Dopo il successo ottenuto con La signorina Giulia, Leonardo Lidi torna al Festival dei Due Mondi con un altro grande classico del teatro moderno: Il gabbiano, capolavoro di Anton Čechov, nuova produzione dal Teatro Stabile dell’Umbria in collaborazione col Festival dei Due Mondi.
Il debutto ieri, 7 luglio, in un Teatro Caio Melisso stipato di pubblico.
Capovolgendone il punto di vista, Lidi racconta la storia di un Gabbiano che viene ucciso per la mano vigliacca di un giovane in riva al lago. “Se il pennuto fosse ancora in vita, e soprattutto se potesse parlare» commenta il regista “avrebbe tutto il diritto di chiedere al suo assassino, il giovane Kostantin, il perché di tanta ingiustificata cattiveria. E Kostantin, dall’alto del suo misero dolore, potrebbe balbettare qualcosa sulla sua infelicità, sul suo continuo fallimento, e su quanto non sia corrisposto dalla giovane Nina“.
Ispirato in questo suo ultimo lavoro dalle canzoni di Enzo Jannacci, in particolare da Ecco tutto qui, Leonardo Lidi ci mostra come l’amore, il «maledetto amore», sia alibi e distruttore in un mondo in cui la cattiveria «lascia sempre qualcuno a ballare con la scopa».
Il lago, sulle cui rive si consuma la tragedia, racchiude l’amore di personaggi distratti, nessun protagonista, gente che si annoia e che un po’ annoia anche noi, individui non troppo interessanti, vestiti con “pantaloni a scacchi e scarpe bucate”.
“Anton Čechov – conclude Lidi – mi fa comprendere che alla fine non c’è niente da vincere e che nessuna situazione si può gestire fino in fondo, mi rassicura e mi abbraccia raccontandomi che il mordente è roba giovanilistica e che questa mania di controllo che tanto ci tranquillizza va mandata lentamente a quel paese”.