“Ho iniziato a giocare a calcio in una vera squadra quando sono arrivato in Italia al centro di accoglienza, prima giocavo in strada o su campi di sassi e sabbia. Mi sono subito trovato bene, sentivo che tutti mi volevano bene ed ero felice. Ci sono stati dei momenti tristi soprattutto quando, durante una partita, mi è stato rivolto un insulto razzista. Sono uscito in lacrime, ho raggiunto gli spogliatoi, mi sono tolto la maglia ed ho annunciato che me ne sarei andato: ma i miei compagni mi hanno rassicurato e mi hanno dato la forza di continuare. Ora mi sono integrato bene, lavoro come pizzaiolo e ho affittato insieme ad un mio amico una casa. E sono felice”.
Lo ha detto Lamin Tourey (arrivato in Italia nel 2015 e che da un anno vive a Foligno) raccontando la sua esperienza nella pro-Cattedrale della Madonna del Pianto riempita di atleti, società sportive, allenatori e genitori durante la serata dell’evento “Lo sport rende omaggio a San Feliciano” (promossa dalla Pastorale sport e tempo libero della Diocesi e dal Centro Sportivo italiano di Foligno).
La fiaccola
Un momento di preghiera, ormai diventato tradizionale, introdotto dal consulente ecclesiastico del Centro Sportivo Italiano, don Antonio Ronchetti che ha evidenziato come “la finalità della Chiesa non sia quella di creare uno sport cristiano, diverso, separato o alternativo, ma offrire un modo di vivere lo sport fondato sull’idea dell’essere umano e della società”. La serata è iniziata in piazza della Repubblica con l’accensione della fiaccola alla presenza dell’assessore Decio Barili, del presidente del Csi, Giovanni Noli, e del tecnico di atletica Leonardo Carducci che ha guidato la staffetta- capitanata dai motociclisti dell’associazione Moto Club Spello e dai ciclisti del Asd All Mountain Foligno- che ha visto gli atleti delle varie società sportive folignati per le vie del centro storico.
La testimonianza di Stefano Romano
Oltre a Lamin ha portato la sua testimonianza il giovanissimo Stefano Romano, campione mondiale di Karatè, che ha raccontato la sua esperienza di sportivo ed il suo rapporto con la religione. “Prima di ogni incontro – ha detto –chiedo la grazia a Dio che mi aiuti a superarla e a comportarmi con correttezza. Anche nella gara in cui mi è stato assegnato il titolo, di certo, ho avuto vicini Dio e anche il mio maestro che non è più su questa terra: mi hanno sostenuto ed aiutato. E mi aiutano continuamente anche a non farmi adagiare sugli allori ma spingendomi a migliorare sempre di più”.
“Nei sogni bisogna crederci”, lo ha detto Luigi Galli (ex centrocampista che ha giocato nella Fiorentina, Novara, Rimini, Forl) nella terza testimonianza prima della preghiera condotta da Don Gianni Nizzi. “Il gioco del calcio – ha continuato l’ex giocatore – è la cosa più bella che si possa fare, una droga in senso positivo. Ho iniziato a giocare come tutti i bambini nelle piazze, in strada. Poi un allenatore mi ha fatto firmare il cartellino ed è iniziata in quel momento la mia carriera di calciatore che mi ha visto a 13 anni abbandonare la mia famiglia per giocare con la Fiorentina”.