Le ordinanze dell'Ufficio centrale per il referendum della Corte di Cassazione: appena 119.160 le firme valide presentate dai promotori
I numeri messi nero su bianca nell’ordinanza depositata il 30 novembre 2021 e firmata dal vice presidente dell’Ufficio centrale per il referendum della Corte di Cassazione certificano non solo la bocciatura del referendum anti caccia, ma anche le proporzioni.
Rispetto alle 520mila firme annunciate dai promotori, infatti, ne risultano depositate 256.274 (praticamente la metà delle 500mila necessarie per indire un referendum abrogativo). Tra l’altro, le sottoscrizioni su supporto cartaceo e digitale ritenute valide, dopo il vaglio dell’Ufficio centrale per il referendum, risultano appena 119.160.
Le altre firme non sarebbero bastate
I promotori del referendum hanno presentato ulteriore documentazione il 19 novembre, fuori tempo massimo (il termine ultimo era il 10 novembre). Tra l’altro, numeri alla mano, nemmeno sarebbero bastate per raggiungere la soglia delle 500mila firme le altre 22.681 depositate il 19 novembre, per le quali era stata richiesta la proroga, non concessa. E questo, anche ammettendo che fossero valide.
La richiesta di proroga dei promotori
Come si legge nell’ordinanza emessa dallo stesso Ufficio e depositata il 9 novembre, i promotori del referendum avevano portato il 30 ottobre alla cancelleria della Corte di Cassazione di Roma 49 scatole di documenti, dichiarando che si trattava di 520mila firme raccolte a sostegno del referendum abrogativo. Allegando però anche una richiesta di differimento della consegna dei certificati elettorali, lamentando il ritardo di molti Comuni nel metterle a disposizione.
Gli esposti dei cacciatori
Ma in data 28 e 29 novembre erano giunti gli esposti di Anuu, Arci Caccia, Libera Caccia, Enalcaccia, Federcaccia ed Ente produttori selvaggina che diffidavano dal concedere ulteriori proroghe, rispetto a quelle già concesse a causa dell’emergenza Covid. Istanza, quella dei cacciatori, accolta dalla Cassazione con l’ordinanza, appunto, del 9 novembre.
Un flop che è anche il risultato della spaccatura del mondo animalista, con la proposta referendaria che non è stata appoggiata dalle principali associazioni ambientaliste.
La class action
E tra i cacciatori c’è anche chi ha dato mandato ai propri legali di verificare la possibilità di chiedere risarcimenti danni attraverso una class action.