“Evidentemente è forte la volontà o la necessità di mantenere il controllo su una Fondazione che invece avrebbe bisogno di più trasparenza e di una diversa capacità d'azione. L'aver scelto di blindare, da parte del sindaco e della maggioranza che governa la città, gli stessi nomi, le stesse facce e le stesse pratiche è segno che non c'è alcuna volontà di aprire al cambiamento ed è la conferma che la Fondazione Burri è di fondamentale importanza più per gli equilibri di potere locale che per la valorizzazione culturale e turistica della città”. Con queste parole Oliviero Dottorini, capogruppo Idv in Consiglio regionale “e presidente dell'associazione Umbria migliore”, commenta le nomine che il Consiglio comunale di Città di Castello “ha votato a colpi di maggioranza in seno alla fondazione Burri”. “La Fondazione – continua Dottorini – gestisce opere alienabili stimate in circa 150 milioni di euro, immobilizzazioni finanziarie per circa 8 milioni di euro, terreni e fabbricati per oltre 5 milioni di euro. Sul fronte dei costi troviamo la considerevole cifra di 315 mila euro per i servizi, una passività di circa 13 milioni di euro per quanto riguarda la causa con la vedova Burri, parcelle per avvocati che arrivano alla cifra di 900mila euro complessivi e una perdita netta di esercizio che nel 2011 si aggirava sui 236mila euro e che nel preventivo 2012 ammontava a quasi 177mila euro. Da queste cifre si può intuire quale possa essere la posta in gioco e da qui deriva la necessità che la gestione di un patrimonio così importante non venga lasciato nelle mani di una cerchia ristretta e autoreferenziale. Avere scelto di confermare chi da troppo tempo gestisce questo enorme patrimonio culturale ed artistico è il sintomo più evidente di una volontà di chiusura che poco ha a che fare con la tutela e la valorizzazione delle opere del maestro Burri, che dovrebbero essere patrimonio dell'intera città e non gestite dai soliti noti”.
“Alberto Burri – dice Dottorini – è ormai parte a pieno titolo della storia dell'arte internazionale. Avrebbe potuto lasciare le sue opere a qualsiasi museo internazionale, da New York a Los Angeles, da Londra a Parigi. Se ha voluto donare la sua opera e realizzare due musei proprio a Città di Castello, è stato per connotare l'origine sua e del suo impegno artistico. Grava quindi sulla città una responsabilità grande che dovrebbe essere interpretata con altrettanta generosità, sapendo individuare modalità di valorizzazione adeguate e facendo in modo che l'artista diventi patrimonio di tutti, non solo di una ristretta cerchia di adepti. C'è un'esigenza di trasparenza e apertura della struttura chiamata a tutelare l'immagine e il diritto d'autore del Maestro, che deve essere accompagnata da una progettualità ambiziosa. Figure dalla caratura nazionale e internazionale che siedono negli organi direttivi dovrebbero reagire alla stagnante opera di conservazione che sta caratterizzando la stessa Fondazione. Certo – conclude – le nomine appena effettuate dall'Amministrazione comunale rendono questo percorso ancora più difficile”.
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