia stata spesso proprio la Donna ad ispirare quel genere che, per definizione, è ancora ritenuto prerogativa maschile.

Non basta la Grande enciclopedia del rock di Guglielmi-Rizzi e neanche la più aggiornata e voluminosa Enciclopedia del rock (1.624 pagg., 160mila, Arcana Editore) per scoprire come questo genere musicale, definito popular music e destinato nel tempo ad assorbire tendenze e colori da farne cambiare nome (da rock ‘n’ roll a psychedelic rock, jazz rock, punk rock, grunge, gothic rock, etc), sia permeato nel dna dalle figure femminili che hanno avvicinati i grandi autori, li abbiano ispirati o ne siano stati copiate.

Nel 2004 Gallotta, esponente di spicco della nouvelle danse francese, aveva realizzato un lavoro immenso con My rock riuscendo a fondere due movimenti nati quasi nello stesso momento in Usa, la danza contemporanea e il rock appunto, portando in scena le imprese musicali dei più celebri cantanti. Un lavoro rimasto incompiuto, quasi “colpevole” di non considerare, come fecero critici musicali e storici dell’epoca, l’immenso contributo della donna. Con My Ladies Rock portato in Prima nazionale al Festival dei 2 Mondi, l’opera è compiuta. Ce ne è voluto di tempo per riconoscere che dietro la produzione di Elvis Presley c’era un bel po’ di musica nera (con Wanda Jackson definita al massimo la “Elvis in sottoveste”), ce ne vorrà ancora per tributare definitivamente l’importanza dietro o al fianco di grandi rock star – da Chuck Berry a Bob Dylan, Rolling Stones, Lou Reed o David Bowie, solo per citarne alcuni – del genere femminile.

Se con la prima fatica Gallotta si era concentrato su variazioni coreografiche attorno ai duetti, con My Ladies Rock spazia tra duetti, trio, quintetti, sestetti, fino a portare in scena l’intera compagnia Emile-Dubois.

Sullo sfondo la voce fuori campo racconta le vite delle Grandi del Rock, le note ‘dure’ unite alla poesia dei testi scritti o interpretati; sul palco si disegnano linee pure, con le braccia distese ad abbracciare l’universo, i movimenti agitati e disordinati con continue oscillazioni e zoppicamenti o grandi aperture quasi ad immaginare di saltare da una dimensione all’altra.

Al centro la Donna che non ebbe altra scelta che “osare” per affermare la propria immagine, dignità, libertà, disposte all’eccesso per affermare la propria voce, il diritto al proprio ruolo. Dando vita ad un rock sicuramente meno proficuo ma non meno emozionante, la voce forse – si pensi a Joan Baetz – più utile per quella battaglia in difesa dei diritti delle donne, ancora lontana da considerarsi conclusa.

Si comincia con un brano di Wanda Jackson per proseguire con Lee Brenda, Marianne Faithfull e la drammatica Sister morphine (ripresa più tardi dai Rolling Stones), Aneta Franklyn con Baby I love you (dove Gallotta rintroduce il duetto), la bandiera del rock gotico Nico con la dolce My funny Valentine, Lizzy Mercier Descloux con One for the soul e Laurie Anderson, già compagna di Lou Reed, con la struggente Love among the sailor. C’è spazio, e non poteva essere diversamente, per l’immensa Janis Joplin con Me and Bobby McGee (sul fondale compare una delle frasi più significative “Libertà è soltanto un’altra parola, che vuol dire non aver niente da perdere, niente, intendo niente, se non è gratuito, dolcezza”), per l’impegno sociale contro la guerra di Joan Baez con Swing low, swing charriot, la ‘rocciosa’ Nina Hagen con Dread love, Betty Davis con Anto love song, l’intramontabile Because the night di Patty Smith mentre il gran finale è sulle note di Proud Mary per la versione di Ike e Tina Turner.

Sulla scena i ballerini si alternano con leggerezza e ironia. Bravi tutti, una menzione particolare per Lilou Niang, Beatrice Warrand e Bernardita Moya Alcalde.

La storia è riscritta, il rock può continuare.

© Riproduzione riservata

Foto by Stephanie Para

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