Chiuse altre filiali di banche in Umbria a seguito della fusione tra Intesa Sanpaolo e UBI. Il 24 giugno sono state notificate ai sindacati di categoria le decisioni unilaterali della banca, in merito ad una ulteriore tornata di chiusure di filiali che colpisce di nuovo, in modo pesantissimo, l’Umbria.
Alle 6 filiali chiuse nel primo semestre 2021, se ne aggiungeranno infatti altre 15. Per un totale di ben 21 filiali scomparse nella regione in appena 12 mesi.
Alcuni centri come Foligno, Perugia, Terni, Città di Castello, sono colpiti in modo durissimo. Per fare solo degli esempi, a Foligno in un colpo solo, si chiude il 50 % delle filiali della città, a Città di Castello e comuni limitrofi addirittura 5 filiali su 9.
“Quello che sconcerta – scrivono in una nota congiunta i coordinamenti territoriali Rsa Umbria Intesa Sanpaolo e le segreterie FABI – FIRST/CISL – FISAC/CGIL – UIL.CA/UIL – UNISIN – sono poi le presunte logiche, sottostanti tali scelte, che non tengono in alcun conto le distanze intercorrenti tra sportelli, né le difficolta logistiche e di viabilità che la morfologia regionale comporta a clienti e dipendenti, che dovranno a raggiungere le filiali ancora aperte”.
“Alle gravissime difficolta dei clienti – evidenziano ancora i sindacati – si aggiungono le inevitabili ripercussioni sui dipendenti, che vedono stravolti percorsi professionali e opportunità lavorative”.
Da qui l’appello alle istituzioni regionali, alle associazioni dei consumatori e di categoria, alle forze politiche e ai sindaci, non solo dei comuni coinvolti, a esprimere dissenso e forte opposizione verso scelte “decise in sedi molto lontane rispetto al nostro territorio e che spregiano le sue esigenze e le sue peculiarità”.
“Crediamo che la politica – proseguono i sindacati – debba far sentire forte la sua voce a tutela della cittadinanza e del territorio umbro, spesso emarginato da scelte che nulla hanno a che vedere, con la tanto sbandierata responsabilità sociale, di cui si riempie la bocca, la banca che si definisce Banca del Paese”.
Le chiusure – evidenziano ancora i sindacati – stanno penalizzando non solo la clientela, costretta nella maggior parte dei casi verso sedi più distanti e con inevitabili problematiche di carattere logistico e operativo, ma peggiorano lo stesso tessuto sociale e di relazione dei territori colpiti da questa “manovra di desertificazione”. Con le categorie più deboli e le persone più anziane che dovranno scontare maggiormente il peso di tali scelte. Oltretutto in periodo pandemico.
L’ultimo report della Banca d’Italia certifica che dal 2010 al 2020 le banche presenti con propri sportelli in Umbria sono passate da 48 a 31 e gli sportelli da 581 a 392. Dieci anni fa, nel 2011, operavano in Umbria 39 banche, con 493 sportelli. I comuni umbri con almeno uno sportello bancario sono scesi a 75, nove in meno di due anni fa.