Il cane è senza microchip, glielo ridanno senza testicoli - Tuttoggi.info

Il cane è senza microchip, glielo ridanno senza testicoli

Massimo Sbardella

Il cane è senza microchip, glielo ridanno senza testicoli

La triste storia del piccolo Borg | Il proprietario sporge denuncia | Loretoni (Libera Caccia): "Non dovevano farlo"
Dom, 14/10/2018 - 07:40

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Borg è uno splendido cucciolo di razza Petit Bleu, il segugio di Guascogna, il principale nemico dei cinghiali. Una razza che, da lui, non avrà discendenza. Perché al piccolo Borg, di soli 9 mesi, sono stati tolti i testicoli.

Prego, evitare battute sul fatto che porti il nome di un famoso tennista che con racchetta e palline ci sapeva fare. Perché questa vicenda ha un epilogo triste, qualunque saranno gli sviluppi delle carte bollate. Tanto più che i protagonisti (umani) sono tutte persone che dovrebbero amare gli animali.

Borg è l’ultimo esemplare di Petit Bleu de Gascogne tra i numerosi cani posseduti da uno spoletino, un noto imprenditore da sempre appassionato della caccia al cinghiale. “Tutti curati nelle cucce a 5 stelle, come hanno sempre potuto verificare nei controlli effettuati”, ci tiene a precisare il cacciatore. Borg è piccolo, non ha ancora dieci mesi. Non vuole rischiarlo in una battuta di caccia al cinghiale, che può sempre essere pericolosa. Vuole aspettare per far accoppiare Borg almeno una volta ed avere così la sua parte della cucciolata dei formidabili cani da caccia.

Però un sabato, la squadra di cinghialai di cui il nostro cacciatore fa parte viene raggiunta da alcune guardie volontarie del Wwf. Quelle chiamate in causa dalla Libera Caccia – e poi divenute anche protagoniste di un dibattito in Consiglio regionale – perché non avrebbero il decreto della Provincia che abilita ad effettuare i controlli in materia venatoria, comminando eventualmente multe ai trasgressori della legge. Ma questa, è un’altra vicenda. E infatti le guardie volontarie non controllano i cacciatori. Vedono però gironzolare quel piccolo cane e chiedono chi sia il padrone. Solo che il padrone è impegnato nella battuta di caccia, appostato in una zona lontana.

Il cane però non ha il microchip e, trovandosi sul suolo pubblico e senza un proprietario, viene prelevato dal personale del servizio veterinario pubblico. Borg viene quindi condotto a Foligno e poi al canile sanitario di Narni. Il giorno successivo è domenica e il suo padrone non può reclamarlo. Lo fa il giorno seguente, lunedì, ma ci impiega un po’, tra gli uffici della Asl, a capire dove sia il suo animale. Paga le spese per la cattura, il servizio, il microchip che nel frattempo è stato impiantato all’animale, di cui si riconosce proprietario, fornendo gli estremi anche per farsi recapitare il verbale.

Tutto come da procedura, insomma. Solo che, quando due giorni dopo un suo parente si presenta al canile per riprendere l’animale, gli raccomandano di somministrargli l’antibiotico. Borg, infatti, è stato appena sottoposto a castrazione. Operazione che spetta agli animali randagi, come previsto dalla legge regionale n. 10 del 2016, dopo un certo tempo di permanenza nel canile sanitario.

Eppure il “nostro” cacciatore ha reclamato subito il suo Borg, considerando il giorno festivo seguito alla sua cattura.

Un cane da lavoro, come sono classificati i cani da caccia – tuona il proprietario di Borg – non può essere sterilizzato. E comunque, qualsiasi cane viene prelevato, fosse anche un meticcio, non può essere toccato per 10 giorni, periodo in cui deve restare in osservazione”.

Il cacciatore intende andare fino in fondo: “Presenterò una denuncia, perché voglio capire chi abbia preso una decisione così assurda. Al di là del danno economico, perché non avrò più la discendenza di Petit Bleu, mi dispiace che abbiano rovinato un cane di neanche 10 mesi. Tra l’altro – conclude con una certa preoccupazione – il mio veterinario mi ha detto che si tratterebbe di un’operazione mal eseguita”.


Multe ai cacciatori da chi non può farle


Una vicenda che ha destato sconcerto tra i cacciatori spoletini, quando è iniziato il passaparola. Tanto che su di essa interviene anche il presidente regionale della Libera Caccia, Lando Loretoni: “Intendiamo essere a fianco del nostro amico cacciatore in questa sua sacrosanta battaglia legale. Stiamo approfondendo con i nostri legali sia il comportamento delle guardie volontarie che hanno segnalato la presenza del cane, le stesse, ci risulta, che non potrebbero effettuare controlli né sui cacciatori, né sugli animali da lavoro, sia il comportamento di quanti, in seguito, hanno preso in cura, si fa per dire, il cane. Ma quel che più ci dispiace – conclude Loretoni – è che persone appartenenti ad associazioni che dovrebbero tutelare gli animali abbiano, alla fine, portato alla menomazione di questo animale”.

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