In un anno (dalle politiche del 2018 fino alle recenti europee) la Lega in Umbria ha guadagnato 68.402 voti (passando dal 20,16% al 38,18%. Cinque anni fa, alle europee del 2014, era addirittura al 2,5% con 11.673 voti raccolti. Nello stesso periodo, il Pd è passato 228329 voti (49,15% alle europee del 2014) ai 107.687 (24%) del 2019. Perdendo anche rispetto alle politiche di un anno fa ancora più di 19mila voti (era al 24,8%). E circa 71mila voti la Lega li ha ottenuti da umbri che cinque anni prima avevano votato Partito democratico.
E’ in questi numeri la rivoluzione delle urne che in cinque anni, ma soprattutto nell’ultimo, ha completamente ribaltata la geografia politica di quella che un tempo era una delle regioni “rosse” d’Italia.
Una rivoluzione analizzata dal Dipartimento di economia dell’Università degli Studi di Perugia, che utilizzando il metodo statistico messo a punto dal professor Forcina ha analizzato gli spostamenti di voto degli umbri alle recenti elezioni europee ed amministrative, compresi i ballottaggi nelle cinque maggiori città dove si è reso necessario l’extratime per scegliere il sindaco. Risultati che sono stati illustrati dal professor Bruno Bracalente, il quale ha evidenziato come ormai sia definitivamente tramontato il voto di appartenenza, visto che gli elettori umbri hanno cambiato partito già nella stessa cabina elettorale prendendo in mano schede diverse tra europee e amministrative.
Il voto in Umbria nel complesso
Nella nota redatta dal Centro studi, valutazione e organizzazione dell’Assemblea legislativa (a cura di Brunello Castellani) si rileva che la Lega registra in Umbria, con il 38,18%, il quarto miglior risultato italiano (Veneto 49,88%, Lombardia 43,38%, Friuli V. G. 42,56%, Italia 34,33%), risultato che le consente di essere primo partito in 87 comuni su 92.
Il Pd ottiene in Umbria il 23,98%, un punto sopra la media nazionale, al di sotto di Toscana (33,31%), Emilia Romagna (31,24%) e Liguria (24,94%), in sostanziale parità con Piemonte (23,94%), Lazio (23,79%) e Lombardia (23,08%). Il M5S con il 14,63% si colloca sotto la media nazionale (17,07%), tra il dato dell’Italia Centrale (15,95%) e quello dell’Italia Nord-Occidentale (11,12%).
Restando alle forze maggiori, la fotografia del comportamento elettorale degli umbri, nelle elezioni europee 2019, è assimilabile alle regioni del nord e non più all’area storicamente definita “Regioni rosse” più vicina al Piemonte (Lega 37,14%, Pd 23,94%, M5S 13,26%). Rispetto alla Circoscrizione dell’Italia Centrale, in Umbria la Lega registra cinque punti in più, il PD tre punti in meno e il M5S un punto in meno. Le sole Marche hanno dati simili alla nostra regione (Lega 37,98%, Pd 22,26%, M5S 18,43%). Altro dato caratterizzante il risultato umbro è il mutato rapporto di forza tra Forza Italia (politiche 11,22%, europee 6,42%) e Fratelli D’Italia (politiche 4,92%, europee 6,58%).
Nel complesso, gli elettori umbri hanno espresso un orientamento favorevole al centrodestra sia nel voto europeo che in quello amministrativo, anche nei centri più grandi, con una tendenza che, almeno in parte, diverge da quella nazionale. Tuttavia non mancano realtà nelle quali il risultato delle amministrative registra un segno diverso da quello emerso nel voto europeo.
L’onda irresistibile leghista
Alla straordinaria affermazione della Lega alle europee in Umbria hanno contribuito elettori che in precedenza avevano scelto tutti i partiti. Il primo flusso in entrata per il partito di Salvini arriva dall’alleato di Governo nazionale: Il M5s ha ceduto oltre il 16% dei suoi 141mila voti ottenuti nel 2018 (circa 24mila), anche se nel confronto con le politiche del 2018 l’apporto maggiore è arrivato appunto dal Pd (oltre 21mila voti). E ancora, la Lega quest’anno è riuscita a mobilitare 11.400 umbri che non avevano votato lo scorso anno.
La ritirata del Pd
Il Pd, pur in crisi per la nota inchiesta sulla Sanitopoli perugina, ha mantenuto quasi il 90% dei voti raccolti un anno fa, quando però c’era stato già un forte ridimensionamento rispetto alle europee del 2014, rispetto alle quali i voti oggi persi sono circa 120mila. Con oltre 16.600 elettori del Pd che nell’ultimo anno hanno deciso di non recarsi alle urne. Poco più di 2mila gli elettori dem che in un anno si sono spostati sul Movimento 5 stelle. Praticamente nessuno ha invece scelto di votare nei partiti alla sinistra del Pd.
M5s dimezzato
Il dimezzamento dei voti del M5s è stato determinato in primo luogo dall’astensionismo: bel il 37% degli elettori del 2018 (oltre 50mila) hanno deciso di disertare le urne, evidentemente delusi dall’operato del proprio partito al Governo. Non verso tutto il Governo, però, perché 24mila elettori dal giallo hanno virato verso il verde. Solo 3mila voti sono andati verso il Pd ed altrettanti ai partiti della Sinistra.
Il M5s ha mantenuto soltanto la metà dei 90mila voti del 2014. In entrata ha beneficiato soltanto del nuovo flusso di provenienza Pd (21mila voti). Il flusso verso la Lega dimostra che i voti ottenuti dal M5s nel 2014 sono stati non definitivi, ma un ulteriore passaggio intermedio dal centrosinistra verso la Lega.
Il flop di Forza Italia
A pagare di più l’avanzata della Lega è stata Forza Italia, che ha ceduto al partito di Salvini 17mila voti in un anno (pari al 28% di quanto ottenuto alle politiche del 2018). Ne ha poi ceduti quasi 4mila a Fratelli d’Italia, mentre 15mila elettori azzurri hanno deciso di non recarsi alle urne.
Gli altri: sirride solo Fratelli d’Italia
Tra le altre liste, bene solo Fratelli d’Italia, che ha preso circa 3mila voti dalla Lega (a cui però ne ha ceduti di più) e altrettanti da Forza Italia. Altri 3mila sono arrivati da chi in precedenza non aveva votato e quasi 2mila dal Movimento 5 stelle. Non sfondano le altre liste di destra.
La Sinistra ne ha ceduti in un anno quasi 6mila al Pd, mentre i 4mila che ha gudagnato dal Movimento 5 stelle li ha persi tra coloro che non hanno votato.
Il voto a Perugia
Per quanto riguarda l’analisi dei flussi di voto nel capoluogo, nel centrodestra le liste civiche a sostegno di Andrea Romizi hanno attratto circa un terzo degli elettori delle europee. La percentuale più alta dei voti delle europee alle comunali la mantiere FdI (64%), mentre la Lega solo il 45%. Il Pd mantiene il 60% dei voti delle europee e cede il 26% alle liste di Giubilei, ma cede anche un 10% a quelle del centrodestra (oltre 2mila voti).
Anche gli elettori alle europee del M5s hanno confermato questa preferenza alle amministrative nel 60% dei casi. Gli altri hanno scelto prevalentemente il centrodestra.
Alle ultime europee soltanto Lega e M5s hanno ottenuto percentuali maggiori nelle frazioni rispetto all’area urbana, così come era avvenuto alle politiche di un anno fa. La Lega presenta uno scarto di 6,2 punti percentuali tra le frazioni (dove ha raccolto il 34,4%) e le aree urbane (28,2%).
Il Pd, che nel 2018 aveva ottenuto più consensi, anche se di poco nelle frazioni rispetto all’area urbana (27,6% rispetto al 26,1%, quest’anno ha raggiunto il 26,9% nelle frazioni e il 26% nell’area urbana.
Un quadro che alle amministrative è sostanzialmente confermato, con l’unico cambio significativo nel Pd, che torna ad ottenere più consensi nelle frazioni (18,4% contro 15,6%), verosimilmente perché le liste Giubilei hanno sottratto più voti nell’area urbana.
I ballottaggi
Nei ballottaggi decisivo il risultato del primo turno. A Foligno il candidato del centrodestra Zuccarini ha vinto perché ha mantenuto il 92% dei voti ottenuti il 26 maggio (l’89,4% per Pizzoni), aggiungendo circa 3.500 voti del candidato del M5s Fantauzzi. Altri 1.600 voti sono arrivati dagli elettori egli altri candidati del centrodestra. Il candidato del centrosinistra Pizzoni ha invece raccolto solo il 29,5% dei voti di Fantauzzi e il 16,6% di Trombettoni.
A Gubbio la fedeltà al voto del primo turno ha premiato il sindaco uscente Stirati (90,9%), mentre il 14,4% di coloro che il 26 maggio avevano votato per Presciutti Cinti non sono tornati alle urne per il ballottaggio. Gli elettori di Goracci hanno votato per il 47,2% Stirati, ma c’è anche un 32,3% che ha scelto il candidato del centrodestra, mentre il 20,5% non è tornato alle urne. Tra gli elettori di Farneti leggera preferenza per Presciutti Cinti (ma quasi il 65% non ha votato al ballottaggio), scelta che è stata molto più forte tra i sostenitori di Rughi (38,8%). Buono l’apporto di Cardile per Stirati (35,3%).
La storica vittoria della candidata del centrodestra Tardiani a Orvieto affonda ancora le sue radici nel voto del primo turno: confermato al ballottaggio il 93,6% degli elettori. Fermi all’86,8% gli elettori di Germani, con l’8,6% di loro che ha scelto addirittura la candidata del centrodestra. Equamente divisi gli elettori di Barbabella, mentre Rosati ha portato a Germani il 54,7% dei suoi voti. Da Panzetta tesoretto del 32,5% dei suoi elettori per Tardiani, ma anche un 21,7% per Germani.