E’ una della feste folkloristiche più conosciute del pianeta e vivendola, forse, se ne capisce il perché. Il 15 maggio Gubbio si ferma e si “immerge” nella sua tradizione più profonda. Trovare parcheggio è una sfida. Se si chiede un’informazione può capitare che ti vengano rivolte le spalle, senza sapere se sia una forma di scaramanzia o solo la consuetudine. La chiesa di San Francesco sembra galleggiare in un mare di puntini colorati mentre il Palazzo dei Consoli svetta fiero sulla folla. Si respira aria di festa ma anche di tensione. Le strade sono ricolme di gente. Ecco perché viverla non è affatto la stessa cosa che vederla in tv.
La festa in onore di S.Ubaldo inizia, però, fin dalle prime ore del’alba ma uno dei momenti più suggestivi, a metà mattinata, è quello dell’ “Alzata” dei Ceri nella splendida Piazza Grande. Questi sono tre grandi strutture in legno (che pesano tra i 263 e i 287 kg) sulla cui sommità sono poste le tre piccole statue dei Santi Protettori delle Corporazioni: S. Ubaldo (patrono e protettore della città) per i muratori, S. Giorgio per i commercianti e S. Antonio per i contadini. Rispettivamente, ogni ceraiolo o eugubino che fa riferimento al proprio “santo” indossa una casacca gialla, blu o nera con i tipici dettagli rossi al collo e alla vita.
L’alzata vede i tre capodieci (in questo caso Luigi Pierucci per Sant’Ubaldo, Massimiliano Tosti per San Giorgio e Fabio Latini per Sant’Antonio, in piedi sulle rispettive barelle sopra la folla) gettarsi in avanti per consentire al cero una leva che lo alzi da terra, lanciando tra la folla in delirio una “brocca” in ceramica. I ceri iniziano poi la loro corsa compiendo tre giri completi sulla piazza per poi disperdersi lungo le vie della città, ognuno con un suo percorso. Si riprenderanno per la grande corsa del pomeriggio, un percorso massacrante lungo 4 chilometri e 300 metri, dopo un’attesa spasmodica .
La grande corsa inizia, come ogni anno, alle 18, dopo la benedizione del Vescovo Mario Ceccobelli. La folla colorata dà la sua personale consacrazione al grido corale di “Via ch’eccoli”. I Ceri, circondati da una cornice umana incredibile, passano per la Calata dei Neri, il corso, giù “i Meli”, la Calata dei Ferranti, ’l Mercato, San Martino, via dei Consoli, le “Birate” della sera, via XX Settembre e i buchetti prima dell’ascesa al monte Ingino. Quest’ultimo viene raggiunto anche dalla spropositata fiumana colorata, in una sorta di cammino purificativo. Una volta raggiunta la cima si pensa solo all’arrivo dei Ceri.
Il finale è al cardiopalma. Dopo la “disumana” salita per arrivare in cima al monte Ingino e quindi alla Basilica del patrono, percorsa con i Ceri in spalla, accade un episodio inedito. Il cero di San Giorgio, infatti, durante l’ “abbassata” di quello di Sant’Ubaldo sale proprio sopra quest’ultimo, impedendogli di percorrere gli ultimi metri lungo la scalinata. Attimi di tensione e indecisione caratterizzano i minuti finali della corsa ma l’epilogo vede i tre ceri entrare insieme nel chiostro della Basilica, senza la “tradizionale” (ma non scontata) chiusura del portone da parte di Sant’Ubaldo.
Gubbio,infine, si prepara alla grande festa della notte, la cui musica risuonerà per ore ed ore. Il 16 maggio, festa del Patrono, la città si risveglia stanca ma non vien meno alle celebrazioni religiose nella Cattedrale, in onore del Santo che ogni eugubino porta nel cuore: Ubaldo.