In questi ultimi mesi l’intera città di Spoleto è rimasta a guardare, chi con stupore, chi con compiacimento e chi anche con evidente disagio, le convulsioni semantiche e strutturali di una classe politica locale, che in nome della “gente” si è fatta demiurgo, per un verso o per un’altro, di un disegno di sviluppo locale e di difesa del territorio su cui sarebbe molto più utile sentire il parere di un cerusico medievale, quelli che curavano con i coltellacci da cucina e iniziando dal salasso.
Tutti a dimenarsi come ossessi a destra e a sinistra ed anche al centro, ma mai in alto per carità, sulle analisi tranchant e i fatti a nostro danno, salvo poi perpetuare il vizio di fare gli splendidi con i successi degli altri (poveri avi nostri).
Chi scrive ne ha avuto uno, di avo, che si è preso anche una baionettata nella famosa battaglia di Mentana, nel novembre del 1867, oltre ad aver contribuito con ben due spedizioni di Garibaldini umbri alla presa di Porta Pia. Lui, e tanti altri umbri come lui, la Repubblica e l’indipendenza la volevano ad ogni costo.
C’è una certa differenza tra chi si dimena in consiglio comunale (grazie per sempre streaming…) alzando il tono della voce e usando le ottave baritonali, pur essendo ancora in età da allattamento, pensando per questo di essere più convincente nell’esporre le proprie supercazzole.
O chi, con indulgenza alla propria cadenza dialettale, tenterebbe di coinvolgere il massimo consesso politico cittadino in una discussione a base di esempi di vita quotidiana locale. Come se il buon senso dell’amministrare, dovesse passare per forza dalla vulgata di stampo popolare, dal cucinone con camino o dall’invocazione salvifica stile “mannaggia li pescetti (molto citati)”, quando invece si vorrebbe scaricare un bestemmione serio.
Poi ci sono gli intellettuali figli delle loro professioni, sorta di politici da diporto, ai quali il mondo non riserva nessuna incognita perchè tutto comunque passa dalle loro sapienze. Lo nacquero insomma.
Dunque se sei medico tutto è ospedalizzabile o di natura scientifica, se sei ingegnere tutto è calcolabile strutturalmente, se sei professore tutto è discettabile o se sei magistrato tutto può finire davanti ad un giudice di Berlino.
Insomma “Io so io e voi nun siete un ca…”. Che poi questo diavolo di giudice avrà più fascicoli lui, che nemmanco Dio può saperlo, per tutte le volte che lo chiamano in causa. Poi dicono che la Giustizia va lenta…
Non ci siamo tirati indietro nel dire che chi ci ha accusato, come città facendo di tutta l’erba un fascio, è stato ingiusto. Anche se con una buona dose di ragione di fondo però (Maccarone m’hai provocato…e io te distruggo), quando ci hanno smascherati, noi spoletini, come quelli che non sanno mai cosa vogliono per il loro futuro.
Toccati nel vivo, invece di berciare sui social o partorire comunicati stampa farlocchi, rispondemmo umilmente (nel caso specifico) che occorreva distinguere la nobiltà terziaria amministrativa da quella fondatrice di un territorio.
Ma oggi ribadiamo con convinzione immutata che lo spettacolo di una politica proteiforme, tendente all’ectoplasma, sta diventando un problema enorme.
Un fardello gravato ulteriormente da una della caratteristiche più brutte e indecenti degli ultimi 60 anni di vita pseudo-democratica di questo paese: la gerontocrazia.
E laddove in politica si dimenano degli imberbi anagrafici, la cosa diventa sempre più un rebus di stampo sociologico e persino psichiatrico.
Un po’ come la Sindrome di Stoccolma, per cui le vittime (una classe di giovani pseudo-volenterosi della politica) finiscono invece con l’ idolatrare i loro aguzzini ideologici, perpetrando essi stessi la perniciosa abitudine del conformismo politico, senza nessuna carica rivoluzionaria, senza energia, senza un minimo di entusiasmo, senza originalità, arrivando persino ad imitare nella voce e nei gesti, oltre che nel linguaggio, i loro carcerieri cerebrali.
Tutto per arrivare al vertice di una piramide dove il Faraone e la sua corte non consentono sostituzioni.
Lo abbiamo scritto e lo ribadiamo, chi si dimenava pensosamente nella questione Ospedale (ad esempio) erano i protagonisti, anagraficamente tutti al limite o al di sopra dell’età pensionabile, di stagioni amministrative in cui non una sola base è stata gettata per costruire un futuro su cui almeno ragionare.
Vertici politici, finanziari, delle professioni, tutti abbracciati appassionatamente verso il sol dell’avvenire. Il loro avvenire (tengo famiglia…).
Ce ne fosse uno che si è presa la briga di dire chiaramente che l’Ospedale così com’è, o come era poco prima della trasformazione in covid-hospital, andava chiuso e rifondato.
Tutti orfani di tonsille e gonadi per affrontare il problema fino in fondo. Aggrapandosi al mitologico robot della chirurgia mininvasiva come se fosse un Gundam, un Jeeg Robot d’acciaio da cui non si prescinde. Il mondo finisce in una lotta tra chi c’ha il robot e chi il bisturi, vecchia maniera. “Hasta la vista baby…” direbbe Terminator.
C’è stato un tempo a Spoleto in cui addirittura si vagheggiava della presenza di una neo-borghesia illuminata composta da capitani d’azienda che si mescolavano allegramente alla nascente finanza (meglio se bancaria) poco creativa, all’italiana insomma. E’ l’ambiente che meglio conosciamo e su cui non temiamo confronti, nel senso proprio di confutazioni. Ignoranti quanto basta (sopratutto culturalmente parlando), ma scaltrissimi nei barbatrucchi.
In quel tempo la politica (quella ignorante…) aveva un solo scopo , farsi gli affari suoi, mentre la neo borghesia illuminata, o meglio fulminata da corrente elettrica, si faceva beatamente i suoi di affari. E che affari.
Di solito la moneta di scambio, per il politico–cacicco, erano le assunzioni o qualche appaltino di basso livello, fino ad arrivare al famoso “taglio del ramo che ti da fastidio”, giusto per poi dire “ho dato, ho mantenuto la promessa e ora votatemi perchè sennò il ramo chi te lo taglia la prossima volta?”.
Ci capitò anche di sentire con le nostre povere orecchie, nel corso di una campagna elettorale di altri tempi, la richiesta specifica di avere un lampione davanti casa, per motivi di sicurezza. In cambio si sarebbero avuti i voti di almeno 5 famiglie. Sic!!
Ecco, nemmeno in quei casi la politica riuscì a rendersi protagonista. Mai uno scandalone di quelli in cui tutti mangiano e manco si pentono. O una risposta bella secca del tipo, “io non ti metterò nulla davanti a casa.”
Spoleto spiluccava, e con il ditino mignolo alzato, nobiltà da tè Lipton con una spruzzata di limone, che sgrassa. Una variante al Prg, qualche terreno che diventava edificabile, e qualche nuovo piccolo imprenditore del mattone che si arricchiva. Ma mai abbastanza da produrre ricadute sul territorio.
Solo nello sport abbiamo avuto più fortuna, ma li la storia è nota e non c’è nulla da aggiungere, perchè fortunatamente lo spoletino in campo sportivo “ci tiene” e si mobilita anche senza divisioni. Che sia un segnale?
Ecco perchè fanno ridere le ipotesi odierne di capitali olezzanti provenienti dal sud in direzione Spoleto, per essere lavati con Perlana.
Se dovessero per caso arrivare sul serio questi soldi sporchi, qui non funzionerebbero nemmeno le lavatrici, statene certi. E si sa, lavarli a mano è una gran faticaccia.
Tornando all’Ospedale, vera cartina di tornasole dell’intera analisi che ci siamo messi in testa di scrivere (a nostro rischio e pericolo) il vero colpo da mestro, l’osceno ( Os-skenè, il fuori scena, come una volta spiegò l’amato Carmelo Bene), è stato messo in atto con la creazione della Commissione di vigilanza sulla Sanità locale, tutta fuori dal percorso istituzionale e con al proprio interno dei formidabili esemplari di faraonismo spinto che sono sicuramente preoccupati di come poter dare luogo ad una imbalsamazione a regola d’arte, senza interessarsi però di come si costruisce la sapienza del culto dei morti.
Ecco il difetto di prospettiva, sta tutto qui. Ci si preoccupa di far tornare l’Ospedale alle condizioni precedenti alla sua trasformazione in Covid-Hospital senza però avere chiaro quale prospettiva di crescita si desidera. Dubitiamo che ve ne sia una in effetti, causa imbalsamazione incipiente.
Si potrà obiettare che quanto raccontato accade tutti i giorni e in tutti luoghi di questo maledetto ed amato paese.
Non essendo noi malati di “benaltrismo” per cui c’è sempre qualcosa di più brutto da altri parti che non a casa nostra, ameremmo pulire il nostro giardino stavolta invece. E una volta per tutte.
La triste verità è che alla fine quasi 3 generazioni di potenziale classe dirigente di questo paese (dagli anni ’80 ai giorni nostri), pescata tra i 20/30enni neo laureati, i 40enni delle professioni, oramai mortificati e mentalmente devastati da un 20ennio di frescacce sul potere della finanza, e i 50/60enni con solide basi storiche e intellettuali e che conoscono alla perfezione gli errori della prima e della seconda repubblica, è stata letteralmente falciata via da una gerontocrazia finanziaria e politica che vive di rendita e non molla la piramide.
Nemmeno si trattasse di quella di Micerino per intenderci che è piccolina e magari potrebbe essere un inizio. E invece rien, nada, nothing, nicht…gnente!
“La rivoluzione non è un pranzo di gala…”, diceva un timoniere a noi caro. E Rino Formica, noto socialista, nemmeno dei peggio aggiunse molti anni dopo “La politica è sangue e merda…”.
Gli amanti dell’uncinetto, che non vogliono prendersi le baionettate, come a Mentana, perchè fuori è freddo e la pensione o lo stipendio arriva lo stesso una volta al mese, dovrebbero tenere a mente il famoso discorso ad Agrigento di Papa Wojtyla, “Covertitevi, una volta verrà il giudizio di Dio”. Così sia.
Col potere delle cose posso avere la tua vita controllata e si chiama libertà.
L’esperienza quotidiana del terrore ti lascia soltanto me.
La violenza consumata nell’amore ti spinge incontro a me.
Se tu guardi nel passato troverai tutto quanto stabilito e si chiama verità.
Senza storia né memoria lascia che io scriva i passi tuoi.
Vivi in pace la tua vita, non pensare, e sogna felicità.
Guarda nel passato, troverai tutto quanto stabilito e si chiama libertà.
Senza storia né memoria lascia che io scriva i passi tuoi.
Vivi in pace la tua vita, non pensare, e sogna felicità.
Immagine: Franz Borghese-Il teatro della vita