Giovedì 9 maggio nel santuario del beato Pietro Bonilli a Cannaiola di Trevi il card. Mauro Piacenza, Prefetto della Congregazione per il Clero, ha tenuto il consueto ritiro mensile per tutti i sacerdoti dell’archidiocesi di Spoleto-Norcia. Accolto dall’Arcivescovo sul sagrato della chiesa, il Porporato ha condiviso con i preti alcuni momenti significativi: ha tenuto una conferenza sul tema “Sacerdoti nell’Anno della Fede”, ha presieduto la Messa in Santuario, si è raccolto in preghiera dinanzi al Santissimo Sacramento, ha condiviso il pranzo in fraternità.
«Sono particolarmente lieto – ha detto – di condividere con mons. Boccardo e con voi carissimi preti di Spoleto-Norcia questa giornata di riflessione e di preghiera nel XXV anniversario della beatificazione del vostro confratello don Pietro Bonilli (il fondatore delle Suore della Sacra Famiglia di Spoleto è stato beatificato il 28 aprile 1988, ndr). È sempre un particolare dono un confratello santo. È un dono che Dio fa, oltre che all’intera Chiesa, in modo specifico a questa particolare Diocesi e, ovviamente, al suo peculiare presbiterio». Il cardinal Piacenza ha, poi, sviluppato il suo intervento intorno al nucleo del carisma del beato Bonilli: “Essere famiglia, dare famiglia, costruire famiglia”. «Come sacerdoti – ha detto – siamo chiamati innanzitutto ad edificare la grande famiglia della Chiesa, per poter realmente, attraverso tale opera, edificare la nuova umanità. La Chiesa è dunque il luogo nel quale noi preti per primi siamo educati alla relazione e alla comunione: alla relazione e alla comunione con Dio e, perciò, alla relazione e alla comunione con i fratelli. La nostra missione non è principalmente un fare delle cose, ma un mostrare Dio ai fratelli ed il primo veicolo per tale possibilità è costituito dall’unità, che noi viviamo come Chiesa, come presbiterio, unito al Vescovo e costantemente orientato a Dio, nella propria vita e nel proprio servizio».
Poi, il Prefetto della Congregazione per il Clero si è soffermato sull’importanza della comunione tra i preti che passa dal presbiterio, «luogo teologico, vivendo e respirando nel quale è possibile vivere e respirare la comunione soprannaturale, che deriva dalla grazia. Vivere il presbiterio come la propria famiglia di appartenenza, famiglia teologica e famiglia umana, significa anche sconfiggere definitivamente la solitudine. Molte, troppe esperienze di solitudine sacerdotale sono legate, oltre che a peculiari condizioni dell’esercizio del ministero, anche ad una non adeguata percezione della fraternità sacerdotale».
Ai presbiteri della Chiesa di Spoleto-Norcia, infine, il Cardinale ha indicato una priorità dell’evangelizzazione: il sostegno, la formazione e l’accompagnamento della famiglia. «Come sacerdoti, nati in una famiglia naturale, da essa molto probabilmente evangelizzati ed accompagnati nei primi passi della fede, da essa e in essa sostenuti nel nostro itinerario vocazionale, spesso anche nell’esercizio del ministero, non possiamo non riconoscere come, proprio in questo Anno della Fede, la famiglia sia – e sempre più debba essere – al centro delle nostre preoccupazioni pastorali. Perché incontrando la famiglia, noi possiamo incontrare tutti: uomini e donne, giovani e anziani, sani e malati, lavoratori e pensionati, semplici e dotti, credenti e non credenti».