Avrebbero, con i loro comportamenti, causato danni ai creditori della Fils, ritardando nel dichiarare il fallimento dell’azienda di servizi municipalizzata del Comune di Foligno. Per questo l’allora sindaco Nando Mismetti e l’ex amministratore (poi liquidatore) della Fisl Stefano Mattioli devono rispondere delle accuse di bancarotta.
Giovedì si è tenuta l’udienza preliminare davanti al gup Federica Fortunati, durante la quale i difensori dei due imputati (gli avvocati Maurizio Salari, Luciano Ghirga e Valeriano Tascini) hanno anticipato che chiederanno per i loro assistiti il rito abbreviato. Tipologia di giudizio che non prevede l’escussione di testimoni ma solo la produzione di documenti e che prevede, in caso di condanna, lo sconto della pena di un terzo.
Per ora, però, l’udienza è stata rinviata al 26 maggio. In quella data, dunque, dovrebbe essere formalizzata la richiesta di rito alternativo e si capirà se il processo andrà avanti davanti al gup o se ci sarà un pronunciamento di rinvio a giudizio o proscioglimento.
A Mismetti e Mattioli viene contestata dalla Procura della Repubblica di Spoleto l’attività effettuata fino al 2018 nei confronti della Fils, in forte dissesto economico. Con le loro azioni, è l’accusa, avrebbero peggiorato la situazione economica della società municipalizzata, arrecando danno maggiore ai creditori del fallimento, dichiarato soltanto nel 2019. In precedenza (a metà 2016), infatti, l’azienda era stata messa in liquidazione, tra le proteste dei lavoratori e le polemiche politiche.
Intanto lo stesso Mattioli nei giorni scorsi è stato condannato in primo grado dal tribunale di Spoleto per peculato in merito alla gestione del servizio affissioni della Fils per conto de Comune di Foligno. L’ex amministratore era accusato di non aver versato nelle casse comunali una cifra pari a circa 889mila euro. E se la sua difesa ha già annunciato ricorso in appello, nelle motivazioni della sentenza di primo grado viene chiamata in causa anche l’allora amministrazione comunale folignate, parlando di un “concorso di colpa del creditore” (il Comune appunto), “in quanto l’inerzia a seguito del prolungato inadempimento ha consentito all’imputato di appropriarsi di una somma significativa“.