Non volendo, e dunque a loro insaputa, due consiglieri comunali su fronti opposti, nell’ultimo Consiglio comunale tenutosi lo scorso 30 ottobre in quel di Spoleto, hanno squadernato davanti a tutto il popolo degli osservatori di streaming il vero vulnus di questa città, un tempo bella, florida e oggi preda del ricordo della “grande botta” del 30 ottobre 2016. Una coincidenza di date simbolica e forse anche stregonesca.
Dal florido al terremotato il passo è cortissimo. Le macerie, intese come miserie culturali, politiche ed umane, invadono ancora le strade, ed i muri portanti della civiltà progredita, quella dell’homo faber, sono irrimediabilmente segnati dal ridicolo.
E’ per fortuna di questa classe politica discutibile, che campa solo della presunzione di legittimità per voto popolare – la cosiddetta democrazia del voto ai tempi dell’astensione imperante – che quel consiglio comunale del 30 ottobre non è finito interamente dentro i PC e la case dei cittadini di questa landa desertica, perché diversamente sarebbe forse venuta meno la legittimità del voto e si sarebbe approssimata quella del “vuoto”. A perdere ovviamente.
Rapidamente ricordiamo (anche se è tutto visibile nella registrazione integrale del consiglio comunale, facilmente rintracciabile su Youtube) che il motivo del contendere era nato sugli esiti di una Commissione Controllo e Garanzia tenutasi per discutere di un fatto finito poi come esposto- per i rilievi del caso- sul tavolo della Procura della Repubblica. Trattasi della pianta (il Querciagate) caduta per il maltempo e sulla sua dissezione in succosi pezzi da ardere che qualche persona, con palesi conflitti di interesse, aveva adocchiato e tentato di accaparrarsi.
La prima delle ridicole miserie di ritorno è proprio questa infatti, quella di chi non gli viene meglio da fare o pensare che arraffare furbescamente i preziosi arbusti aggratisse.
Seguono una serie incredibili di sovrapposizioni tra versioni di agenti e dirigenti di Polizia municipale che intervengono, politici che accorrono sul posto per sedare gli istinti querceschi di chi vuole possedere senza ritegno i nobili cippi da ardere nei caminetti delle casette con giardinetto.
Una maceria polverosa che solo a rinominarla fa strozzare il respiro agli uomini contemporanei che credevano di vivere nell’era della intelligenza artificiale e che mai pensavano di essere finiti in quella della deficienza artificiosa.
Ma quello che nessuno si aspettava è che un consigliere comunale di maggioranza noto per il suo eloquio forbito e anche tornito (da tornitore), pieno di neologismi e dialettiche (dialettali) esemplificate potesse finalmente calare l’asso per cui la forza politica di una idea e di una maggioranza sta nel non essere “damerini”.
Detta così è persino poco comprensibile, ma la spiegazione pensosa del suddetto consigliere è stata partorita in risposta proprio al lavoro rigoroso (ci mancava solo che non lo fosse visto che la pratica è in Procura) del presidente della Commissione Controllo e Garanzia che per prassi appartiene alla minoranza.
Sostiene il corposo ideologo di maggioranza: “E’ un attacco della minoranza, ma è giusto così, fate il vostro mestiere”. E fin qui si era nella sfera dei normodotati. Anche se ci piacerebbe sapere, secondo l’idea di politica e servizio ai cittadini, come dovrebbe essere il mestiere corretto di un Presidente di una Commissione Controllo e Garanzia.
E poi invece accade l’irreparabile: la sinapsi malandrina cede sotto il colpo di un embolo nevrastenico e lo stesso pensatore di noumeni kantiani, mimando con le mani la figura retorica sparacchia sbracando in direzione del relatore di minoranza: “Facete il vostro mestiere, cara minoranza. Vedo anche la precisione di alcuni consiglieri che me sembrano Damerini”.
Nessuno potrà mai capire fino in fondo la violenza politica di un simile gesto. Ci spiega infatti il consigliere di maggioranza che la politica, ma soprattutto la responsabilità della corretta applicazione del regolamento in una apposita Commissione di Garanzia (dunque il luogo della certezza dei fatti) dovrebbe essere roba da maschiacci che puzzano, con la canottiera zozza, che possibilmente sono anche molto cazzuti, dal membro sempre turgido alla Bossi, che si sporcano le mani (con il nero sotto le unghie) di quella politica che lo scomparso Rino Formica (socialista proprio come il consigliere rudissimo e dominante) definì “sangue e merda”.
E meno male che ci siamo fermati ai “damerini”, e che la rottura della sinapsi causa embolo non abbia prodotto qualche altro termine più colorito, contro una sorta di pseudo-effeminazione del lavoro di Commissione.
Il tutto ovviamente nel silenzio più totale dei colleghi di maggioranza e di una Giunta che opta per un ridacchiamento diffuso che dovrebbe stemperare la tensione.
Chi scrive invece si è sentito profondamente offeso anche per chi invece si è beccato l’improprio paragone. E per un attimo ha sperato sinceramente che qualcuno si alzasse in piedi e rivolgendosi al rude Rugantino di campagna lo potesse apostrofare almeno con un sonoro “ma che ca…volo stai dicendo”.
E invece l’uomo canottierato abarth si è rimesso seduto molto soddisfatto di averle cantate alla minoranza con quel clamoroso “Facete il vostro mestiere…” che vale più di mille Promessi Sposi in edizione rilegata. Forse avrà pensato di avere la statura politica di Mao Tze Tung che diceva che “la Rivoluzione non è un pranzo di Gala”. Salvo poi accorgersi che si trattava solo della circonferenza politica. Ma ricordiamo a tutti che il tutto nasce da una cerqua (Quercus) sulla soglia della sparizione ladronesca. Una roba alla “ce senti cerqua?”. O anche “non so come non te ne ciechi”.
Macerie su macerie, in un 30 ottobre davvero bruttino.
Parafrasando il famoso proverbio usato anche dal battagliero Sandro Pertini, “A brigante, Brigante e mezzo…”, nel Consiglio comunale luogo dello scontro sulla civiltà politica, nella replica dello stesso Presidente della Commissione Controllo e Garanzia, spunta fuori un termine che segna la definitiva resa senza condizione della minoranza: Certosino!
Cominciamo col dire che non si tratta del famoso gatto grigio con occhi azzurri, né del famoso formaggio spalmabile, ma ci si intende riferire al sacro Ordine degli operatori della Croce, la famosa ditta religiosa a tutti nota, che nacquero da una idea di San Bruno in Francia all’inizio dell’anno Mille D.c. Trattasi di cercatori dell’unità con Dio ma nella solitudine. Nella accezione dialettica più usata si usa il termine certosino per dire che si è molto scrupolosi ed attenti nel proprio lavoro. Qualcosa di simile è rintracciabile anche nel motto dell’Ordine, Stat Crux dum volvitur orbis. (La croce è salda, tutto il resto ruota intorno).
E così quando il Presidente della Commissione, colpito da quel “damerino” lanciato li come una accettata alla quercia incriminata, decide di iniziare una replica sfidando l’Ordine della Canottiera, non riesce altro a dire che questa frase, “Collega…Ritengo il nostro un metodo da Certosini e non da damerini. Persone che cercano di ottemperare con rigore, quella che è la loro funzione”. Brrr, che paura!
Damerini contro Certosini, nessuno se lo poteva immaginare. Sarà forse per la rima in “ini” che al consigliere di minoranza è venuto in mente?
Illeso il consigliere di maggioranza che preserva la sua ruvidezza e frastornato il Presidente della Commissione che tenta una finezza che fa la fine del salvataggio in corner, quando invece sarebbe stato auspicabile un attacco massiccio. Ci si aspettava il blocco dei lavori del Consiglio, la richiesta di scuse contro un prevaricatore ideologo che teorizza la politica come “fare con le mani”, ovvero avvitare lampadine e cambiare guarnizioni in cambio di voti. Un Sig. B in sedicesimo!
E mentre la disfida tra Damerini e Certosini non prende piega e si dilunga, di soppiatto vincono su tutta la linea i Filini, coloro che sono presenti, suggeriscono dietro le quinte ma non compaiono mai in prima persona e soprattutto conoscono l’arte della fuga. Ne sa qualcosa il Rag. Ugo F.
Ecco Spoleto è ormai una città terremotata da eventi tellurici e dal ridicolo, ingombra di macerie culturali, morali ed umane, in mano ad una gerontocrazia di Filini che non meritandosi nemmeno un vero scontro di civiltà politica tra Certosini e Damerini, a questo punto si meriterebbe un rogo inquisitorio come quello che in Piazza del Mercato mandò in fumo un po di eretici Patarini intorno al 1300...anche loro “ini”.
Quando si dice il destino cinico e baro.
Nella foto di TO:
immagine di un Damerino settecentesco. Sponda del letto in ferro battuto di proprietà del Damerino giornalista di campagna!