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Festival del Giornalismo, stop o trasloco? / La “resa” Ciccone-Potter non convince del tutto / Le reazioni

Sara Cipriani

Il Festival del Giornalismo non si fa più. Forse. Notizia già vecchia. E perché non si dovrebbe fare più? Perché il festival costa, troppo. E le istituzioni non pagano, abbastanza.
L'”annunciazione” è di ieri, comunicata con due post contemporanei, in italiano e in inglese, dai due fondatori e organizzatori delle sei edizioni dell'evento perugino. Due articoli ‘coetanei’, ma di tono completamente differente: tecnico e distaccato quello del britannico Christopher Potter; emozionale, di pancia quello della napoletana Arianna Ciccone. Stesso sunto: “non ci sono i soldi, ci fermiamo. Piuttosto che fare male, ci fermiamo”.
La notizia ha colpito molti, ma non tutti. Di sicuro ha preso alla sprovvista i grandi giornalisti e i tanti protagonisti della kermesse sull'informazione, che sono intervenuti con articoli e opinioni sui social media a tutela e difesa del più grande tra i festival di settore, almeno a livello europeo, almeno a dire degli organizzatori. E molti di loro hanno annunciato la propria presenza a Perugia, lunedì prossimo, per la conferenza stampa che Christopher e Arianna hanno indetto per spiegare a colleghi, “commercianti e cittadini” i motivi di questa decisione.
Pare sia stata invitata anche la politica a partecipare all'incontro chiarificatore – non se ne fa menzione nei post pubblicati – se non sarà troppo impegnata ad approvare finanziamenti pubblici … guarda caso proprio all'IJF14.
Vien da chiedersi dov'è la grande stampa quando situazioni simili capitano ad altri festival o ad altre associazioni. Ma qui si parla di Giornalismo, mica della Sagra della Marmellata.
Di grande Giornalismo, raccontato dai grandi dell'informazione, per altri giornalisti. Un evento vagamente autoreferenziale e stagnante sulle stesse posizioni da qualche tempo. Tanti i panel e vari gli argomenti, importanti gli ospiti, in gran parte sempre gli stessi. Poche le soluzioni proposte. Qual è il peso di un evento come questo, se non riesce a intaccare le decisioni di chi sceglie per tutti? Se oltre a seminare non raccoglie oltre ai confini del proprio parlare? Certo l’evento va preservato, ma andrebbe fatto crescere, potrebbe guardare alla formazione continua, potrebbe chiamare a prendersi delle responsabilità di cambiamento effettivo e non solo urlato o denunciato. Dovrebbe allargare le braccia a molte realtà editoriali tagliate completamente fuori. Quelle più piccole, chiamate agli stessi sforzi e doveri delle grandi. Proprio quelle meno viste, che tanto hanno da raccontare. Messe alla porta perché poco appetibili, poco adeguate al parterre di big sponsor e prime donne che calcano la passerella di Corso Vannucci, avanti e indietro da piazza Italia a piazza IV Novembre e ritorno; serie e affaccendate tra nugoli di volontari accesi dal sacro fuoco del quarto potere.
Appunto, volontari – quelli che tanto commuovono la Ciccone e possiamo intuire perché – che per giorni donano tempo ed energie, gratuitamente, orgogliosi del loro pass. Ma, in fondo, stiamo parlando di un associazione privata che organizza un evento privato e dunque a quale titolo intromettersi su gestione e contenuti? Magari perché negli anni quell'evento è stato in buona parte finanziato con soldi pubblici, quasi 700mila euro (682mila per la precisione) quelli complessivamente messi per le 6 edizioni dalla Regione Umbria, senza considerare gli altri servizi donati, come il trasporto con le navette o l'ospitalità dell’Adisu a prezzi stracciati per i volontari, tanto per citarne un paio.
La kermesse, nonostante la grave situazione di crisi in cui versa il Paese e i forti tagli operati alla Cultura, sarà – o sarebbe stato – rifinanziato dalla Regione con 120mila euro: l’impegno è ufficiale, ha la voce dello stesso assessore alla cultura Fabrizio Bracco il quale, dopo l’incontro con la governatrice Catiuscia Marini con gli stessi organizzatori, ha dichiarato in un lancio di agenzia: “Lunedì porterò in giunta regionale una delibera per lo stanziamento di una cifra […]La Regione ha sempre sostenuto il Festival”.
Difficile pensare che Ciccone e Potter non fossero a conoscenza di questo impegno, ovvero dei soldi dei cittadini messi a disposizione anche per l’edizione 2014, per l’evento che tanto porta, in termini di comunicazione, alla città di Perugia (un po' meno al resto della regione,) ma che resta di fatto sempre un evento privato, organizzato da privati. Che indubbiamente sono di quelli che il rischio d’impresa preferiscono sostenerlo solo se c’è Pantalone.
IJF già gode di un'eccezionale sostegno (100mila euro non sono bruscolini, se si pensa che al Festival dei due mondi ne arrivano la metà esatta e la regione siende nel consiglio di amministrazione, così com per gli altri grandi eventi della regione come Umbria Jazz). Ma la ‘manovra’ che Bracco si appresta a varare non sarebbe sufficiente per gli organizzatori che avrebbero chiesto (il condizionale è d’obbligo) uno sforzo di tre volte superiore. Ecco perché il Festival del giornalismo, internazionale, non si farà. O magari, a dar credito a qualche voce di corridoio, se ne andrà – irriconoscente – verso altri lidi. Se fosse così non suonerebbero casuali le parole del Sindaco Wladimiro Boccali, che in un comunicato di ieri commentava: “Il Festival del giornalismo non deve chiudere, non deve interrompersi, deve restare a Perugia dove è nato ed è potuto crescere”.
Ogni dubbio sarà chiarito dopodomani, nel corso dell’attesa conferenza stampa quando Ciccone e Potter chiariranno le loro ragioni e magari sapranno sciogliere quelle maldicenze su questo nuovo sport – praticato in Umbria anche da altri – di caricare sul ‘pubblico’ le responsabilità e l’insuccesso dei privati.
Solo lunedì si saprà la verità e se Bracco si ritroverà in bilancio 100mila euro in più. Che magari potrebbero tornare utile per finanziare quella legge regionale sugli aiuti all’editoria on line locale (quella tanto disprezzata dalla Ciccone) che il buon assessore da due anni dice di voler portare in Consiglio, seguendo così l’iniziativa già intrapresa da Regioni più sensibili alla problematica quali la Sardegna e la Toscana. Solo per citarne due.
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Foto di Pietro Viti – Conferenza stampa di chiusura della VI edizione

modificato alle 10:58 del 19 ottobre 2013