Economia & Lavoro

Grande richiesta di tartufo, ma in Italia se ne producono pochi: investire si può con Truffleland

L’Italia è il primo Paese al mondo ad esportare tartufi freschi e lavorati e l’Umbria è la prima regione in Italia, ma nel territorio nazionale non c’è abbastanza produzione e per questo molto prodotto viene importato dall’estero. È per chiudere la filiera, creando importanti prospettive economiche ed occupazionali, che nasce il progetto Truffeland promosso dalla Urbani tartufi. Ed ora a sostegno di chi vuole investire in un’attività sicuramente remunerativa arrivano dei finanziamenti agevolati a coprire il 100% dell’investimento. Mentre l’azienda Urbani si impegna ad acquistare tutto il tartufo prodotto dalle tartufaie in questione.

L’iniziativa è stata presentata giovedì nei locali dell’Accademia del tartufo Urbani, a Sant’Anatolia di Narco, nell’ambito del convegno “Coltiviamo il futuro. Tartuficoltura 4.0” e prevede un accordo tra Truffleland e Bcc di Spello e Bettona.

Ad aprire l’incontro, affollatissimo, con la presenza di rappresentanti di associazioni di categoria, imprenditori ma anche semplici interessati alla tartuficoltura, è stata Olga Urbani. Lo scopo di Truffleland, ha spiegato introducendo il tema, è “creare la pianta perfetta che ci permetta di dare nuova vita al tartufo italiano di grande qualità”.

È stato poi Francesco Loreti, fautore con suo fratello Luca della nascita di Truffleland, ad entrare nel dettaglio del progetto, ricordando come la passione e l’amore per questo territorio siano alla base di tutto. Accanto a ciò c’è un bisogno: “Il mercato richiede più tartufo, italiano e umbro: tutto questo è possibile e realizzabile, non in tutti i terreni, ma è possibile”.

Oltre alla passione ed al bisogno, a guidarci c’è il sentimento del dovere: solamente 20 anni fa il mercato di Norcia poteva rendere anche 4 o 5 quintali di tartufo nero invernali; oggi il giro dei tartufi è arrivato a 20 kg a settimana, 30 kg nelle stagioni migliori. Questo ci fa capire che è ora il momento di evitare la fine di questo bellissimo prodotto che viene apprezzato sempre di più. Ora sono 72 i Paesi dove esportiamo il tartufo”.

I dettagli tecnici sulla tartuficoltura, le prospettive di reddito e le tecnologie innovative sono stati invece illustrati da Riccardo Cesari e Marco Dominici. “Truffleland – ha spiegato Cesari – è un’azienda agricolo-vivaistica che abbraccia tutta la filiera del tartufo. Oggi la tartuficoltura è una pratica tangibile, certa. Non tutti i terreni sono idonei, per questo è importante effettuare degli studi preliminari“.

Lo studio ambientale prevede una valutazione pedo-climatica e ambientale del sito d’impianto, quindi le analisi chimico-fisiche del terreno. Viene poi scelta la qualità della pianta simbionte, fino ad arrivare al protocollo di coltivazione e gestione della tartufaia. “Le spese per la realizzazione di un impianto – gli ha fatto eco Dominici – vanno dai 10mila ai 20mila euro per ettaro. L’azienda dà molta importanza alla qualità della pianta, fermo restando che solo alcune specie di tartufo sono coltivabili”. L’iter prevede il decespugliamento del terreno, la rippatura, l’estirpatura pre-impianto, lo squadro ed il picchettamento, l’acquisto di piante simbionti, il trapianto, l’acquisto di pali tutori e tubi protettori, l’eventuale recinzione e l’impianto di irrigazione.

“La tartuficoltura – hanno sottolineato i due tecnici agronomi – vive un periodo di grande espansione e ogni nuova piantagione ha bisogno di alcuni anni prima di entrare in produzione dopo essere stata messa in campo: passano dai 4 ai 6 anni prima che una piantagione inizi a produrre regolarmente tartufi”.

E sulle opportunità che la tartuficoltura offre è intervenuto Ugo Giannantoni, dell’omonimo studio tecnico agronomico e partner da decenni dell’azienda Urbani tartufi, dopo aver illustrato le misure di sostegno previste dal Piano di sviluppo rurale che si sta concludendo proprio in questi giorni ma che in alcuni casi dovrebbero essere riproposte nella prossima programmazione. Giannantoni ha infatti fornito interessanti numeri sul commercio estero del tartufo in Italia: dal Belpaese si esporta tantissimo tartufo ma non se ne produce quanto ne serve. C’è infatti un gap di 51 tonnellate di tartufo fresco e di 85 di prodotti conservati e lavorati. “Abbiamo difficoltà di approvvigionamento e c’è uno spazio enorme per il settore: non perdiamo anni di tempo” ha concluso Giannantoni.

Per sviluppare la filiera scende quindi in campo la Banca di credito cooperativo di Spello e Bettona. Il direttore generale dell’istituto di credito, Maurizio Del Savio, ha illustrato quindi i finanziamenti previsti a sostegno di chi vuole investire nel settore. “E’ importante andare oltre il breve termine – ha evidenziato -, questo è un progetto a lungo termine, è una capacità di programmare ed essere attaccati al territorio. Vedendo Truffleland, abbiamo cercato di fare un qualcosa su misura, un progetto chiavi in mano, che prevede un finanziamento al 100% dopo le analisi tecniche e fatto il budget, attraverso un mutuo chirografaro e non ipotecario.

Basterà una firma, insomma, e si potranno ottenere finanziamenti dai 5mila ai 50mila euro (“ma siamo molto flessibili“), con un tasso del 3% variabile, ridotto al 2,5% per i soci Bcc. I piani di ammortamento pensati per questo tipo di investimento tengono conto della tipologia di coltivazione: i primi cinque anni, infatti, sarà istituita una fase di preammortamento nella quale la rata sarà costituita meramente dalla quota interessi. Dal sesto al decimo anno, periodo nel quale la produzione di tartufi inizierà a dare frutti regolari, l’ammortamento sarà completo di quota capitale e quota interessi. Le spese di istruttoria sono di 300 euro, l’imposta sostitutiva dello 0,25% come per legge, mentre non è prevista una penale per l’estinzione anticipata del mutuo.

Il convegno, infine, è stata l’occasione per fare il punto sulla ricerca scientifica legata al mondo del tartufo. La professoressa Alessandra Zambonelli dell’Università di Bologna e il professor Andrea Vannini dell’Università della Tuscia hanno raccontato della diffusione della tartuficoltura nel mondo e quali sono alcune tecniche utilizzate per favorire la crescita di tartufi.

La ricerca relativa alla micorizzazione delle piante è in grande evoluzione; la riuscita dell’attecchimento delle spore di tartufo all’apparato radicale delle piante coltivate nel vivaio di Truffleland si perfeziona ogni volta di più, raggiungendo standard incredibili solo qualche anno fa.

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