E’ tornato il tempo delle favole in Umbria. E le volpi della politica giocata (alla Fedro) e di quella chiacchierata al bar, hanno da poco riscoperto quella di Biancaneve a Forca Canapine. Ma questa volta solo Bianca, senza neve.
Si dà il caso che lo scorso 22 giugno un consigliere provinciale, ex Lega e ora ricciano di ferro (Italia Civica di Claudio Ricci), Marcello Rigucci di Città di Castello, abbia presentato una interpellanza nella sua qualità di membro della Commissione “Controllo e Garanzia” della Provincia di Perugia sulla irrecuperabile condizione delle attrezzature sciistiche del comprensorio dei Monti del Sole a Forca Canapine.
Un documento “simpatichino” in cui Rigucci si risveglia, come nella favola di Biancaneve (senza neve), non si sa baciato da chi, e ci racconta che colà c’è un problemone da risolvere.
Un magnifico impianto, che lévati, che non si sa per quale motivo non è mai stato avviato. E non pago della sventura disvelata, ne aggiunge alla lista una che se infilata in una interpellanza, fa molto “cool”: l’abbandono del famoso Hotel Canapine. Un caso da manuale sugli sprechi e la mala gestio nella Pubblica Amministrazione, noto da più di 30 anni.
Questo il passaggio decisivo del documento di Rigucci:
“La struttura delle Forche (Forca ndr) Canapine (vedi foto) è in uno stato di abbandono totale senza essere mai stata aperta al pubblico, mai usata o data in gestione.
L’albergo risulta fatiscente, l’impianto sciistico incompiuto e in forte degrado strutturale, zona naturalistica di alto interesse paesaggistico culturale amente (?) ai cittadini che con qualsiasi mezzo vi si recano nel godimento del nostro patrimonio ambientale. Patrimonio che a bilancio risulta una spesa di oltre 3.000.000 euro non certo per avere gli immobili incompleti e distrutti di vandali e dall’usura del tempo.”
Il tema (anche se illustrato con un italiano ad uso “peacchia“) è talmente di attualità che un giorno dopo, il 23 giugno, sempre senza neve, eccoti un articolo su un giornalone locale in cui l’argomento corredato da foto choc viene riproposto con scandalo d’ordinanza e fervorino finale dopo la segnalazione di una cittadina che nella sua pagina FB mostra anche idee precise e delineate in politica.
Se non fossimo giornalisti di campagna, come è noto, potremmo pensare che trattasi di attacco concentrico ad obiettivo (politico) sensibile.
Ma la vecchiaia e l’esperienza maturata sul tema ci impone invece altre riflessioni. Come quella appunto sul risveglio precoce di Biancaneve da un lungo sonno che in verità però, poteva anche proseguire. Senza ulteriori danni.
Conosciamo purtroppo la ciclicità della tiritera su Forca Canapine che ormai è un po come la “figlia della sora Camilla”. Tutti pronti a nominarla quando serve e mai nessuno che se “la piglia” e sopratutto se ne occupi seriamente, anche fosse solo per una bella indagine (magari della Magistratura).
Indagine che necessariamente deve andare molto indietro, molto prima del 2003 anno di costruzione dei nuovi impianti di risalita che già all’epoca, erano pressoché destinati a morte certa entro poco tempo.
Le cause sono note. Mancanza di precipitazioni nevose costanti, assenza di piani alternativi di valorizzazione del territorio, fatiscenza delle strutture provinciali di appoggio (i Rifugi), eccessiva burocratizzazione dei bandi di gestione, il confine con la provincia di Ascoli mai ben definito in termine di operatività (a chi conveniva scontentare i propri bacini elettorali per trovare un equilibrio utile al cittadino comune?).
Ma sopratutto quel mostro burosauro e poco ambientale che è stato il Parco dei Monti Sibillini, almeno nel versante umbro. Una sorta di pietra sepolcrale, molto utile alla formazione di un CdA felice e frizzantino, ma indifferente ad ogni prospettiva di sviluppo dell’area.
E sia ben chiaro che per sviluppo non si intende certo cemento armato ad uso abitativo, ma molto altro.
Come potevano essere licenze per esercizi commerciali su un territorio frequentatissimo da molti generi diversi di avventori, oltre gli sciatori, Bianca-neve permettendo.
Strumenti di programmazione agili come la possibilità di svolgere manifestazioni culturali e musicali all’aperto con limiti ben definiti ma leggeri nella loro esecuzione.
E una seria politica di impiantistica sportiva che non fosse rivolta solo allo sci ma, vista l’altitudine favorevole, a tutta una serie di sport che in estate hanno bisogno di zone come questa di Forca per la loro preparazione pre-agonistica.
E infine una concreta politica di incentivazione al recupero e miglioramento di quel piccolo nucleo fatto di villini e dall’area camping già in loco dagli anni ’60 (frequentatissima tutto l’anno e poi cancellata definitivamente per sciocchezza) e che, incrementato anche di poco, avrebbe potuto creare una comunità semi stanziale proficua per tutto il territorio.
E invece la logica della politica da volpi alla Fedro o alla Andreotti (quelle che “prima o poi finiscono in pellicceria“), ha preferito coltivare l’ovvio dei popoli: il bacino elettorale esistente.
Sicchè a Norcia sono quasi tutti contenti che non si tocchi nulla a Forca, sopratutto quando c’è di mezzo lo sport e il commercio di prodotti tipici.
E al Castelluccio e ai Piani, i “ras” della zona, cavallari, casari e lenticchiari senza trattore, fanno e disfano obbligando la politica ad abdicare al suo compito principale: quello di indirizzo sulle scelte generali di un territorio.
Insomma meglio far scorazzare libere le vacche, le pecore e i cavalli, e lasciare le strade piene di buche e il territorio senza servizi, che fa tanto wild wild world, invece di trovare il modo di gestire i flussi di visitatori che vogliono vedere questa meraviglia della natura.
Il terremoto del 2016, in tutta la sua drammaticità umana e sociale, ha solo scoperto un nervo che era già dannatamente malandato.
Tant’è che all’assenza di prospettiva e alla mala gestione degli anni precedenti sono seguite non solo le macerie del sisma, ma anche quelle morali di una classe dirigente locale che, possiamo dire, era addormentata come nella favola, senza neve. E impossibilitata a reagire.
A che serve dunque ora riproporre la minaccia “alla Rigucci” di responsabilità sul degrado degli impianti sciistici, o ricicciare sull’Hotel Canapine, se tutto in quell’area marcisce da anni e in alcuni casi si è già passati alla putrefazione?
La domanda è ovvia: i politici di oggi, al netto della loro età anagrafica, sono nati ieri o conoscono seriamente la storia del territorio di cui pretendono di parlare?
E pur vero che Totò sottolineava beffardo che “La serva, serve…”, ma preghiamo vivamente avventori feisbukkari e politici senza neve di farla finita nel trattare l’area di Forca Canapine come la “P…della serva”.
Siamo talmente amareggiati da dover gridare “Aridatece Guasticchi…”. Lui sì che era un presidente di provincia che aveva sempre un nastro da tagliare, magari ai Monti del Sole.
Per cosa, lo scopriremo solo vivendo!