'I want to be bipolar' ma per chi lo è davvero la diagnosi è un'odissea - Tuttoggi.info

‘I want to be bipolar’ ma per chi lo è davvero la diagnosi è un’odissea

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‘I want to be bipolar’ ma per chi lo è davvero la diagnosi è un’odissea

Ven, 28/03/2025 - 16:03

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(Adnkronos) – C’è una malattia mentale protagonista di uno stigma al contrario. E’ il disturbo bipolare, considerato da alcuni così glamour, sinonimo di creatività, fantasia ed estro, da volerne soffrire a tal punto da arrivare a crederci. Sono quelli che “I want to be bipolar”, un fenomeno sul quale mette in guardia la Società italiana di psichiatria – Sip alla vigilia della Giornata mondiale sul disturbo bipolare. Una ricorrenza in calendario il 30 marzo, data di nascita di un paziente illustre: il pittore olandese Vincent van Gogh, che si ritiene fosse affetto da bipolarismo associato ad altri problemi di salute mentale. Non si scherza col fuoco, avvertono gli psichiatri. “Il disturbo bipolare è in realtà una patologia severa e ricorrente, capace di compromettere la qualità della vita e la sfera psicosociale”, ma oggi per chi ne soffre davvero scoprirlo è un’odissea. “Circa il 70% dei pazienti ha ricevuto una diagnosi sbagliata e il 30% di questi anche per più volte”, sottolinea la Sip. Da qui l’appello della presidente Liliana Dell’Osso: “Basta slogan e più attenzione alla diagnosi precoce”. Tempestiva e giusta, perché “solo con diagnosi corrette è possibile intervenire con terapie adeguate”.  

Il disturbo bipolare colpisce ‘ufficialmente’ oltre 1,2 milioni di italiani, tra l’1% e il 2% della popolazione generale, con una prevalenza leggermente maggiore nelle donne e un esordio più frequente tra i 15 e i 30 anni. Numeri figli di una sottostima, la punta di un iceberg di un disturbo complesso, i cui sintomi sono spesso simili a quelli di altri disturbi mentali come la depressione e la schizofrenia, spiegano gli psichiatri. “Si tratta di un disturbo che comporta compromissione significativa, talora estrema, non solo dell’umore, ma anche della sfera cognitiva, volitiva e neurovegetativa, e che può avere un impatto importante, in alcuni casi devastante, sulla vita quotidiana di chi ne soffre e delle persone a lui vicine – afferma Dell’Osso – E’ caratterizzato da episodi di mania o ipomania alternati a fasi di depressione, che possono inficiare la capacità di funzionare, la gestione delle emozioni e delle relazioni sociali. Nonostante l’ampia diffusione, il disturbo bipolare è spesso frainteso e molte persone con questa condizione affrontano anche il peso dello stigma sociale”.  

Non solo. Spesso il problema non viene correttamente riconosciuto e inquadrato, talora scambiato per un disturbo depressivo unipolare. “Fasi ipomaniacali più lievi – descrive la specialista – possono infatti sfuggire alla raccolta anamnestica, perché il paziente, interpretandole come periodi di particolare benessere, non le riferisce non riconoscendone la natura patologica o non accettando la diagnosi di disturbo bipolare che è associata in alcuni casi a uno stigma maggiore”. Invece “in generale i disturbi di cui può soffrire il cervello devono essere considerati con la massima attenzione, come per qualsiasi altro organo del nostro corpo: l’esito di un mancato trattamento può essere anche letale, in relazione al rischio suicidario”, ammonisce Dell’Osso. 

“Sono fondamentali una diagnosi precoce e un intervento terapeutico mirato per migliorare il decorso della malattia, riducendo il suo impatto sulla qualità della vita di chi ne soffre – rimarca Antonio Vita, vicepresidente Sip e professore di psichiatria all’università di Brescia – E’ necessario ascoltare con attenzione i pazienti e fare un’accurata anamnesi, anche con l’aiuto dei familiari, per evitare di prescrivere terapie inadeguate che possono peggiorare la situazione anziché migliorarla. I rischi di un errore diagnostico possono essere importanti, sia perché il trattamento può variare considerevolmente, sia perché potrebbe mantenersi una scarsa consapevolezza della patologia da parte dei pazienti e dei familiari”.  

Ci sono cure? “Disponiamo oggi di farmaci finalizzati soprattutto alla stabilizzazione dell’umore, ormai ben consolidati nella pratica clinica – illustra l’esperto – e che mirano alla riduzione o alla scomparsa della ricorrenza degli episodi depressivi e/o ipo/maniacali, così come di trattamenti psicosociali di provata efficacia, che vanno in ogni caso prescritti e monitorati in ambito specialistico. Anche la ricerca è assai attiva, soprattutto nella direzione di una più accurata caratterizzazione clinica e biologica del disturbo per la migliore personalizzazione delle cure”.  

Attraverso il World Bipolar Day “vogliamo promuovere una maggiore comprensione e consapevolezza delle sfide che le persone con disturbo bipolare affrontano quotidianamente – conclude Dell’Osso – L’obiettivo è creare una società più inclusiva, in cui chi soffre di disturbo bipolare possa riconoscerlo senza percepirne uno stigma e accedere a diagnosi tempestive e trattamenti efficaci, migliorando la qualità della propria vita e riducendo il rischio di complicazioni legate alla malattia”.  


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