E' stata inaugurata ieri pomeriggio la mostra “Gli scudi di Giasone” di Fabrizio Farroni al Cassero di Porta Sant’Angelo, in Corso Garibaldi, dall’assessore alle Politiche Culturali Andrea Cernicchi.
La mostra dell'artista perugino, docente dell'Accademia di Belle Arti, curata da Marina Bon Valsassina, è organizzata da Thot e sarà aperta al pubblico da oggi fino all’8 gennaio prossimo.
“Il mito coincide con il tentativo umano di superare la realtà e sé stessi in maniera verticale, ha spiegato l’assessore – è il tentativo di giustificare ciò che circonda l’uomo innalzando gli occhi verso le stelle. E’ per questo che a me è piaciuta moltissimo l’idea di collocare questa mostra al Museo del Cassero, una struttura difensiva che però tratteggia anche il tentativo dell’uomo di elevarsi. guardando le stelle”. Il Cassero è la torre della città, anche se poco conosciuta, forse di più ora grazie al Museo, ha detto ancora l’assessore. “Ottimo dentro il Cassero, dunque, ottimo far conoscere il Museo grazie attività legate all’arte contemporanea. Abbiamo ritenuto opportuno recepire la proposta dell’architetto Fabbroni anche perché anima quel progetto di valorizzazione museale della città di Perugia attraverso la messa in evidenza di quelle che sono le migliori risorse intellettuali, creative e produttive della città. Riteniamo che Fabbroni possa essere assunto come un esempio di rinnovamento continuo: dalle terrecotte dell’anno scorso al materiale friabile di oggi, che tra l’altro rappresenta il paradosso nella sua presentazione perché lo scudo è lo strumento difensivo per antonomasia, farlo in cartapesta significa sinteticamente rappresentare l’inutilità della guerra”. Giasone e Medea allegoria dell’uomo e della donna moderna, ha detto Marina Bon Valsassina, nella presentazione dell’opera disposta su due piani: al primo gli Scudi di Giasone in cartapesta che, per un tocco sapiente e scenografico dell’artista, ricordano reperti archeologici, somigliando a lamine di rame consunte dal tempo. A integrare la mostra, sculture mitologiche provenienti da un’altra mostra di Fabbroni (Allegorie d’amore) del 1984, questa volta in gesso e legno: il Minotauro, la Magna Mater, Dioniso appena nato. Al piano superiore la storia di Medea e di Giasone, con un’installazione che rappresenta in cinque lastre la storia di Medea, con al centro il vello d’oro, sempre in cartapesta, a dimostrare che il potere magico che gli era attribuito, la garanzia che chi lo avesse posseduto avrebbe ottenuto la sicurezza del potere, è terribilmente aleatorio. “Mi piace confondermi con spazi definiti come quelli di questo Museo”, ha sostenuto Fabbroni, perché “l’opera non viene definita da sé stessa ma dall’ambiente in cui viene posizionata”. Parlando della sua passione di sempre per il mito, Fabbroni ne ha sostenuto la modernità, definendole vere e proprie “prime fiction”.
Foto: Stefano Dottori