Cronaca

Gomorra umbra, il poliziotto corrotto “potrebbe mettersi d’accordo coi complici” e resta in carcere

L’agente della polizia stradale S.M., arrestato dalla squadra mobile di Perugia perché coinvolto in un’inchiesta per traffico di droga e furti, resta in carcere

Perchè il poliziotto, ormai sospeso dal servizio dal momento dell’arresto, potrebbe avere dei contatti con quegli agenti della vigilanza privata che ancora non sono stati identificati e che invece, è emerso, si prestavano ad aiutare l’agente della stradale e gli altri arrestati. Quando era il momento di commettere dei furti, sia ai bancomat che in alcuni supermercati, tutti i bersagli erano accomunati da un’unica cosa: essere clienti di quel servizio di sorveglianza privata.

I giudici del Tribunale del riesame che gli hanno negato gli arresti domiciliari lo spiegano nelle motivazioni depositate nelle scorse ore. L’agente di polizia, secondo i togati, potrebbe avere dei contatti “con i dipendenti infedeli della vigilanza che lo avrebbero agevolato nella commissione dei delitti e con i quali, non ancora identificati, potrebbero intervenire intese volte a fornire diverse versioni dei fatti che ridimensionino la responsabilità dell’uomo e impediscano l’identificazione”. Perché, è evidente che, dopo le confessioni di due componenti della banda, gli inquirenti stanno continuando il loro lavoro per individuare quali siano le “mele marce” che si prestavano a fare questi affari illeciti


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Nell’inchiesta che in un primo momento ha portato cinque persone in carcere e tre ai domiciliari, è emerso che a dare le disposizioni per rubare ingenti somme di denaro, erano sia alcuni uomini della vigilanza privata che il poliziotto stesso. La vicenda prese il via quando un giovane si è presentato in questura con due panetti di hashish chiedendo di essere arrestato. Un caso talmente “strano” da spalancare in seguito lo scenario che è poi balzato alle cronache.

Come lo era la storia che ha raccontato agli agenti e ai cronisti una sua amica nel mese di gennaio quando parlò a TO della sparizione di un suo amico che “aveva scelto di collaborare con la magistratura perché faceva il narcotrafficante e quindi aveva rapporti con la criminalità organizzata”, e “aveva collaborazioni con poliziotti corrotti ed era in possesso di informazioni e foto molto compromettenti”.


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Secondo quanto ricostruito il ragazzo (un 26enne di origini brasiliane) aveva simulato la sua sparizione per non cadere in mano agli ex complici che lui aveva “truffato” con un un raggiro di investimenti in affari illeciti e soldi falsi. Mettendosi contro proprio il poliziotto che stando alle accuse abusava del proprio ruolo per indagare non sul criminale per arrestarlo, ma sugli ex complici per vendicarsi e riavere i soldi. E proprio la “gola profonda” dell’organizzazione è finito in carcere recentemente per aver violato, secondo gli inquirenti, le prescrizioni degli arresti domiciliari.