Alla fine la scaramanzia dei mocassini rossi di Giorgio Ferrara si è rivelata vincente. Il feticcio “porta bene”. La Prima del 59° Festival dei Due Mondi, Le Nozze di Figaro, è andata in scena ieri sera, 24 giugno, ed il pubblico che ha gremito il Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti, gli ha tributato ben 10 minuti di applausi, senza contare quelli al termine delle arie più conosciute. I “brava/o” del Loggione all’indirizzo dei cantanti si sono sprecati, nemmeno fossimo nei blasonati templi della lirica come Milano, Parma, Palermo o Venezia, tanto per citarne alcuni. Nessun “Buu” ma solo commenti entusiastici, inclusi quelli di addetti ai lavori come Rai5 che ha ripreso e trasmesso in diretta televisiva l’allestimento spoletino dell’opera, e che ha definito la messa in scena e la regia “Sobria ed elegante”.
Una prima molto “concreta”, si potrebbe definire lo spettacolo visto al Nuovo, per un pubblico poco incline alla mondanità e molto più convinto di ciò che andava a vedere. Niente sfoggio di mise adatte alla prima de La Scala, niente eccentricità, a parte il sindaco di Spoleto, Fabrizio Cardarelli, che con balzo atletico è sceso da una vecchia Multipla 600 degli anni ’50 davanti all’ingresso del teatro ed i pantaloni verde smeraldo e la maglietta nera con scritto “I love Spoleto” del costumista del Figaro, Maurizio Galante. Ma davanti al sindaco ed al costumista meglio alzare le mani in segno di resa.
Composta fra l’ottobre del 1785 e l’aprile del 1786, Le nozze di Figaro di Wolfgang Amadeus Mozart, è la prima delle tre opere scritte dal compositore salisburghese su libretto di Lorenzo da Ponte. Una collaborazione straordinaria che avrebbe prodotto altri due capolavori del teatro lirico quali Don Giovanni e Così fan tutte. Il soggetto del libretto fu tratto dalla commedia di Beaumarchais Le mariage de Figaro del 1781. Un intreccio serrato e travolgente, in cui donne e uomini si contrappongono nel corso di una “folle giornata”, ricca di eventi drammatici e comici e tale da consentire l’indagine musicale delle psicologie in gioco. Una satira sulle classi sociali privilegiate dell’epoca, ma anche un’acuta metafora delle diverse fasi dell’amore.
L’opera, andata in scena per la prima volta al Burgtheater di Vienna il 1º maggio 1786, è articolata in quattro atti, e narra, tra mille complicazioni, l’ardua ma vittoriosa difesa che Figaro, servitore del conte d’Almaviva, fa della propria fidanzata Susanna, insidiata dal capriccio del padrone, alla fine gabbato, deriso da tutti e costretto ad acconsentire alle nozze dei due servi. Mariti beffati, dame di compagnia scaltrissime, nobili e nobilastri, arruffapopoli e camerlenghi protodemocristiani, vittime sacrificali e quant’altro popolano la scena per 4 atti densi di recitati e colpi di scena.
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Va molto meglio negli arredi di scena, studiati e scelti da Francesca Lo Schiavo, che pur presenti in numero monacale, alla fine risultano una sorta di farmaco “salvavita” per l’intera messa in scena. Impossibile non notare il gusto per il dettaglio nella scelta di alcuni elementi come il letto a baldacchino del secondo atto nella camera della contessa o gli scranni del terzo atto della stanza del Conte.
In conferenza stampa, A.J. Weissbard ci aveva colpito molto per l’assoluta spontaneità nel dichiarare il suo amore per Spoleto ed il Festival. Il Lighting Designer americano non ha tradito le sue intenzioni sentimentali e nella composizione del progetto luci del Figaro ha messo davvero tutta la sapienza di cui è capace. Un caleidoscopio di luce dosata in quantità da alchimista ha reso viva e palpitante l’opera nei sui 4 atti senza che il pubblico potesse distrarsi su altro. I colori delle scene o degli arredi, ma sopratutto quelli dei costumi, hanno preso vita e sono stati essi stessi un elemento di movimento scenico. Un cantante in più, fuori partitura, che non ha mai stonato ed ha seguito l’orchestra in maniera impeccabile. Qualche osservatore ha raccontato che la resa di questo progetto, nella diretta televisiva, non era apprezzabile. Ma chi era presente a teatro, come anche nei commenti del dopo spettacolo, non ha potuto fare a meno di commentare positivamente il ruolo vivificante delle luci.
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Oppure gli importanti plissè, alla Roberto Capucci, dei costumi di Susanna, Barbarina e Cherubino mascherato. Un simpatico e smaliziato Antonio, giardiniere di palazzo, che sembra il Sancho Panza di Cervantes, solo molto più magro. Insomma un tripudio che avvolge l’occhio ed i sensi. Il quid che serviva.
Sprizzano freschezza da tutti i pori James Conlon e l’Orchestra Cherubini. In un opera come il Figaro di Mozart, si capisce già tutto da come verrà suonata l’overture. Un interessante esercizio anche per i meno esperti è andarsi a vedere le clip delle overture delle Nozze di Figaro dirette da bacchette famose come Riccardo Muti (fondatore della Cherubini ndr.), Claudio Abbado, Arturo Toscanini, Leonard Bernstein, Daniel Baremboim, Herbert Von Karajan, Nicolaus Harnoncourt etc. La vertigine è la velocità iperbrillante, come a volte accade a Muti. Il rischio maggiore è la pastosità quasi cameristica di Harnoncourt.
James Conlon invece, come già nel Così Fan Tutte dello scorso anno, ha una tessitura complessa molto legata alla regia. Anche se da superbo direttore qual’è non lesina l’imposizione del ritmo laddove necessario. In tutto questo la malleabilità dei giovani professori d’orchestra della Cherubini, il violino di spalla ha solo 20 anni, diventa fondamentale per una esecuzione di grande fascino. Giusto quello che ci si aspettava da una prima importante come quella del Festival dei Due Mondi.
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Mocassini rossi a parte, ormai è palese l’innamoramento del direttore artistico del Festival per le geometrie descrittive e gli astrattismi filosofici tardoromantici e anche un po’ decadenti. Un po’ Grotowski (Jerzy Grotowski fondatore del Teatro Povero) e un po’ come il suo mentore, il compianto Luca Ronconi, Giorgio Ferrara alla regia predilige l’asciugatura, la liofilizzazione, la cucina macrobiotica e l’azoto liquido. Scherzi a parte, è chiara l’impostazione del regista che dallo scorso anno ha chiaramente indicato il suo credo in termini di messa in scena operistica. Niente tintorie, niente uffici postali, niente bar, ma solo canto, comprensione e musica. Inutile insistere che nel libretto di Da Ponte il movimento dei cantanti in ambienti descrittivi è il secondo spartito musicale oltre quello scritto sul pentagramma. Ferrara del resto ha il suo carattere e finchè le ciambelle riescono con il buco inutile riempirle di crema. I gusti sono gusti.
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Come detto all’inizio molti meno Vip e più persone interessate all’opera e al Festival. Tra loro Gianni Letta e signora, Giuliano Ferrara con la moglie Anselma Dell’Olio, Corrado Augias, Chicco Testa, Carla Fendi con la sorella Anna, Catiuscia Marini in compagnia di Fernanda Cecchini e Donatella Porzi. Il presidente di Banca Popolare di Spoleto, Stefano Lado e l’ex-commissario straordinario di BpS, Gianluca Brancadoro. In rappresentanza della Fondazione Carispo, l’Avv. Salvatore Finocchi e Dario Pompili, mentre il Presidente Sergio Zinni all’ultimo minuto è stato costretto a rinunciare a causa di una influenza.
Presenti anche il Procuratore Generale Fausto Cardella ed il Prefetto Raffaele Cannizzaro, la presidente del Tribunale di Spoleto, Emilia Bellina, e la prefetto di Terni, Angela Pagliuca, il Presidente della Corte di Appello, Mario Vincenzo D’aprile.
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Foto: Tuttoggi.info (Carlo Vantaggioli)