A poco più di un anno dall’inaugurazione della Stroke unit, nei giorni scorsi all’ospedale di Terni il team di neuroradiologi interventisti diretto dalla dottoressa Nevia Caputo ha effettuato su una paziente di 78 anni colpita da ictus cerebrale una trombectomia meccanica, una moderna terapia che è stata eseguita, nella fase acuta dell’ictus ischemico, dopo una risposta insoddisfacente alla terapia endovenosa. Dopo questo trattamento ‘combinato’, i sintomi neurologici sono parzialmente regrediti e la paziente dopo diversi giorni di degenza in Stroke unit è stata trasferita presso la Neuroriabilitazione di Terni.
“La trombectomia meccanica, cioè il trattamento endovascolare che prevede la rimozione meccanica e non invasiva del trombo in corso di angiografia, – spiega Carlo Colosimo, direttore della struttura complessa di Neurologia e Stroke unit di Terni – è una delle più recenti ed efficaci terapie nella fase acuta dell’ictus ischemico e dà risultati favorevoli se attuato entro le 6 ore dall’esordio dei sintomi, eventualmente anche in seconda battuta dopo la trombolisi sistemica con rTPA (un farmaco dato per via endovenosa che può disostruire l’arteria bloccata, ma che risulta utile solo se somministrato entro 4 ore e mezzo dall’esordio dei sintomi) se questa è stata poco efficace”.
L’ictus cerebrale (stroke in inglese) colpisce ogni anno circa 200.000 persone solo in Italia. L’ictus cerebrale è la morte di cellule nervose prodotta dall’occlusione di un’arteria del cervello a causa di un coagulo di sangue che ne impedisce il normale flusso (ictus ischemico, 80% dei casi), o dalla rottura di un’arteria che provoca invece un’emorragia cerebrale (ictus emorragico, 20% dei casi). I fattori di rischio più importanti sono rappresentati dalla pressione alta e dalla fibrillazione atriale. Bocca storta, difficoltà a parlare, mancato movimento degli arti di un lato del corpo sono i sintomi più comuni rivelatori di un ictus in atto. L’insorgenza di questi sintomi deve allertare tutto il sistema dell’emergenza (118 e pronto soccorso), in modo da consentirne la diagnosi e il trattamento in tempi rapidissimi.
Per avere qualche approfondimento ecco un’intervista al dottor Carlo Colosimo, direttore della struttura complessa di Neurologia e Stroke Unit dell’Azienda Ospedaliera Santa Maria di Terni.
Quali sono i trattamenti più efficaci oggi disponibili contro l’ictus?
Oggi fortunatamente esistono terapie efficaci nella fase iperacuta dell’ictus ischemico e se applicate in modo rapido e appropriato sono in grado di ridurre in modo significativo mortalità e disabilità, che rappresentano esiti onerosi per le persone colpite, le famiglie e l’intera società.
Per attuare queste terapie innovative è importante che gli ospedali di riferimento siano dotati di unità dedicate, le cosiddette Stroke Unit. Ogni Stroke Unit deve prevedere un’organizzazione strutturata che faccia riferimento al neurologo esperto in malattie cerebrovascolari e a personale specializzato dedicato h24 e che coinvolga specialisti come neurochirurghi, neuroradiologi e riabilitatori. I parametri emanati recentemente dal Ministero della Salute prevedono la diffusione capillare di queste unità su tutto il territorio nazionale, e da questo punto di vista la regione Umbria è ben organizzata, avendo 5 unità, 4 nella provincia di Perugia e una in quella di Terni, situata presso la S.C. di Neurologia dell’Azienda ospedaliera Santa Maria di Terni.
La Stroke unit dell’ospedale di Terni è stata inaugurata poco più di un anno fa nell’ambito della struttura complessa di Neurologia: come è organizzata?
La Stroke unit di Terni è dedicata a pazienti con Ictus e patologie neurologiche gravi, è dotata di 6 posti letto completamente monitorizzati e risponde alle esigenze e ai criteri più moderni, dal punto di vista tecnologico e logistico. In essa opera un team multidisciplinare costituito da un neurologo attivo 24h, un fisiatra, terapisti della riabilitazione, logopedisti, specialisti in consulenza, infermieri qualificati, operatori socio-sanitari e medici esperti in ultrasonografia carotidea e transcranica.
Più in generale, i centri esistenti cosa sono in grado di fare e quanti pazienti riescono a trattare ogni anno?
Per rispondere a questa domanda, partiamo da alcuni dati numerici riferiti alla trombolisi endovenosa, che è utilizzata in Italia da ormai da 15 anni. Secondi i dati statistici ogni
anno in Italia circa 10-15.000 pazienti con ictus ischemico acuto dovrebbero essere trattati con trombolisi endovenosa: chiamiamo questi cittadini gli “aventi diritto”. Ma se analizziamo i dati si vede che in Umbria nel 2012 la copertura della domanda di cura è stata ampiamente sotto il 50% degli aventi diritto.
Come far sì che tutti i pazienti con ictus ischemico che possono potenzialmente giovarsi di queste terapie siano effettivamente trattati?
Esistono problematiche organizzative locali che devono essere risolte per far sì che i centri esistenti possano lavorare al meglio e con maggior produttività per la salute pubblica. Bisogna organizzare e integrare in maniera più adeguata i sistemi dell’emergenza (incluso il 118 che deve essere sempre informato su dove portare un paziente con ictus appena insorto e quindi potenzialmente trattabile con queste nuove metodiche); è necessario infine diffondere meglio l’informazione sull’ictus cerebrale fra i medici di base e i cittadini, in modo che il diritto alla salute sia tutelato per tutti i pazienti colpiti da una condizione potenzialmente così grave.