Prestanome a pagamento, soldi sporchi, scatole cinesi di società e i rapporti con gli Emirati Arabi. C’è tutto questo quadro descritto nelle oltre 200 pagine dell’ordinanza emessa dal Gip di Perugia per l’inchiesta Great Energy
La truffa made in Foligno
Ha il volto della città della Quintana l’indagine della Guardia di Finanza di Perugia su un’intricata truffa finanziaria collegata a società del ramo dell’energia e dell’erogazioni di servizi elettrici.
In carcere
I due indagati per cui il Gip ha disposto l’arresto in carcere sono D. O. un cittadino albanese del ’76 ma residente a Foligno e G. F. folignate del ’74. Secondo le accuse il primo sarebbe stato il prestanome della società mentre il folignate il vero e proprio “inventore” del meccanismo illecito.
Ai domiciliari
Agli arresti domiciliari il Gip ha invece destinato M. A., anche lui della Città della Quintana, di fatto secondo l’accusa il “socio” di G. F., colui che procacciava i clienti e gestiva il personale. G. P., moglie del G. F., avrebbe avuto incarichi nelle società occupandosi dell’amministrazione e delle operazioni bancarie. M. D. come amministratore-liquidatore e anche titolare di una delle società con sede negli Emirati Arabi che sarebbero state utili al raggiro e L. M. (anche loro entrambi folignati) avrebbe collaborato al trasferimento dei capitali da Dubai all’Italia.
L’avvocato del “sistema”
D. A. sarebbe l’avvocato ideatore del sistema e “promotore e consulente per la sua realizzazione” secondo il Gip che ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare e fornitore di “pacchetti completi” per la sottrazione fraudolenta dei beni delle società create ad hoc, e il pacchetto – sempre secondo le indagini – comprendeva anche il reperimento dei prestanome a pagamento.
I familiari
Mentre all’obbligo di dimora sono finite due donne legate da parentela ad altrettanti indagati e “usate” all’interno delle società con ruoli utili allo scopo.
Sequestri per 30 milioni
Notevole il sequestro preventivo per equivalente effettuato dalla Finanza sui conti correnti, sulle quote societarie e sui beni mobili ed immobili riconducibili agli indagati: per 30 milioni euro. I dettagli dell’operazione sono stati resi noti questo pomeriggio (1 marzo) dalla Guardia di Finanza, guidata dal Colonnello Dario Solobrino, che ha lavorato in collaborazione con l’Ufficio delle Dogane (in conferenza stampa il dott. Piero Altieri) sotto la direzione della Procura della Repubblica.