Quasi 5.500 visualizzazioni su YouTube in poco più di un mese sono bastate per fare in modo che si iniziasse, specie attraverso i social network, a parlare di Gabriele Nardi, in arte Gabriel Broker, e del suo brano “La mia città”, uscito a metà dicembre 2016 dopo un ampio periodo di lavorazione. Un singolo che ha messo in luce le qualità del giovane rapper tifernate e, allo stesso tempo, ha messo in campo una voce polemica nei confronti del capoluogo altotiberino reo, secondo il testo della canzone, di essere “una realtà con una mentalità stretta tra la propria malizia e tra i propri pregiudizi”.
La genesi del brano “La mia città” risale a fine 2015 ed è il frutto di un’intensa collaborazione: “Il brano ha una storia bellissima – afferma il rapper – dopo aver ascoltato uno dei tanti Beat creati da Francesco (Frenk) Lepri, produttore tifernate, decido di contattarlo per capire se uno dei Beat in particolare fosse libero e se avessi potuto scriverci un testo. Dopo aver ricevuto il suo permesso tempo un’ora il testo era pronto. Era come se tutto fosse già nella mia testa”.
Il video, le cui riprese hanno avuto come location Città di Castello e Perugia (nel periodo in cui erano presenti le giostre dei “Baracconi”), ha visto l’impegno e la partecipazione di uno staff più che completo: Alessandro Cecconi (in veste di produttore), Guglielmo Sergio (regista e videomaker), Michele Pagana (addetto alle riprese mediante drone) e Pasquale Miele (truccatore). Oltre alla già citata collaborazione di Francesco (Frenk) Lepri, merita menzione il ruolo di Lorenzo Zangarelli, in arte Helle Michael Jolla, che si è reso protagonista dell’intro decisamente impattante del video, portato avanti in freestyle, ossia ideato e cantato allo stesso momento di registrazione in sala, con la vena polemica che caratterizza l’intero brano.
“Io definisco “La mia città” come il sequel di “Quelli che ben pensano” di Frankie Hi-NRG – sostiene Gabriel Broker – Perché? Perché parlo della mia città, di Città di Castello, utilizzando anche frasi del nostro dialetto tifernate per poi finire con l’analizzare la mentalità del posto che molte volte è chiusa: spesso abbiamo bisogno del consenso degli altri per sentirci parte di questo luogo. Credo che nella mia città ci siano troppe maschere e troppa diffidenza e il brano mette in luce proprio questi aspetti”.
Di certo il successo del brano può essere riconducibile ad un sentimento di malessere diffuso, nel quale sembra trionfare una certa passività; un’accettazione passiva di tutto ciò che avviene, anche se proprio nei fatti che ci circondano si riscontra tutto tranne che una percezione di gradimento
Questo ciò che traspare, soprattutto dalle scene più suggestive e affascinanti del video; mentre per quanto riguarda i progetti futuri, le idee del rapper sembrano essere chiare: “Sicuramente vorrei percorrere la stessa strada dei rapper emergenti attuali: niente più dischi, ma solo singoli abbinati a video. Perciò a primavera uscirà un altro mixtape con 5/6 tracce dalle quali verranno selezionate le più adatte ad un videoclip, sperando che tutto proceda nel migliore dei modi e che la mia e la nostra voce possa espandersi il più possibile”.