Non sono stati semplici pellegrini ma testimoni di una storia che parla di fragilità e dignità: con occhi curiosi, sorrisi e mani intrecciate a quelle degli operatori, i ragazzi del Serafico di Assisi martedì mattina hanno aperto il loro pellegrinaggio nell’ambito del Giubileo della Disabilità attraversando la Porta Santa della Basilica di Santa Maria Maggiore, dopo essersi raccolti davanti alla tomba di Papa Francesco.
E mentre il mondo guarda ai pellegrini come a viandanti in cerca di fede, i ragazzi ‘serafici’ – con corpi fragili, con storie segnate dalla disabilità ma aperte alla vita – hanno mostrato che il pellegrinaggio non si misura in passi o in distanze, ma nella capacità di essere presenza, di costruire legami, di dare e ricevere amore. Dopo il passaggio a Santa Maria Maggiore, il cammino è proseguito fino alla Basilica di San Pietro dove si sono fermati per un momento di raccoglimento, portando con sé la forza silenziosa della loro presenza.
Fu proprio Papa Francesco, fin dai primi mesi del suo pontificato, a indicare la via della cura e dell’ascolto della vita più vulnerabile: storica la visita del 2013, quando accarezzò ognuno dei ragazzi e si lasciò accarezzare da ognuno di loro. Un legame che si è mantenuto vivo nel tempo e ora ragazzi del Serafico hanno testimoniato – con la semplicità dei gesti e la forza della loro presenza – che la fragilità non spegne la vita, ma la rivela nella sua verità più profonda. E hanno ricordato che la disabilità non annulla i sogni: li trasforma e li orienta verso percorsi condivisi.