di Carlo Vantaggioli
Un pò “Casa di Bambola” di Ibsen, un po' “Zoo di Vetro” di Williams, “Descendents of the eunuch Admiral” è uno spettacolo che divide in due lo spettatore, come un colpo di katana. La scenografia asciutta e quasi maniacale di un ufficio moderno in un qualsiasi posto, presumibilmente, all'orizzonte di Singapore; le luci abbaglianti, bianche, al neon; la scialberia dei vestiti finto-classico dei dipendenti dell'ufficio, il silenzio assordante del nulla interrotto solo dal ticchettio di pigiamenti nervosi sulla tastiera di anonimi computer, e persino una silenziosissima fotocopiatrice, sono il pugno allo stomaco con cui si apre quello che potremmo definire lo spettacolo del Festival su cui discutere. Non ci sono possibilità di redenzione: o si ama questa piece o la si odia nel profondo… leggi l'articolo e guarda la photogallery su spoletofestivalcorner.it
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Foto Ivano Trabalza Studio per Tuttoggi.info