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Guerra dei rifiuti, dubbi su incendio a Ponte Rio

La chiamano “Guerra dei Rifiuti”, e sembra destinata a colpire anche la Gesenu di Perugia, la SpA a capitale misto pubblico-privato che gestisce la raccolta e lo smaltimento dell’immondizia del capoluogo umbro. Una guerra che sembra essere combattuta a colpi di roghi, almeno ad osservare l’anomala sequenza di incendi – come ha osservato anche il quotidiano Sole24h – che ha colpito diverse discariche di smaltimento dei rifiuti in Italia in questi ultimi giorni: prima Roma (nell’impianto Tmb di via Salaria), poi Perugia, Padova (dove le fiamme hanno colpito l’impianto di compostaggio della società estense di servizi ambientali Sesa), e Parma (in un impianto dell’Iren di via Baganzola, nella zona del Cornocchio).

Nell’occhio del ciclone finisce dunque anche la discarica di Ponte Rio, dove lo scorso 2 giugno è andato a fuoco un cumulo di legno e un macchinario nel deposito dell’azienda che gestisce lo smaltimento rifiuti alle porte del capoluogo. Cause ancora al vaglio degli inquirenti, per il rogo umbro, che sembrano tuttavia essere riconducubili ad una causa fortuita, come un surriscalamente o un corto circuito. Ma, se e quando, la causa dei roghi resta un mistero, o attribuibile a poco plausibili autocombustioni, ad addensare le nubi di una situazione affatto limpida ci sono i sospetti che dietro agli incendi ci possa essere la mano di qualcuno che voglia creare “un’emergenza rifiuti” ad hoc.

La lettera choc di Ganapini – E’ lo stesso Walter Ganapini, direttore generale dell’Arpa, a parlarne in alcuni tweet pubblicati sul suo profilo, poi ripubblicati in versione integrale anche sul sito di Legambiente Umbria (nonostante in quest’ultimo caso si parli di una lettera inviata al Ministero dell’Ambiente, fatto non confermato da fonti ufficiali interne all’Arpa): “dobbiamo attrezzarci – scrive Ganapini – per contrastare l’aggresione violenta e palese al bene comune ambiente/salute, per mantenere la via aperta allo sviluppo sostenibile, l’unico possibile, del PaeseIn pochi giorni sono stati incendiati impianti per TMB e compostaggio dei rifiuti a Roma, Perugia, Este-PD, Parma e, prima dell’apertura di EXPO’ (i cui rifiuti organici doveva ricevere) ad Albairate. E’ palesemente ridicola l’ipotesi di una ubiquitaria autocombustione”. Ganapini fornisce perciò una chiave di lettura diversa, insinuando che dietro agli episodi di cronaca “ci sia l’esigenza di ammortizzare i miliardi di Euro pubblici buttati anche da CDP in inceneritori contro la logica e la norma UE”; o di “ammortizzare investimenti delle mafie in discariche balcaniche (Macedonia, Kosovo, Romania, ecc.) alimentando anche i gestori dei relativi ‘trasporti marittimi'”.

Il direttore arriva poi a ipotizzare un legame con l’affaire Malagrotta, “del re Manlio Cerroni”Ricordiamo che GE.SE.NU. (Gestione Servizi Nettezza Urbana) S.p.A. è una società per azioni a capitale misto pubblico-privato, fondata nel 1980 tra il Comune di Perugia (45%) e il Gruppo A. Cecchini & C. S.r.l. (55%). “Tali esigenze – continua nei suoi tweet Ganapini – si soddisfano inventandosi e creando ‘emergenze’ stile-Campania, dove non si è mai permesso di far funzionare gli esistenti e più che sufficienti impianti di selezione e compostaggio (8.000 t/g di capacità contro una raccolta che, grazie all’avvio della raccolta differenziata in centinaia di Comuni, non toccava le 6.000 t/g) di ottima produzione tedesca dei primi del 2000 (solo quello localizzato a Tufino ha potuto per qualche mese dimostrare che si poteva operare come da progetto) per far profittare discariche e aree di stoccaggio di ecoballe di interesse dei casalesi, con l’aggiunta di inceneritori (Bertolaso ne voleva fare 5) dove quell’interesse potesse congiungersi con quello di certa politica”.
Ganapini ha così voluto sollecitare le forze dell’ordine a porre rimedio al problema, facendo attenzione a possibili altri simili eventi.

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