Il Ministro della Cultura, Andrea Giuli, dice basta all’immobilismo del Festival dei 2 Mondi, ovvero a Fondazione Spoleto e management, e detta l’agenda per sbloccare una situazione di impasse che rischia di compromettere per sempre quella che è la più importante kermesse culturale dell’Umbria e (ancora per fortuna) tra le più importanti d’Italia.
E’ quanto trapela in queste ultime ore da via del Collegio Romano, sede del Mic dove il titolare del dicastero, ovvero il Sottosegretario Gianmarco Mazzi – che con l’insediamento di Giuli ha visto aumentare le deleghe che gli erano state affidate da Sangiuliano – stanco dell’immobilismo spoletino, all’ultimo incontro con il Sindaco e Presidente della Fondazione ha usato i poteri di “socio di maggioranza” (pressoché unico, visti i milioni di euro che ogni anno il Governo garantisce alla kermesse) e dettato l’agenda.
A cominciare dalla stesura del nuovo Statuto che recepisca le indicazioni fornite dal Ministero e sulle quali l’altro Andrea (Sisti), muovendosi in solitario, ha tergiversato pure troppo.
L’ultimo confronto-scontro tra l’onorevole Mazzi e l’altro Adrea (Sisti) c’è stato, a quanto dicono i consiglieri del dicastero, venerdì 13 dicembre (poi dice che non porta bene) con il primo cittadino costretto a tornare a Spoleto con la coda tra le gambe.
E riferire il lunedì successivo al Cda della Fondazione la decisione del dicastero: stesura del nuovo Statuto, con l’aiuto e la supervisione di un avvocato specializzato nelle arti scelto da Via del Collegio Romano, entro tre settimane e approvazione del Cda non oltre il 15 gennaio 2025.
Il pratica una sorta di commissario ad acta per cercare di svoltare le sorti di un Festival sempre più in affanno di ossigeno sotto vari fronti: dagli spettacoli agli incassi, dal ritorno sulla scena internazionale alle auspicate ricadute per l’economia cittadina.
Scarpe fashion o da running?
Altro che le parole al miele usate dal primo cittadino in conferenza stampa di chiusura dell’anno. I giochi di palazzo, rimasti per lo più celati agli stessi membri del board, sono finiti e, con questi, si può tornare ad azionare il count-down per un deciso cambio di passo.
Il secondo diktat che Sisti deve abbozzare dopo quello che anche i partiti di maggioranza cittadina (questi di sinistra) gli hanno chiesto formalmente per il governo della città.
Su una cosa è riuscito come pochi; mettere d’accordo i vertici di destra del ministero e quelli di sinistra comunali. Che sia arrivato il momento di cambiare le coloratissime scarpe in cuoio verde/azzurro con un paio di più veloci running?
Solo dopo l’approvazione dello nuovo Statuto del Festival – e su questo il sottosegretario Mazzi ha le idee chiare avendo da poco variato l’assetto delle fondazioni lirico-sinfoniche – il Ministro Andrea Giuli potrà procedere alle nomine. A cominciare da quella del direttore artistico (o dei direttori?) su cui Monique Veaute non sembra dormire sonni tranquilli, orma alla scadenza del proprio mandato quinquennale.
Come non è da escludere che il Festival si doti finalmente della figura di un direttore generale, specie se, come sembra, Giuli-Mazzi, sono determinati ad “aprire” la kermesse menottiana puntando all’estero, a sviluppare e mettere a reddito il proprio patrimonio artistico (che si realizzi il famoso Museo del teatro voluto dal compianto sindaco Fabrizio Cardarelli) a cominciare seriamente una ricerca di sponsor di rilievo, interessati veramente alla manifestazione e non certo ad assistere ai soli balli di poltrone.
Per il momento, ma solo per ora, l’unica figura ad aver trovato un salvagente è Paola Macchi, che Sisti, in barba ai poteri facenti capo al Ministro, avrebbe voluto nominare già d.g.. Dovrà accontentarsi (si fa per dire) del ruolo di direttore amministrativo e della organizzazione fino alla fine del mandato del board (2027). Che niente non è. Ma con poteri che, in caso di nomina di un direttore generale, andrebbero di fatto riducendosi.
Ministro, le nomine
Per il direttore artistico – Sisti queste estate ha imprudentemente “confermato” la Veaute, trattandosi di una carica di stretta competenza ministeriale – i bene informati assicurano che il Ministro Giuli avrebbe nel cassetto almeno tre nomi: quello dell’affermato registra teatrale Damiano Michieletto (che a Spoleto è già stato protagonista di una straordinaria rappresentazione di Orfeo ed Euridice), del maestro Umberto Nicoletti Altimari (anche lui di casa a Spoleto avendo collaborato anche con Gian Carlo Menotti) e di un direttore di orchestra il cui nome resta blindato. Su quest’ultimo è definitivamente sfumata l’ipotesi di Sir Antonio Pappano, anche questo “bruciato” anzitempo dal sindaco che deve ancora mantenere la promessa della cittadinanza onoraria.
Tra nuova sede e studi economici congelati
Se Statuto, nomina del d.a. e nuovo assetto del management restano le priorità per risollevare una manifestazione che da qualche anno “produce” sempre gli stessi numeri, a seguire c’è da comprendere cosa abbia in mente il primo cittadino circa la nuova sede del Festival di cui non ha fatto mistero (con la fedele assessora Albertella) di volerla trasferire nel vecchio convitto femminile, oggi di proprietà Invimit (controllata da Inps), di piazza Carducci. Stabile, che a seguito di accordi tra l’ex giunta Cardarelli e l’immobiliare sarebbe dovuta diventare una senior house per pensionati pubblici autosufficienti.
Con quali risorse verrebbe destinata a sede del Festival (e forse di ostello per giovani artisti) non è stato chiarito.
Non di meno sarebbe interessante sapere che fine ha fatto lo studio che l’Università di Perugia aveva avviato su Festival Spoleto e Umbria Jazz per comprendere le ricadute economiche sulla città e quali strategie attuare per migliorare la performance. In molti, tra esercenti e pubblico del teatri, ricorderanno i questionai realizzati da docenti di Politica economica e dottorandi. Era luglio 2022. Ebbene ad oggi, a quanto è dato sapere, lo studio manca ancora di dati di bilancio che il Festival, nonostante la Convenzione debitamente sottoscritta, non è intenzionata a rilasciare.
Un po’ come le richieste finite nel cestino di chi, tra i membri dell’assemblea dei soci (in quota all’opposizione, neanche a dirlo), almeno fino al 2023 voleva legittimamente conoscere il dettaglio di spese, incassi, biglietti venduti e regalati. La scelta è stata la più facile: far fuori le voci scomode. Anche se in assemblea, ahi loro, al fianco di Matteo Filippi è entrato il consigliere Cintioli affatto intenzionato a dire “signorsì” o “signorasì”. Da capire quale posizione prenderanno le altre 2 elette in quota alla minoranza, Paola Santirosi e Marta De Angelis.
Prima, apre l’Hadrian di Wainwright
Intanto, mentre l’orologio scorre in favore di chi ha interesse a guadagnare tempo, qualcosa si muove sul programma della prossima edizione del Festival dei 2 Mondi (27 giugno – 13 luglio 2025), ovviamente top secret per tutti o quasi.
Non per qualche mecenate che, non è ben chiaro il motivo, continua ad avere accesso a informazioni che più propriamente dovrebbero essere annunciate a quei tour operator che avrebbero il ruolo strategico di promuovere la città e la sua manifestazione.
Monique Veaute, a quanto pare, intende chiudere questo ciclo di direzione artistica con un’opera destinata a far discutere (e ci può stare), chissà se piacerà ai vertici, a cominciare dal Ministro Giuli.
A quanto può anticipare Tuttoggi si tratta di Hadrian di Rufus Wainwright su libretto di Daniel MacIvor per la direzione (probabilmente) di Peter Hinton. Non certo una prima mondiale (ha debuttato in Canada nel 2018) e nemmeno europea (Spagna 2022), di certo la prima volta in Italia per una rappresentazione che si preannuncia dai temi delicati quanto pruriginosi: l’amore dell’imperatore Adriano distrutto dalla morte del suo amante Antinoo, annegato nel Nilo. Mentre Roma chiede al Re di prendere decisioni di fronte ad una grave minaccia per l’impero, Adriano esce dalla dimensione temporale per incontrare nuovamente il suo amato e scoprire cosa è successo sul Nilo.
Una bella scommessa per la d.a. che lascia la Prima al cantautore americano-canadese, il cui talento musicale è riconosciuto da nomi quali Elton John, Sting, Morrisey, John Mayer, acclamato per la sua “popera” o “baroque pop” e per i testi densi di allusioni alla letteratura come alla politica (celebre la sua “Gay Messiah”). L’ultima sua apparizione in Italia risale al 2014, ospite di Sanremo, che suscitò le polemiche dei Papapboys.
Nota certamente positiva la quasi certa esibizione, nei panni di Hadrian, del baritono Thomas Hampson, voce che ha interpretato opere di Mozart, Rossini e Verdi, nominato Cavaliere delle arti e lettere della Royal Accademy inglese e della Medaglia d’onore austriaca per le arti.
Per Wainwright si tratta di un ritorno al Festival: nel 2010, nei primi anni della direzione di Giorgio Ferrara, commosse il pubblico del Teatro Nuovo presentando in anteprima “All days are nights: songs for Lulu”, concerto che si arricchì del contributo dell’orchestra Berliner Ensemble, nell’esecuzione di tre “Shakespeare sonette”, musicati dallo stesso Wainwright (andati in scena al Festival per la regia di Bob Wilson). Qui la recensione della memorabile serata a cura di Francesco De Augustinis per lo Spoletofestivalcorner di Tuttoggi.
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(in home page una locandina di Hadrian per le foto di Michael Cooper)