Dopo la presentazione ufficiale, nelle scorse settimane, dello studio sulle ipotesi di fusioni dei comuni in Umbria, Cna torna sull’argomento alla luce delle reazioni suscitate dalla proposta di riduzione degli attuali 92 municipi della regione, beneficiando degli incentivi previsti dallo Stato per chi avvierà l’iter entro l’anno corrente. Un’ipotesi che porterebbe ingenti risorse nelle casse dei municipi accorpati e, indirettamente, in quelle di cittadini e imprese. E la Regione Umbria risponde presente, tanto che per fine mese ha convocato un tavolo di confronto alla presenza di amministrazioni comunali e associazioni di categoria.
“A giudicare dalle reazioni direi che la nostra proposta ha colto nel segno – esordisce Roberto Giannangeli, direttore di Cna Umbria –. Non solo, direi che confermano in pieno quelli che nel nostro studio avevamo indicato come i maggiori ostacoli alla realizzazione delle fusioni stesse, a cominciare dal principale: la divisione tra le forze politiche e al loro interno fra i rappresentanti di Comuni diversi. Fintanto che le riforme verranno valutate solo sulla base delle forze politiche che se le intestano, non si farà mai niente e a rimetterci saranno i cittadini e le imprese. Del resto, quello della fusione dei Comuni è un tema che si presta ad essere strumentalizzato, laddove le argomentazioni di tipo campanilistico possono essere facilmente presentate come attenzione verso l’identità specifica di un territorio, ma si tratta di un falso problema. L’identità è qualcosa di molto profondo – va avanti Giannangeli – e non vediamo come possa essere messa in discussione dal nome che assumerà l’eventuale unione dei Comuni. Siamo in ogni caso umbri e cittadini italiani ed europei, sia che viviamo in comuni piccolissimi che in una grande città. Quello che dobbiamo valutare è cosa può portare di buono e di conveniente fare parte di un’entità territoriale aggregata in termini di miglioramento e ampliamento dei servizi, di riduzione delle tasse, di investimenti sul territorio. I dati sono incontrovertibili: i Comuni più piccoli spendono di più per garantire i servizi. E spendendo di più devono tassare più pesantemente cittadini e imprese. Dunque, a chi conviene? Sicuramente un altro importante ostacolo alle fusioni può arrivare da parte del personale alle dipendenze dei vari Comuni, soprattutto da chi ricopre posizioni organizzative”.
“Ma la riorganizzazione della pubblica amministrazione e l’introduzione della meritocrazia sono tappe ineludibili: meglio gestirle che farsene travolgere. Si parla tanto di riforme fatte calare dall’alto. E allora facciamole partire dal basso, aprendo una discussione che coinvolga tutti, mettendo a disposizione i dati e le cifre reali della posta in gioco e scansando i falsi problemi. Da parte nostra proporremo un confronto con i Comuni, ma anche con le associazioni di categoria, come suggerito pure dall’assessore regionale Antonio Bartolini. Non siamo i padroni della verità, né abbiamo il potere per decidere se le unioni si faranno o meno. Però crediamo che sia nostro diritto avanzare proposte, perché questo tema è strettamente legato alla tassazione sulle imprese e alla carenza di investimenti nei territori. Occuparci delle fusioni, quindi, significa fare gli interessi dei nostri associati e delle loro famiglie, ma noi crediamo che corrisponda anche agli interessi generali. La cultura del «benaltrismo», per cui bisognerebbe cominciare sempre da qualcos’altro, è responsabile dell’inerzia che da vent’anni blocca qualsiasi tentativo di riforma in Italia. Si potrebbe cominciare da altro, non lo escludo, ma intanto non sarebbe male approfittare degli incentivi previsti dallo Stato per i Comuni che si uniscono. Qualora il dato fosse sfuggito ricordiamo che nei prossimi dieci potrebbero arrivare risorse ingenti. L’occasione non andrebbe sprecata – conclude Giannangeli – soprattutto se pensiamo che, come per le Province o per le CCIAA, alla fine lo Stato le fusioni le renderà obbligatorie e, soprattutto, gratis”.
E l’assessore regionale Bartolini risponde subito ‘presente’ al nuovo appello della Cna. “La Regione Umbria, per mia iniziativa, ha inteso dedicare la più viva attenzione alla condivisione del percorso di riordino territoriale già avviato, nella convinzione che essa debba partire ‘dal basso’. Visto l’interesse che il tema suscita, colgo l’occasione per comunicare che al confronto con tutti gli amministratori locali, tenutosi in questi mesi, seguirà ora il coinvolgimento delle organizzazioni economiche e sociali dell’Umbria, il cui apporto e le cui valutazioni possono fornire ulteriori, significativi elementi”. È quanto sottolinea l’assessore regionale alle Riforme, Antonio Bartolini, rendendo noto che i rappresentanti delle associazioni di categoria, insieme a sindaci e amministratori delle Province, saranno chiamati a un nuovo momento di confronto il 29 marzo, a Villa Umbra.
“Le riforme approvate in questi anni – ricorda – hanno mutato il ruolo e l’organizzazione delle Province, hanno redistribuito le funzioni tra i vari livelli, che hanno stabilito obblighi di esercizio obbligatoriamente associato tra i Comuni minori. Su questo processo abbiamo avviato una riflessione con il sostanziale e approfondito coinvolgimento degli stessi protagonisti dei governi locali, in primo luogo dai sindaci e dagli amministratori. Da vari mesi si è sviluppato un processo di ascolto, confronto, dialogo, condotto in tutte le 12 zone della regione. Sono state registrate, in ciascuna realtà territoriale, le esigenze e le criticità, le esperienze compiute, le tendenze in atto, cercando di condividere il metodo per impostare ipotesi e prospettive, con particolare riferimento a convenzioni, unioni, eventuali ipotesi di fusione”.
In merito allo studio realizzato dalla Cna Umbria, in collaborazione con il Centro studi Sintesi, sulle ricadute di ipotesi di fusione dei Comuni (Da 92 a 30, ndr) sull’economia regionale “manifesta un interesse per le tematiche del riordino territoriale che merita attenzione – afferma l’assessore – Ma i criteri squisitamente quantitativi, che possono risultare utili nel contesto della pluralità di elementi da considerare, non vanno disgiunti dalle considerazioni di identità e di autonomia dei territori. In questo senso, certamente non può essere trascurato il richiamo dell’Anci Umbria ad evitare fusioni ‘a freddo’, ma cogliendo e sostenendo quei casi in cui vanno emergendo ipotesi in questa direzione, come ad esempio nei Comuni di Giano dell’Umbria e Gualdo Cattaneo”.