Una cattedrale di San Feliciano gremita, ha tributato ieri l’ultimo omaggio al senatore Luciano Radi. I funerali hanno visto la presenza di centinaia di persone, semplici folignati, amici di una vita, politici di ogni schieramento ed autorità. Davvero tantissimi coloro che non sono voluti mancare a questo saluto fraterno, rendendo così onore ad una delle figure più importanti della vita politico istituzionale di Foligno e dell’Umbria intera.
In prima fila, il sindaco Nando Mismetti, il presidente della Provincia di Perugia Marco Vinicio Guasticchi, Elio Pasquini segretario particolare di Arnaldo Forlani nonchè storico leader della Democrazia cristiana, e persino il noto giornalista Gustavo Selva.
Terminato il rito funebre, Sebastiano, nipotedi Luciano Radi, ha dato lettura di alcuni brani tratti proprio da libri scritti da suo nonno, spentosi nella notte di domenica all’età di novantuno anni. Una vita – come detto – dedicata alla carriera politica: deputato ininterrottamente dal 1958 al 1994 sino alla fine della cosiddetta ‘Prima Repubblica’. Fu presidente della Commissione parlamentare di vigilanza per i servizi radiotelevisivi, nonchè Ministro dei rapporti con il Parlamento con il Governo Spadolini e persino Sottosegretario alla Presidenza dei Ministri.
L’omelia del vescovo Gualtiero Sigismondi ha ricordato Radi come ‘una persona cara e nota a tanti e – ha detto – giunge puntuale un interrogativo: che cosa sarà della vita di Luciano, del suo lavoro, del suo impegno civile? Dinanzi a questa bara si affaccia anche un’altra domanda: qual è l’eredità che Luciano lascia a quanti sono impegnati a governare la comunità civile? Oso rispondere liberamente, come Paolo nella sinagoga di Efeso, parlando apertamente ‘non in modo velato’, come ha fatto Gesù con i suoi discepoli. Mi vengono in soccorso alcuni pensieri di Alfredo Carlo Moro, fratello del grande statista ucciso dagli uomini delle Brigate rosse nella primavera del 1978′ . ‘Serve una politica che non si appiattisca nel piccolo orizzonte elettorale ma cerchi il bene comune: una politica basata sull’attenzione verso il nuovo che avanza e le esigenze più profonde dell’uomo e sull’ascolto delle proposte giuste suggerite da chiunque. Serve una politica che tende a tradurre, per quanto possibile, i grandi valori anche del messaggio cristiano nella vita sociale, ma mantenendo la distinzione tra fede e storia e tra messaggio di salvezza e autonomia delle realtà terrene: una politica rispettosa della Chiesa ma anche dello Stato e che non cerca di strumentalizzare la religione mercanteggiando privilegi in cambio di consensi. Serve – ha aggiunto monsignor Sigismondi – una politica fatta di riflessione ed approfondimento dei problemi e non sostanzialmente pubblicitaria, in cui il carisma dell’immagine è a tutto scapito del carisma delle idee e che ricorre spesso allapubblicità ingannevole: una politica dell’incontro che si contrappone a una politica dello scontro per cui è più significativo essere contro qualcuno che costruirsi un’identità e un programma. Serve una politica della lealtà contro una imperante politica della furbizia tutta imperniata su tatticismi e sul proclamare nei programmi una cosa convinti di realizzarne in realtà un’altra; serveunapolitica della graduale tenace costruzione contro una politica dell’improvvisazione e del continuomutamento a seconda delle convenienze del momento”.