La sanità continua ad essere un tema caldo in Umbria. E se i sindacati confederali hanno ottenuto dalla Regione l’avvio di 5 tavoli di confronto sulle emergenze su questo tema (liste d’attesa, territorio e riorganizzazione della rete ospedaliera, convenzione con l’università, cronicità e non autosufficienza, progetti del Pnrr e edilizia sanitaria), in Consiglio regionale si è invece dibattuto dei “medici a gettone”. Facendo nascere un vero e proprio “giallo”, con l’assessore regionale Luca Coletto che ha negato che ve ne siano nel cuore verde d’Italia ed il capogruppo del M5s Thomas De Luca che invece ha indicato un caso specifico emerso durante un suo sopralluogo.
Durante il questione time di martedì mattina, infatti, si è discussa l’interrogazione a risposta immediata su “Esternalizzazioni sanitarie e diffusione del fenomeno dei ‘medici a gettone’ in Umbria” , presentata dal consigliere regionale De Luca. L’esponente pentastellato chiedeva di sapere “quali siano i dati e la spesa del fenomeno dei medici e infermieri ‘a gettone’ in Umbria, specificando a riguardo a quanto ammonta la spesa relativa in riferimento al 2023 (o ultimo dato disponibile) e come questa si sia evoluta negli ultimi 10 anni, specificando quanti siano stati i turni affidati a operatori esterni sul totale e quanti siano stati gli ospedali e le strutture sanitarie coinvolte“. Ricordando che i medici a chiamata vengono solitamente pagati il doppio da Usl e ospedali e che il loro costo non compare alla voce del personale ma a beni e servizi. “Per quanto riguarda la Regione Umbria – ha sostenuto De Luca – la stessa Corte dei Conti ha sottolineato come il fenomeno risulta essere a danno del cittadino e il fenomeno sarebbe stato presente nel 33% degli ospedali nel corso del 2022, una percentuale paragonabile a quella della Lombardia (35%). Lo stesso governo nazionale ha riconosciuto il problema e nel decreto Bollette dello scorso marzo 2023 avrebbe inserito alcune misure che puntano ad arginare il fenomeno delle esternalizzazioni negli ospedali“.
Nella sua replica, però, l’assessore Luca Coletto ne ha negato l’impiego in Umbria. “Il fenomeno dei medici a gettoni – ha spiegato l’assessore regionale alla sanità – è diffuso in tutto il Paese, anche in risposta alla carenza di medici che si registra. Anche l’Anac ha rilevato che la questione assume una rilevanza sociale e rappresenta un alto costo per le Aziende sanitarie, che vi ricorrono quando si trovano in estrema necessità. Medici e infermieri a gettoni peraltro non esistono in Umbria, dove le Aziende sanitarie non ricorrono a questa forma di lavoro. Per fare fronte al temporaneo aumento di attività o per carenze di organico il sistema sanitario regionale utilizza lo strumento delle tariffe orarie aggiuntive per i medici in servizio, al fine di ridurre l’utilizzo delle esternalizzazioni. Le Asl si avvalgono solo in casi sporadici di professionisti esterni. La Corte dei conti, nella parificazione del rendiconto generale della Regione, non ha citato il fenomeno dei medici gettonisti, che appunto non esiste, ma prende atto delle misure messe in atto per la riduzione della spesa delle aziende sanitarie per gli incarichi libero professionali”.
Il consigliere De Luca si è detto “allibito dalla risposta ricevuta. Abbiamo svolto un sopralluogo, insieme a due parlamentari, a Cascia e Norcia dove erano in servizio due medici a chiamata. Quindi mi pare assurdo affermare che in Umbria non esistano. Non mi ritengo soddisfatto della risposta, vista la mia esperienza diretta. Faremo un accesso agli atti per verificare a che titolo quei medici erano in servizio”.
Intanto, come detto, sul fronte della sanità in Umbria si registra un’apertura della Regione ai sindacati confederali, con la previsione di 5 tavoli di confronto sui temi più critici, liste d’attesa in primis. Una decisione presa durante il confronto che lunedì si è tenuto tra Cgil, Cisl e Uil e i vertici regionali: la presidente della Regione Donatella Tesei, affiancata dall’assessore alla Sanità Luca Coletto, dal capo di Gabinetto, Federico Ricci, e dal direttore regionale della Sanità, Massimo D’Angelo.
“Dopo quasi 5 anni, una lunga mobilitazione e in vista della scadenza del mandato – scrivono in una nota Cgil, Cisl e Uil dell’Umbria – la Regione ha finalmente riconosciuto la necessità di una partecipazione delle forze sociali che finora è clamorosamente mancata. Abbiamo accolto con riserva questa apertura, perché sarà necessario verificare nel concreto le reali intenzioni di cambiare rotta da parte di palazzo Donini”.
I sindacati, nel corso dell’incontro durato oltre 2 ore, hanno sottolineato lo “svuotamento drammatico del sistema sanitario pubblico regionale“, aggravato secondo loro dalla delibera sulla riorganizzazione della rete ospedaliera, approvata in pieno periodo natalizio. “Un atto che appare essere più teso a dare risposte a problemi di bilancio e razionalizzazione, che alle esigenze degli umbri e che è in contrasto con i principi dello stesso Piano sanitario regionale, presentato e poi lasciato (non a caso) in un cassetto”. Intanto, rimarcano le tre organizzazioni, la delibera “incrementa i posti letto in carico alla sanità privata (convenzionata e non) a discapito di quella pubblica” e questo “nonostante l’utilizzo reale dei posti letto nella sanità pubblica umbra sia intorno al 70% e non al 90 come sostenuto impropriamente nella delibera della Regione”. “Un dato – sottolineano ancora Cgil, Cisl e Uil – che fa capire come il vero problema non sia la mancanza di posti, ma la disorganizzazione, l’abbassamento della qualità dovuta alle mancate assunzioni e al mancato riconoscimento della professionalità di lavoratrici e lavoratori della sanità, che non a caso continuano a lasciare la nostra regione e a disertare le selezioni di personale”.
Altro dato allarmante, che dovrà essere secondo i sindacati oggetto di confronto, è quello riferito alla mobilità passiva dei pazienti: -11 milioni di euro di saldo nel 2022, dato lontano anni luce dai risultati che l’Umbria conseguiva nel 2017 (+9 milioni).
“Le liste d’attesa, tutt’altro che abbattute (dai portali internet di Usl e aziende ospedaliere risultano oltre 44mila prestazioni da erogare, escludendo quelle chirurgiche), sono lo specchio di un sistema che non funziona e contribuisce a questo impoverimento – sottolineano ancora Cgil, Cisl e Uil – Impoverimento che va contrastato attraverso investimenti nelle strutture e nel personale della sanità territoriale, precondizione fondamentale per qualsiasi ipotesi di riorganizzazione ospedaliera, a partire dal cosiddetto Terzo Polo”. Secondo i sindacati, infatti, senza un territorio organizzato, gli ospedali vanno inevitabilmente sotto pressione, “con il risultato di pronto soccorso sovraccarichi e barelle nei corridoi”.
Altre questioni poste dalle organizzazioni sindacali sono quella della mancanza di chiarezza sull’accordo con l’Università; sui progetti di edilizia sanitaria (in particolare ospedale di Terni e Narni-Amelia); sulla permanenza di 2 Dea di II livello (Perugia e Terni); su Case ed Ospedali di comunità (con quale personale?); e sulla grande sfida delle cronicità. Tutte questioni che, come chiesto da Cgil, Cisl e Uil, saranno oggetto dell’annunciato confronto nelle prossime settimane.