Ormai il dado è tratto, tra i dipendenti della Fils e l’amministrazione comunale siamo allo scontro finale. In una lettera aperta alle istituzione ed alla cittadinanza puntano il dito contro il Comune di Foligno e lo stesso presidente. Un grido d’allarme forte e chiaro, considerando che – come sottolineano – molti di loto hanno un’età troppo avanzata per rientrare nel mondo del lavoro. Intanto alcuni di loro si sono rivolti ad un legale e lunedì prossimo è in agenda un nuovo vertice con il sindaco Nando Mismetti.
Ecco la lettera aperta di alcuni dei dipendenti della Fils
“Siamo alcuni dipendenti della Fils srl, società in house del Comune di Foligno, che dal mese di giugno è stata messa in liquidazione a causa delle notevoli perdite registrate e dei debiti che ha. La stragrande maggioranza di noi lavorava in Fils da quando questa è stata costituita e a breve, quasi sicuramente, ci ritroveremo senza lavoro. Nei giorni scorsi l’amministrazione comunale ci ha chiesto di fare dei sacrifici per salvare la società: aumento delle ore di lavoro settimanali da trentasei a quaranta e riduzione dello stipendio di circa il 30%. Abbiamo risposto che siamo pronti a sacrificarci, ma a condizione che chi fino ad oggi ha gestito la società (capetti, capi, amministratori e politici) facciano un passo indietro: non dobbiamo essere solo noi a pagare per tutti. Con il nuovo contratto, c’è ovviamente chi ci guadagna ma non noi e neppure i cittadini che continueranno ad avere gli stessi servizi e l’andazzo continuerà come ora. E’ opinione della maggior parte dei folignati che siamo fannulloni e buoni a nulla eppure anche il più lavativo di noi la sua parte l’ha sempre fatta; tante, troppe volte, ci siamo trovati la mattina al lavoro senza sapere cosa fare, ci siamo arrangiati, organizzandoci da soli perché chi impartisce gli ordini fino alle 9 non si presenta. Nessuno di noi è stato licenziato per scarso rendimento, nessuno di noi ha mai ricevuto richiami, censure, addebiti: evidentemente va bene come lavoriamo. La verità è che i soggetti dell’azienda che dovrebbero controllare, non sanno neppure quello che facciamo. Il presidente è completamente assente. E chi si è auto nominato capo, non è in grado di coordinarci. Siamo una società che si occupa di manutenzioni, eppure ci sono molti impiegati: dipendenti che adesso vengono definiti improduttivi. Se il personale costa troppo non è certo colpa nostra, ma di chi ha fatto le assunzioni. Tutto quello che è stato fatto, è stato deciso dalla politica: dalle nomine dei vertici dell’azienda, alle assunzioni e persino i fornitori o i soggetti a cui andavano subappaltati i lavori. Ma poi, questi sacrifici che ci chiedono, serviranno a salvare la società dal fallimento? Con il contratto che ci vogliono far firmare, si verrà a risparmiare 120mila euro l’anno e solo il “nuovo” direttore tecnico che si intende assumere, costa 80mila euro annui. Eppure lo abbiamo detto più volte, alcuni di noi, alcuni tecnici, sarebbero in grado di organizzare i servizi senza spendere soldi. Ma i posti, in caso di ricapitalizzazione, sono già stati assegnati. Sia quelli del Cda (intoccabile), quelli dei revisori dei conti oltreché il direttore tecnico. Con uno scatto di orgoglio, per la nostra dignità, abbiamo detto no. Tutti dobbiamo assumerci le responsabilità, anche e soprattutto chi fino ad oggi ha fatto il bello e cattivo tempo e ci ha ridotto a questo livello. Perché i politici sono intoccabili? Perché gli amministratori non devono pagare per i loro errori? Noi siamo pronti, ma l’assessore, il sindaco, il presidente, i capetti, non rispondono di niente? Non hanno responsabilità? Molti di noi hanno un’età troppo avanzata per tornare a cercare lavoro e abbiamo tutti una famiglia da mantenere, ma per la nostra dignità non molliamo, non molleremo, e siamo pronti a scendere in piazza”