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Fine vita, via alla raccolta di firme: “Non altre Laura Santi”

“In Umbria non devono esserci altre Laura Santi”. Parola di Laura Santi, la giornalista perugina affetta da sclerosi multipla, da un anno costretta a ricorrere alle cure palliative, che nonostante abbia visto riconosciuto, dopo una lunga battaglia legale, il suo diritto a ricorrere al suicidio assistito – se e quando riterrà di dovervi ricorrere – non è ancora messa nelle condizioni, dalle strutture sanitarie umbre, di poterlo attuare.

Laura, che ha “quasi” vinto quella che insieme all’Associazione Luca Coscioni definisce “battaglia di civiltà” , continua a lottare affinché anche in Umbria, dopo la Toscana, sia riconosciuto a tutti questo diritto, che è stato sancito dalla Corte Costituzionale.

Laura sostiene la raccolta di firme che partirà dal 3 aprile a sostegno della proposta di legge regionale di iniziativa popolare “Liberi subito” promossa appunto dall’Associazione Luca Coscioni. L’obiettivo è stato fissato in 3mila firme in 6 mesi (tramite il sito www.liberisubito.it) per poter depositare la proposta in Consiglio regionale. Laura confida che l’Umbria sia la seconda Regione, dopo la Toscana, che consenta operativamente di poter accedere, dopo che ne sono stati riconosciuti i requisiti di legge, a ricorrere al suicidio assistito.

“Ci metto la faccia, ci metto la mia storia emblematica” dice Laura. Che in assenza di un’azione concreta da parte della Asl, dopo aver ottenuto una sentenza – grazie alle azioni di disubbidienza civile di Marco Cappato, che le riconosce la possibilità di ricorrere al suicidio medicalmente assistito, sarà costretta ancora una volta a rivolgersi alle aule di un tribunale se la Asl non le metterà a diposizione il farmaco, fornendole le dovute risposte sulle modalità di assunzione. Laura non crede che queste inadempienze siano contro di lei: “Il mio timore – spiega – è che poi si pensi che poi diventi una pratica sistematica”.

Un blocco “politico”, dunque. Ed è alla politica umbra che Laura si rivolge. Rispondendo a chi ritiene che la richiesta dell’accesso al suicidio assistito sia contro la famiglia o come il frutto di un’etica individualistica. Ma rivolgendosi anche alla governatrice umbra Stefania Proietti: “La religione non c’entra niente in una scelta come questa”. Ricordando che Mina Welby, co-presidente dell’Associazione Luca Coscioni, prima di conoscere Piergiorgio, era un suora.

Un appello trasversale alla politica, dunque, affinché chi soffre, ricorrendo determinate condizioni, possa essere messo nelle condizioni di poter disporre di questo “strumento di libertà” senza dover ricorrere anche a lunghe ed estenuanti battaglie legali.