(Adnkronos) - Contro 'il colpo di mano' di Emmanuel Macron, che ha nominato premier Michel Barnier, 'tradendo' il messaggio del voto, oggi la Francia scende in piazza con 150 manifestazioni in tutto il paese. Le mobilitazioni sono in programma i diverse città a Marsiglia, Lilla, Nizza, Lione, Bordeaux e Strasburgo. A Parigi l'appuntamento è per domani alle 14 in piazza della Bastiglia.
Intanto, prime consultazioni "piene di energia" per Michel Barnier, al lavoro per formare il nuovo governo francese a due mesi dalle elezioni. Il premier incaricato ha incontrato Macron e i leader di Ensemble e della Destra repubblicana, che hanno aperto a una loro partecipazione al governo, mentre la sinistra l'ha esclusa con forza e ha chiamato alla mobilitazione per oggi contro "il colpo di mano" del Presidente.
I macronisti di Ensemble, come detto dal presidente del gruppo parlamentare ed ex premier Gabriel Attal, "non hanno la volontà né di bloccare né di dare un appoggio incondizionato" a Barnier. Ma cercheranno di essere "utili" al Paese, con una loro "possibile partecipazione" al governo.
Apertura anche dalla Destra repubblicana di Laurent Wauquiez, secondo cui "quello che conta è il programma" che presenterà il premier, ma comunque "nulla è deciso". E anche 'A Droite', il partito di Eric Ciotti nato dalla scissione dei Repubblicani dopo la sua decisione di allearsi con l'estrema destra del Rassemblement national. "Decideremo in funzione del programma", ha detto Ciotti, mentre l'Rn, da cui in effetti dipende la nascita del governo, nel quale non entrerebbe ma a cui darebbe appoggio esterno.
Di tutt'altro tenore le dichiarazioni che arrivano dalla sinistra, con il segretario del Partito socialista, Olivier Faure, che ha denunciato "il tradimento democratico", assicurando che "nessuno" entrerà al governo.
Barnier è a capo di un governo a rischio censura. Tanto da poter battere il record del premier con il mandato più breve della Quinta Repubblica. La minaccia non diventerà però reale se non ci sarà accordo su una bocciatura tra almeno 289 deputati dell'Assemblée Nationale sui complessivi 577. E nessuno dei tre blocchi può - da solo - riunire tutti i voti necessari ad affossare il nuovo esecutivo.
Come previsto, i diversi partiti che compongono il Nuovo Fronte Popolare hanno immediatamente fatto sapere di voler censurare il governo Barnier. Lo ha fatto La France Insoumise, annunciando anche di voler destituire il presidente Macron, lo hanno fatto i Socialisti di Faure, seguiti dagli Ecologisti e dal Partito comunista francese, deciso quest'ultimo a ricorrere "a tutti i mezzi" a disposizione, "a partire dalla censura del governo". Sulla carta dunque a pronunciarsi per la sfiducia dovrebbero essere i 193 deputati del Nfp, troppo pochi per far passare la mozione.
Sull'altro versante, non dovrebbero pronunciarsi a favore di una censura i deputati di Ensemble pour la République (ex-Renaissance), del Modem e di Horizons, che dovrebbero schierarsi con Macron e avallare la sua scelta. Renaissance ha annunciato di voler illustrare "nelle prossime ore" al premier le sue "priorità programmatiche". "Nessuna censura automatica ma esigenze di fondo senza assegni in bianco", ha chiarito il partito. Edouard Philippe (Horizons) ha espresso le sue calorose felicitazioni a Barnier. "Saremo in tanti ad aiutarlo", ha assicurato promettendo sostegno. Questo non toglie la possibilità di dissidenti interni alla 'macronie', soprattutto tra gli esponenti della sua ala sinistra.
Potenzialmente contrari ad una censura anche Les Républicains, diventati Droite Républicaine all'Assemblea dopo la scissione con il gruppo di Eric Ciotti. Laurent Wauquiez, presidente del gruppo, definisce Barnier "uomo di grandi qualità". Tra deputati del gruppo 'presidenziale' e quelli della destra tradizionale, sono dunque almeno 213 i parlamentari che dovrebbero votare 'no' alla sfiducia.
La domanda che si pone allora è cosa faranno gli eletti del Rassemblement National di Marine Le Pen ed i loro alleati fedeli a Ciotti. Presto per dirlo, ha annunciato di voler attendere il discorso di politica generale di Barnier. "Saremo attenti al progetto che porterà, attenti a che le aspirazioni dei nostri elettori, che rappresentano un terzo dei francesi, siano ascoltate e rispettate", ha sottolineato la capogruppo Le Pen.
Ciotti, che ha rotto con una parte de Les Républicains per avvicinare la destra del Rn, ha fatto i suoi "auguri di successo repubblicano" a Michel Barnier, nella cui nomina ha però ravvisato "il simbolo della diluizione di una certa destra nel macronismo". "Serviremo l'interesse generale e censureremo tutti coloro che avranno un atteggiamento contrario allo spirito democratico", ha aggiunto. Incerto infine il voto eventuale dei deputati non iscritti. Che faranno quelli di Liot (Libertés, indépendants, outre-mer et territoires)? In tutto, per 171 schede resta l'incognita. Tante da permettere di salvare o affossare il governo, sottolinea Bfmtv ricordando che in totale sulla carta potrebbero esserci 193 'sì' alla censura, 213 'no' e 171 'indecisi'.
(Adnkronos) –
Contro ‘il colpo di mano’ di Emmanuel Macron, che ha nominato premier Michel Barnier, ‘tradendo’ il messaggio del voto, oggi la Francia scende in piazza con 150 manifestazioni in tutto il paese. Le mobilitazioni sono in programma i diverse città a Marsiglia, Lilla, Nizza, Lione, Bordeaux e Strasburgo. A Parigi l’appuntamento è per domani alle 14 in piazza della Bastiglia.
Intanto, prime consultazioni “piene di energia” per Michel Barnier, al lavoro per formare il nuovo governo francese a due mesi dalle elezioni. Il premier incaricato ha incontrato Macron e i leader di Ensemble e della Destra repubblicana, che hanno aperto a una loro partecipazione al governo, mentre la sinistra l’ha esclusa con forza e ha chiamato alla mobilitazione per oggi contro “il colpo di mano” del Presidente.
I macronisti di Ensemble, come detto dal presidente del gruppo parlamentare ed ex premier Gabriel Attal, “non hanno la volontà né di bloccare né di dare un appoggio incondizionato” a Barnier. Ma cercheranno di essere “utili” al Paese, con una loro “possibile partecipazione” al governo.
Apertura anche dalla Destra repubblicana di Laurent Wauquiez, secondo cui “quello che conta è il programma” che presenterà il premier, ma comunque “nulla è deciso”. E anche ‘A Droite’, il partito di Eric Ciotti nato dalla scissione dei Repubblicani dopo la sua decisione di allearsi con l’estrema destra del Rassemblement national. “Decideremo in funzione del programma”, ha detto Ciotti, mentre l’Rn, da cui in effetti dipende la nascita del governo, nel quale non entrerebbe ma a cui darebbe appoggio esterno.
Di tutt’altro tenore le dichiarazioni che arrivano dalla sinistra, con il segretario del Partito socialista, Olivier Faure, che ha denunciato “il tradimento democratico”, assicurando che “nessuno” entrerà al governo.
Barnier è a capo di un governo a rischio censura. Tanto da poter battere il record del premier con il mandato più breve della Quinta Repubblica. La minaccia non diventerà però reale se non ci sarà accordo su una bocciatura tra almeno 289 deputati dell’Assemblée Nationale sui complessivi 577. E nessuno dei tre blocchi può – da solo – riunire tutti i voti necessari ad affossare il nuovo esecutivo.
Come previsto, i diversi partiti che compongono il Nuovo Fronte Popolare hanno immediatamente fatto sapere di voler censurare il governo Barnier. Lo ha fatto La France Insoumise, annunciando anche di voler destituire il presidente Macron, lo hanno fatto i Socialisti di Faure, seguiti dagli Ecologisti e dal Partito comunista francese, deciso quest’ultimo a ricorrere “a tutti i mezzi” a disposizione, “a partire dalla censura del governo”. Sulla carta dunque a pronunciarsi per la sfiducia dovrebbero essere i 193 deputati del Nfp, troppo pochi per far passare la mozione.
Sull’altro versante, non dovrebbero pronunciarsi a favore di una censura i deputati di Ensemble pour la République (ex-Renaissance), del Modem e di Horizons, che dovrebbero schierarsi con Macron e avallare la sua scelta. Renaissance ha annunciato di voler illustrare “nelle prossime ore” al premier le sue “priorità programmatiche”. “Nessuna censura automatica ma esigenze di fondo senza assegni in bianco”, ha chiarito il partito. Edouard Philippe (Horizons) ha espresso le sue calorose felicitazioni a Barnier. “Saremo in tanti ad aiutarlo”, ha assicurato promettendo sostegno. Questo non toglie la possibilità di dissidenti interni alla ‘macronie’, soprattutto tra gli esponenti della sua ala sinistra.
Potenzialmente contrari ad una censura anche Les Républicains, diventati Droite Républicaine all’Assemblea dopo la scissione con il gruppo di Eric Ciotti. Laurent Wauquiez, presidente del gruppo, definisce Barnier “uomo di grandi qualità”. Tra deputati del gruppo ‘presidenziale’ e quelli della destra tradizionale, sono dunque almeno 213 i parlamentari che dovrebbero votare ‘no’ alla sfiducia.
La domanda che si pone allora è cosa faranno gli eletti del Rassemblement National di Marine Le Pen ed i loro alleati fedeli a Ciotti. Presto per dirlo, ha annunciato di voler attendere il discorso di politica generale di Barnier. “Saremo attenti al progetto che porterà, attenti a che le aspirazioni dei nostri elettori, che rappresentano un terzo dei francesi, siano ascoltate e rispettate”, ha sottolineato la capogruppo Le Pen.
Ciotti, che ha rotto con una parte de Les Républicains per avvicinare la destra del Rn, ha fatto i suoi “auguri di successo repubblicano” a Michel Barnier, nella cui nomina ha però ravvisato “il simbolo della diluizione di una certa destra nel macronismo”. “Serviremo l’interesse generale e censureremo tutti coloro che avranno un atteggiamento contrario allo spirito democratico”, ha aggiunto. Incerto infine il voto eventuale dei deputati non iscritti. Che faranno quelli di Liot (Libertés, indépendants, outre-mer et territoires)? In tutto, per 171 schede resta l’incognita. Tante da permettere di salvare o affossare il governo, sottolinea Bfmtv ricordando che in totale sulla carta potrebbero esserci 193 ‘sì’ alla censura, 213 ‘no’ e 171 ‘indecisi’.