Spoleto59, le ombre di una buona edizione | Svelato il mistero dei fuochi - Tuttoggi.info

Spoleto59, le ombre di una buona edizione | Svelato il mistero dei fuochi

Redazione

Spoleto59, le ombre di una buona edizione | Svelato il mistero dei fuochi

Il cartellone che si sovrappone e replica | Menotti dimenticato | Censura sulle immagini, l'apprezzamento degli artisti
Dom, 17/07/2016 - 17:51

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di Carlo Ceraso e Sara Cipriani

E’ passata una settimana dalla fine della 59esima edizione del Festival dei Due mondi, un’edizione che ha dichiarato un nuovo incremento di partecipazione e incassi, confermando il trend continuamente in ascesa dei nove anni di gestione Ferrara. Chiusi i sipari, riposte le sedie, terminate feste e liberate le piazze la Città ducale torna al suo passo quieto di cittadina di provincia un po’ snob. E recuperata la tranquillità, ci sbilanciamo a sottolineare alcune criticità della kermesse culturale umbra.

Il cartellone

Un programma ricco e denso di appuntamenti, i cui numeri sono stati molte volte ricordati, ma concentrato tutto nei fine settimana per raccogliere il turismo veloce pre-ferie estive ed agevolare la vendita di biglietti in offerta con le card. Un festival che sovrappone prime a prime, eventi collaterali a inaugurazioni di mostre e aperitivi vernissage. Un festival tutto da correre, con flussi di spettatori come eleganti greggi in costante migrazione da un teatro all’altro, in preghiera perché l’estro artistico del regista di turno non faccia perdere la coincidenza con il palcoscenico successivo. Un festival concentrato sempre e solo dal venerdì alla domenica sera, nel quale anche quest’anno si sono alternate prime assolute di spettacoli prodotti per il Festival come ‘Le Nozze di Figaro’ sotto la regia del direttore artistico o che dal festival sono state tenute a battesimo come l’apprezzata Filumena Marturano di una ‘debuttante’ Liliana Cavani, per la prima volta alle prese con le tende del teatro.  Qualche prima italiana di spettacoli ormai in giro per il mondo da un bel pezzo, vedi 1984 diretto dal multidisciplinare Tim Robbins che quest’anno al festival si è sbizzarrito tra prosa impegnata e concerti country. E qualche spettacolo, di pregio senza dubbio, che ha riproposto a Spoleto mise en scène in tournée in Italia ormai da tempo, vedi il Giulietta e Romeo su coreografia di Youri Vàmos, la cui prima mondiale va ricercata a Berlino a fine anni novanta e quella nazionale è ‘vecchia’ ormai di 15 anni. Da un Festival come quello dei Due Mondi, visto anche il finanziamento pubblico ancora accordato, ci si aspetterebbe forse un maggior investimento sulla sperimentazione e nuovi talenti da scoprire.


Tra passato e presente

Sulla necessità di ricordare o meno la figura di Gian Carlo Menotti, che di artisti ne ha scoperti parecchi a Spoleto, si è discusso e si discuterà ancora per molto tempo. Se Ferrara, che ha il sacrosanto diritto di ‘interpretare’ il Festival come meglio crede, continuerà a fare spallucce di fronte a una esigenza reclamata dalla città e non solo.

Non si può annebbiare la memoria di chi ha segnato un secolo di storia musicale e artistica a livello mondiale: ne sono dimostrazione i tanti teatri che eseguono le sue musiche. Né si può scaricare responsabilità sul municipio, che il 1 febbraio, in occasione dell’anniversario della morte, ricorda la figura del Maestro con un concerto ad hoc. Non farlo nel giorno della nascita, il 7 luglio, in piena kermesse, è un contro senso.

Senza andare troppo lontano, basterebbe guardare al Festival di Montreux, quest’anno al suo 50mo, che ricorda il suo fondatore Claude Nobs. O, per restare in tema di istituzioni, qual è appunto il Festival, l’Arma di carabinieri che ogni anno, da un paio di secoli circa, ricorda il suo primo generale comandante Giuseppe Thaon di Revel.

Ferrara corre poi un altro rischio. Nel replicare le presenze per esempio di Bob Wilson, dell’ormai compianto Luca Ronconi, di Tim Robbins, rischia di caratterizzare il ‘suo’ festival come fosse una sorta di pentapartito, al cui timone sono in diversi.


Svelato il mistero dei fuochi

Pollice verso per i ‘commercianti’ di Spoleto che per il secondo anno consecutivo si sono sfilati dal dare quel contributo che per 57 anni ha reso magico il Festival con i fuochi d’artificio. E per la seconda volta in soccorso della città sono arrivati Zefferino e Maria Flora Monini, già sponsor della sezione danza della kermesse.

Un bel gesto da parte dei due imprenditori, che non toglie il dubbio: ma chi guadagna dal festival, e non sono pochi, non avverte un pizzico di dovere nel partecipare alle spese dello spettacolo più atteso e seguito dell’anno? E sì che di associazioni di categoria in città ce ne sono a iosa, ma quando si tratta di metter mano al portafogli si ritrovano tutti ad avere il braccino corto.

E per favore non invochiamo la crisi; i flussi turistici di questi mesi confermano che il trend non risente neanche della tanto vituperata tassa di soggiorno.


Media & censura

Non da ultimo andrebbe fatta una seria riflessione, da parte della Fondazione, se proprio non vuol pensarci la direzione del Festival, sulla vera novità del 2016 che ha visto praticamente telecamere e macchine fotografiche lontane dai teatri.

Persino il concerto finale è stato interdetto. Per lo staff di Giorgio Ferrara potevano bastare le immagini e le foto propinate dal Festival. Un tentativo di omologazione dell’informazione, se non di censura delle immagini. Una mancanza di rispetto per chi gli spettacoli se li studia, li fruisce con occhio critico e li rende attraverso la propria sensibilità, conoscenza e professionalità. Una mancanza di rispetto verso i lettori, obbligati ad un unico punto di vista, quello ufficiale e approvato dalle produzioni. Un cliché che sempre più spesso si ripete nelle manifestazioni di tipo culturale, non si capisce bene se per pretesa delle compagnie che vengono profumatamente pagate anche per i propri diritti o per troppa acquiescenza degli organizzatori, che pur di portare a casa l’artista passano, senza troppi complimenti, sopra agli arcinoti “3 minuti” di cronaca dovuti ad ogni spettacolo. E poco importa se poi, durante le spettacolo, tra il pubblico c’è che registra da smartphone tutto lo spettacolo e magari lo pubblica in streaming sui social network. Le clausole sono rispettate, i patti rispettati, il contratto salvo. Il diritto di cronaca, un po’ meno.

Se sia colpa antica di chi predispone i contratti o una decisione di qualche stratega della comunicazione non è dato sapere. Di sicuro quest’anno Tuttoggi.info, che del Festival è stato media partner, ha scelto di non omologarsi e non ha quindi potuto implementare quell’archivio sul Festival che raccoglie e testimonia ormai da anni e che non è, sia chiaro, né patrimonio dei giornalisti o dell’editore, ma di tutti lettori.

Ce ne scusiamo, noi, per non essere riusciti a produrre un lavoro così completo come veramente avremmo voluto, soddisfatti comunque che le nostre recensioni siano state apprezzate e raccolte direttamente dalle compagnie e dagli artisti, visto che la rassegna stampa web funziona con una sola parola chiave e si è persa il meglio del nostro lavoro. Bollani e Ovadia, per tutti. Amen

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