Spoleto

Festival dei 2Mondi, trionfa “HỲBRIS ” a San Simone | Delirante e scorretto, ma affascinante

La faccia straordinariamente somigliante a quella di Antonin Artaud, più o meno lo stesso dinamismo tra il delirante e lo scorretto, questo è Antonio Rezza protagonista di HỲBRIS, lavoro scritto con Flavia Mastrella.

Si legge nel programma di sala, ” Un lavoro ontologico-umoristico, delirante-realista, psicanalitico-lunare e lunatico. Rinchiuso in un rettangolo dai lati solo disegnati in terra e quindi sempre valicabili, suggerisce un ambiente frigorifero per la conservazione della specie, dotato di qualche confort per i periodi di lunga reclusione, aperto agli infiniti dell’abiezione e della risata, del paradosso e dell’accelerazione stratosferica e incontenibile, del tormentone e dello sguardo antropologico.”

Chi c’era a San Simone ieri 8 luglio, per la replica del lavoro della coppia Rezza-Mastrella, non può che concordare su alcuni punti chiave della definizione sopra citata: delirante-realista, psicanalitico-lunare e lunatico e aggiungiamo noi, scorretto. Non è che non bastassero le altre definizioni, ma lo “scorretto” è quasi la ciliegina sulla torta. Un modo peraltro di essere “carogne” che rende la piece anche più gradevole, liberatoria, come in un grande sabba stregonesco dove tutti ballano e cantano devastati dai suoni.

L’approccio alla affabulazione che non ha contenuto semantico ma che si risolve in un impasto di suoni dove spunta qua e la una parolina vera, è proprio nell’apertura del lavoro di Rezza-Mastrella quando è chiaro dove si andrà a parare. Un profluvio di testo dove di quando in quando si dice una grande verità.

Coprotagonista insieme a Rezza è una porta, portatile, che si apre e chiude su una infinità di prospettive, ambienti, storie e situazioni che trasportano lo spettatore fin dentro il delirio (assolutamente logico) di Rezza.

Tutti gli altri attori presenti in scena oltre la porta e Rezza, sono i suoi dante causa e senza di loro tutto si risolverebbe con una porta sbattuta o magari lasciata aperta in attesa. Il che ci fa pensare che tutto diventa insopportabilmente inutile senza una relazione tra umani. Relazione di qualunque genere ovviamente, incesto dalla connotazione edil-feticista incluso.

Del resto se possiedi una porta- portatile cosa ti impedisce di aprire o chiudere su qualunque limite o situazione tu voglia oltrepassare, escludere o risolvere, chi può obbligarti al contrario?

Nessuno, ovviamente, tranne la fine prematura dei tuoi dante causa per omicidio colposo, commesso con triplice sbattuta di porta. Quando si dice, ne uccide più il rumore di una pistola!

«La porta ha perso la stanza e il suo significato, apre sul nulla e chiude sul nulla», sostengono gli autori in una specie di de profundis re-citato.

Scrive Massimo Marino in un commento al programma di sala:

Oltre le porte che vedrete aprirsi e chiudersi su vari ambienti, tanti da indurre una vertigine, da mettere in moto la paura del cambiamento, da precipitare in una molteplicità che fa temere il dilagare del nulla, oltre le porte scorgiamo un sacrificio umano. È quello di tutti noi, in fondo borghesucci in cerca di rassicurazioni e distrazioni, e degli autori, l’artista modellatrice e la meravigliosa marionetta crudele, il poeta Pinocchio de-lirante, l’attore e performer insieme. Lo splendore del corpo in movimento, ostacolato ma mai addomesticato, si offre umilmente al nostro occhio belva, scatenando torrenti di risate che vogliono spesso dire che troppo ci riconosciamo in quell’agnello portato al mentale macello e sempre fingiamo di illuderci che non narri di noi ma di quegli altri che stanno là, oltre la soglia.”

Alla fine, scava scava, a Spoleto65 siamo riusciti a trovare un vero pezzo di teatro non scritto e soprattutto non detto, re-citato. Amen! Altro che presunzione del Teatro Musicale.

Imperdibile.