Il progetto non convince i tecnici, sotto l'aspetto finanziario e gestionale | E, a questo punto, neanche i politici
La nuova frenata sul progetto per il nuovo stadio presentato dalla Arena Curi srl non ha sorpreso nessuno. Ufficialmente è arrivato dai tecnici comunali, che hanno sollevato criticità dal punto di vista dell’impegno economico a carico dell’ente, della sostenibilità economico-finanziaria del progetto e sulla gestione di un impianto che appare più pensato per gli spettacoli che per il calcio. Con tante, troppe incognite per decretarne la pubblica utilità.
Il contributo pubblico
Anche perché, rispetto alla scorsa primavera, di passi concreti nella direzione auspicata dal Comune non ne sono statati fatti. Se non con una riduzione della compartecipazione finanziaria del pubblico, che resta comunque elevata. Undici milioni di euro in tre anni (cifra a cui si deve aggiungere il canone di 250mila euro annui per la caserma della polizia locale), conti alla mano, possono bastare per una profonda ristrutturazione dell’attuale stadio Curi. Sul quale il Comune ha iniziato a mettere le mani nella tribolata stagione iniziata male e finita peggio.
Costi e ricavi
E poi, la compartecipazione chiesta al Comune potrebbe non limitarsi a queste cifre qualora a fine anno i bilanci non siano in pareggio e ci sia da ripianare.
Il Pef (Piano economico e finanziario) prevede un bilancio di 11 milioni di euro l’anno, con gli introiti che per 10 undicesimi deriverebbero dagli eventi gestiti da Asm Global. E gli incassi, in questo caso, sono aleatori, perché si basano su stime.
Non sono certi neanche i costi di realizzazione e di gestione. Ma in questo caso, il tiro rischia di essere aggiustato al rialzo. Soprattutto vista l’inflazione galoppante e le fluttuazioni dei materiali sull’attuale mercato nazionale e internazionale.
A quel punto, qualora salti il banco, il Comune potrebbe ritrovarsi a gestire un impianto troppo costoso o addirittura un’incompiuta.
Il flop sportivo
Ma chiaro che sul giudizio pesa, e non poco, l’andamento sportivo. Non soltanto perché il Perugia è retrocesso in C. Ma perché il progetto sembra molto slegato, formalmente e concretamente, dall’attività del club biancorosso. Un’anomalia rispetto agli stadi di proprietà di cui molte società calcistiche italiane si sono dotate in questi anni.
Il duro comunicato dell’amministrazione comunale, che chiama in causa il presidente Santopadre all’indomani della retrocessione, è il segnale che la fiducia, a Palazzo dei Priori, sia venuta meno. Tanto più che anche in tempi migliori non è che fosse così tanta.
Gli aspetti politici
La mossa del segretario del comunale Pd Sauro Cristofani, che su questo tema così sentito dai perugini ha creato una commissione nel suo partito, ha spiazzato la maggioranza. Che di fronte ad un’opposizione che non dice di “n”o in modo pregiudizievole, ma pone comunque quesiti e criticità, si è ritrovata con il tavolo cambiato rispetto a quello del tradizionale gioco delle parti, tanto caro (e comodo) in politica.
Il Gruppo Progetto Perugia è stato il primo a sfilarsi rispetto a un progetto che non convince. Ma anche da parte degli altri consiglieri, nell’ultimo vertice di maggioranza, i toni sono stati tutt’altro che entusiastici.
Romizi col cerino in mano
Il cerino è rimasto in mano al sindaco Romizi e alla sua Giunta. Che nella riunione di mercoledì assumerà formalmente la sua posizione, dopo il parere dei tecnici. Tecnici – il segretario e direttore generale Francesca Vichi, il dirigente impianti sportivi Paolo Felici e il vice segretario Laura Cesarini e Stefano Baldoni (bilancio) – che siederanno accanto al sindaco Romizi e all’assessore Pastorelli nella conferenza stampa convocata per le 16.30 “per fare il punto sul progetto relativo all’Arena Curi”. Presenza che già annunciano quale sarà la comunicazione del sindaco.