Spoleto

Festival Spoleto, sipario sulla 66^ edizione con una trionfale Sinfonia n°1 di Mahler | Applausi scroscianti per Antonio Pappano

L’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e Antonio Pappano sono stati i protagonisti dell’attesissimo concerto finale del Festival dei Due Mondi. Spoleto 66 si è chiuso con due capolavori di Gustav Mahler, compositore forse più di ogni altro capace di renderci partecipi, nella sua musica, dell’immensità del mondo che ci circonda.

Scrivendo i quattro Lieder eines fahrenden Gesellen e la Sinfonia n. 1 Mahler si accorge dell’importanza che aveva per lui il rapporto tra uomo e natura. La sua Natura è estatica e terrificante, è un labirinto che risuona di voci segrete in cui l’animo umano si specchia in tutta la sua inconoscibilità.

Dei Lieder Mahler scrive anche il testo: un giovane inizia a camminare, senza sapere cosa sta cercando, spinto solo da un tormento interiore. La natura che lo circonda è l’unica interlocutrice possibile per il suo dolore rassegnato, la sentiamo rispondere nel richiamo del cuculo, nel saluto del fringuello e della campanula, cui danno voce gli strumenti dell’orchestra.

La Sinfonia prosegue il viaggio intrapreso con i Lieder, al punto da prenderne in prestito alcune melodie. Il primo movimento, che in una delle versioni portava il titolo “Primavera senza fine”, si apre con le voci della natura. «Con il primo suono – disse Mahler alla violista Natalie Bauer-Lechner – il lungo “la” degli archi con armonici, siamo in mezzo alla natura: nel bosco, dove la luce del sole estivo scintilla, tremolando tra i rami».

In questo bosco rimaniamo incantati a osservare lo svolgersi di tutta la Sinfonia. A un certo punto da lontano vediamo avvicinarsi un fantastico corteo: lepri, volpi, cervi e caprioli danzano scortando in mezzo a loro il corpo di un cacciatore morto. Sembra che sia stata proprio l’incisione di Moritz von Schwind “Funerale del cacciatore”, popolare illustrazione della letteratura tedesca dell’infanzia, a dare a Mahler l’idea per la Marcia del terzo movimento. I contrabbassi intonano la melodia di “Fra martino” – resa funebre e grottesca dal cambio di tonalità – per accompagnare il cammino di questi animali, un po’ lieti e un po’ tristi, quasi umani.

Pappano chiude il ciclo di Santa Cecilia

Tornato appositamente da Londra, Sir Antonio Pappano, questa volta munito di bacchetta, ha diretto l’Orchestra di Santa Cecilia per l’ultima volta dopo un lunghissimo periodo nel quale ne è stato Direttore Musicale (2005-2021).

Si compie dunque a Spoleto l’atto finale di una importantissima collaborazione nella splendida carriera di uno dei più apprezzati direttori di orchestra in circolazione. Per l’occasione Pappano aveva espresso il desiderio di poter suonare come programma per Spoleto, la Sinfonia n° 5 di Mahler.

Questa Sinfonia fu composta fra il 1901 ed il 1902, ed è in cinque movimenti. I primi due movimenti costituiscono la Parte I, il lungo scherzo centrale è la Parte II, mentre alla Parte III appartengono i due ultimi movimenti.

È l’unica sinfonia su cui Mahler tornerà a lavoro più volte fino alla fine della sua vita, perché non sarà mai del tutto soddisfatto della strumentazione: la scrisse durante le estati del 1901 e 1902, ma la revisionò per ben sei volte, sia prima della “prima” del 1904 a Colonia, sia dopo, ritoccandone continuamente l’orchestrazione.

Una Sinfonia con un organico, come in parte anche per la Sinfonia n°1, ricco di Legni ed Ottoni e che richiedeva un preciso impegno di spesa a budget. Poi, corso durante, qualche problema di tipo organizzativo o di produzione, ha impedito che si potesse dare corso alla richiesta del M° Pappano.

Alla fine poco male visto il trionfo ottenuto in Piazza Duomo ricca di 2500 spettatori, come nelle migliori occasioni.

Tra vip, lustrini e una gaffe di troppo

Piazza Duomo per un’ora e mezza si è trasformata come tante pagine di una favola grazie alla regale direzione di Pappano, la generosa voce (oltre ogni illazione) della mezzosoprano Sasha Coocke, la straordinaria Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia, la stessa, suggestiva cornice che dal campanile del Duomo scopre fino alla Rocca Albornoziana e il magico volo delle rondini, da sempre immancabili protagoniste del concerto finale.

Occhi puntati sul Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, che ha accolto l’invito dell’amico senatore Franco Zaffini con il quale, a fine spettacolo, ha cenato al ristorante Apollinare ospiti della Fondazione Carla Fendi insieme alla presidente Maria Teresa Venturini Fendi, il Maestro Pappano e il consigliere Mauro Luchetti. Una cinquantina in tutto. Neanche a dirlo che al tavolo centrale si è parlato anche del futuro del Festival.

Confermate le presenze dei vip anticipate nell’edizione di ieri di Tuttoggi a cui si è aggiunta quella del Presidente emerito della Camera Fausto Bertinotti.

In piazza un variopinto gioco di colori delle ospiti tra chi ha scelto il classico nero a chi ha osato anche colori audaci (e scollature mozzafiato).

Il bis offerto da Pappano ha chiuso una serata davvero magica, che non si era aperta nel migliore dei modi quando il Sindaco-Presidente Sisti, nel sottolineare “lo charme che questa edizione ha portato come ai vecchi tempi”, ha voluto dedicare un omaggio al Maestro Gian Carlo Menotti e al suo “successore”: dimenticando però il nome di quest’ultimo (il compianto Giorgio Ferrara) con la scalinata che lo ha chiaramente fischiato. “Scusate, sono emozionato” ha detto il primo cittadino visibilmente imbarazzato. Forse dalla presenza del ministro Sangiuliano che deve aver gettato qualche grattacapo anche alla direttrice artistica Monique Veaute che, nonostante la conferenza stampa di bilancio tenuta qualche ora prima, ha tenuto a sciorinare i dati di questa edizione.

Hostaria in Piazza

Ma se certe dimenticanze o autocelebrazioni possono essere perdonate, imperdonabile è stato il comportamento degli addetti impegnati in uno dei palazzi che si affacciano sulla Piazza, che per buona parte del concerto non hanno fatto altro che sbatacchiare mobili e chiamarsi a vicenda da una stanza all’altra, anche con toni concitati: 5 a cercare l’allestimento giusto, 2 a smontare quello precedente, 4 addetti alle pulizie e 2 fioristi. Di grande impatto (è proprio il caso di dirlo) quando un grande tavolo in cristallo è andato in frantumi con un tonfo avvertito fino a piazza del Mercato. Fino a quando una esausta signora è entrata a palazzo e, indubbiamente con quattro parole ben assestate, ha riportato l’ordine.

In tutto e per tutto sembrava di assistere ad un celebre episodio del film di I nuovi Mostri di Monicelli- Hostaria protagonisti Vittorio Gassman e Ugo Tognazzi.

I fuochi d’artificio, sponsorizzati da Festival e Vus, hanno chiuso questa 66ma edizione su cui ci sarà tempo e modo per fare un bilancio meno “spot”.