È appena trascorso il 150° anniversario dell’Unità d’Italia e Ascanio Celestini lo celebra, a modo suo, con il nuovo spettacolo “Pro Patria”. In esso rivivono gli spiriti di un passato che è alla base della costituzione della nostra Repubblica. Nomi di vie, strade, piazze cessano di essere meri riferimenti topografici e prendono corpo e voce nell’attore. I fratelli Bandiera, Pisacane, Mameli, Garibaldi e, su tutti, Mazzini che ha attraversato 40 anni di storia italiana, battendosi per un ideale nonostante le numerose avversità incontrate in un cammino a dir poco scoraggiante.
Mazzini non parla, Mazzini ascolta. A lui infatti si rivolge il protagonista del monologo, un carcerato dei nostri giorni che prepara un discorso, o meglio Il discorso da rivolgere ai propri secondini, ai giudici, ai cittadini, per denunciare le condizioni disumane delle carceri italiane, il sovraffollamento, la facilità con cui vengono condannati i cittadini più deboli, il conseguente eccessivo tasso di suicidi (sebbene tutti i reclusi, al momento della carcerazione, si dichiarino non intenzionati a farlo).
In questa interazione tra presente e passato, rivivono anche storie minori, quelle dimenticate dai libri, ma care all’attore che, loro tramite, riesce a rendere l’idea della brutalità della guerra, piena di giovani vittime incoscienti, della brutalità della detenzione, specie per chi viene discriminato.
Nel suo monologo, con lo stile di una chiacchierata da bar – come egli stesso autodefinisce il suo modo di raccontare – riesce a suscitare sorrisi, ma ogni risata che provoca è il preludio ad una realtà cruda, che rende amaro ogni sorriso, lasciando agli spettatori, al termine dello spettacolo, la consapevolezza che la conoscenza del nostro passato sia la base da cui ripartire per migliorare il comune futuro.
articolo Fabio Muzzi
video Sara Cipriani