Carlo Ceraso
I volti rigati dalle lacrime, l’applauso del pubblico in piedi a squarciare il silenzio. Così il pubblico del Teatro San Nicolò ha salutato la Prima di “Dopo il silenzio”, pièce tratta dal libro “Liberi tutti – Lettera a un ragazzo che non vuole morire di mafia” scritto da Pietro Grasso lo scorso anno quando era ancora alla guida della Procura Nazionale Antimafia.
Per il regista Alessio Pizzech si tratta di un ritorno al Festival dopo la rappresentazione nel 2010 di “Per non morire di mafia” tratto dal primo libro di Grasso e Alberto La Volpe che tanto successo ha avuto in Italia, specie fra il pubblico giovanile, potendo contare oltre 200 aperture di sipario.
La differenza fra le due Opere è sostanziale: più narrativa la prima con Sebastiano Lo Monaco a raccontare la vita del procuratore Grasso e il suo impegno nella lotta alla mafia; ricca di contenuti drammaturgici la seconda. Alla figura del magistrato si affianca quella della moglie Rita (interpretata da Mariangela D’Abbraccio) che nella rappresentazione, come nella realtà, non solo condivide successi e dolori della vita professionale del marito ma quotidianamente combatte la criminalità organizzata portando avanti con coraggio e passione il suo ruolo di insegnante.
Davanti a loro, in uno spazio indefinito, forse una sala d’attesa, c’è un giovane (Turi Moricca) che la coppia tenta disperatamente di strappare al ‘credo’ della mafia confutando le teorie che i boss gli hanno inculcato ingannandolo (e condannandolo) a morte.
La scena scorre velocemente con i ricordi del magistrato legati alle figure di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, agli orrori compiuti dai mafiosi, al riscatto del Paese che le stragi del 1992 svegliarono di colpo. Al riscatto della Chiesa passata dai “teneri” giudizi sulla mafia del cardinal Ruffini agli anatemi del cardinal Pappalardo, di Papa Giovanni II e all’impegno di don Puglisi, l’ultimo martire di quella mafia che Ruffini aveva dichiarato “non esistente”.
Lo spettacolo suscita emozioni contrastanti richiamando comunque lo spettatore a quell’etica della speranza che dovrebbe permeare le azioni quotidiane di chiunque. Il testo di Francesco Niccolini e Margherita Rubino scorre veloce, asciutto, crudo, come lo è la realtà di chi vive di mafia e di chi invece ha deciso di combatterla. Con le armi della ragione e dell’astuzia per il magistrato; dell’amore di madre e di insegnante per la moglie.
Solo all’apparenza può sembrare un testo scontato. In realtà Dopo il silenzio è una trincea di resistenza etica dinnanzi al male che attanaglia la società e le sue istituzioni, che succhia l’anima di quei giovani che finiscono per abbracciare i tentacoli della Piovra finendone stritolati.
Toccante il finale con la voce registrata dei bambini che intonano il “Noi no” e “Io non ho paura” mentre una voce maschile ricorda i nomi delle vittime Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro, Paolo Borsellino, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. E’ difficile trattenere le lacrime, che scendono sui volti anche di alcuni dei giganti buoni delle scorte che sorvegliano il teatro.
La commozione della sala – tante le autorità che hanno preso parte alla Prima a cominciare dal presidente del Senato Pietro Grasso, Maria Falcone (la sorella del giudice Giovanni), il sindaco Daniele Benedetti, l’ex presidente della Camera Fausto Bertinotti, il procuratore capo di Spoleto Gianfranco Riggio, Carla Fendi e lo staff del festival con in testa Giorgio Ferrara. L’ex procuratore nazionale antimafia è visibilmente emozionato e non se la sente di rilasciare dichiarazioni. “Ho rivissuto quei momenti come sempre” dice alla telecamera di Tuttoggi.info Maria Falcone “ma credo che anche il nostro dolore sia necessario per dare ai giovani la speranza” (guarda l’intervista). “E’ uno spettacolo molto coinvolgente che riesce a trasmettere una emozione fortissima” commenta Bertinotti “si comprendono bene i valori che vengono trasmessi attraverso grandi testimonianze religiose, testimonianza che anche la politica ha saputo esprimere nei suoi momenti ‘alti’ come antidoto alla mafia, a quella mafia che si annida nelle malvagità del cattivo potere” (la videointervista).
La cena blindata – subito dopo lo spettacolo, la compagnia teatrale, di cui per una sera è entrato di diritto a far parte il presidente Grasso, si è ritrovata al ristorante San Lorenzo per una cena blindatissima offerta dalla produzione. Per l’occasione gli chef Giovanna Tomassoni e Marco Saveri hanno preparato un menù a base di piatti tipici locali che sono stati apprezzati dagli ospiti.
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