Erano numerosi i cittadini che oggi a Spoleto hanno partecipato alle celebrazioni per la festa della Liberazione. Un programma iniziato come da tradizione a Forca di Cerro, dove è stata deposta una corona in memoria dei caduti jugoslavi nella Resistenza italiana.
Il clou delle celebrazioni si è svolto però in piazza della Libertà, dove autorità civili e militari, associazioni e semplici cittadini si sono ritrovati davanti alla lapide ai caduti di palazzetto Ancaiani per la deposizione della corona d’alloro e l’intervento delle istituzioni.
Dopo che un picchetto in armi del primo Reggimento Granatieri di Sardegna – 2° Battaglione Cengio ha reso gli onori militari ai caduti della Liberazione, c’è stato lo spazio per il discorso del sindaco Fabrizio Cardarelli e del presidente dell’Anpi di Spoleto Gian Paolo Loreti, con quest’ultimo che ha donato un libro sulla Resistenza al comandante della Compagnia carabinieri di Spoleto, capitano Marco Belilli. La giornata è stata caratterizzata anche da musiche partigiane e dalla lettura del racconto inedito di Maria Giovanna Sabatini “Una storia di ordinaria violenza” da parte di Anna Leonardi e Marco Rambaldi. La mattinata è proseguita in piazza Campello, con le iniziative del 25 aprile proseguite anche nel pomeriggio.
“La ricorrenza che oggi ci unisce qui, per celebrare il 72° anniversario della Liberazione, – sono state le parole del sindaco Cardarelli – rappresenta un momento di riflessione di straordinaria importanza. Ricordare il 25 aprile è una necessità, un imperativo, un valore da ribadire. Perché esiste il rischio che la patina di ufficialità e di solennità facciano cadere in secondo piano i reali motivi che ci spingono ad essere qui presenti, oggi. Motivi tragici, di drammatica e inesorabile concretezza. Motivi come il sacrificio, la sofferenza, il dolore, la perdita. Tragedie accadute ai nostri parenti più prossimi, agli amici, a quei concittadini – ha ricordato il primo cittadino – che hanno combattuto per restituire al paese la dignità e la libertà. Eppure il 25 aprile genera sentimenti contrastanti, accanto alla narrazione tragica e luttuosa che la sottende, riesce ad unire, come un ossimoro, emozioni e umori diametralmente opposti. Se infatti ricordare la Liberazione significa evocare un periodo oscuro e angoscioso, nessuna festa come questa fa leva sulla speranza, sul desiderio di giustizia, sulla passione per la vita. Un’elaborazione del lutto che serve per ripartire con diversa consapevolezza e forza interiore, consci che gli errori del passato sono premessa indispensabile per un presente di democrazia e di armonia e presupposto ineludibile per costruire un futuro migliore.
Bene allora ha fatto il nostro presidente Mattarella – ha aggiunto Cardarelli – a rimarcare come quello del 25 aprile sia momento originario per la democrazia, scaturigine di tutti quei valori su cui si fondano le basi del nostro Stato, i pilastri etici della nostra convivenza, valori – come il rispetto per il prossimo, la dignità, la giustizia, l’uguaglianza, la libertà – che furono barattati in nome di un presunto ideale di grandezza che ha creato oscurantismo, odio razziale, sofferenza, sopraffazione, negazione dei diritti primari della persona. Proprio per evitare tutto questo, tanti hanno combattuto e hanno perso la vita. A Spoleto in particolare dopo gli eventi dell’ottobre del 1943, quando prigionieri italiani e jugoslavi riuscirono a scappare dal carcere della Rocca e ad organizzare sacche di resistenza nei paesi e nei centri della montagna spoletina. Ma il sacrificio di tanti uomini non sarà vano se si continuerà a credere che quel patrimonio di valori deve essere trasmesso con tenacia e convinzione alle future generazioni. E l’idea di futuro e di speranza risuona nelle parole che nel 1951 l’allora Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi pronunciò in occasione del conferimento alla città di Spoleto della medaglia d’argento al valore civile. Quelle parole, incise su una lapide affissa alla facciata di Palazzo Comunale, – ha concluso il sindaco – parlano di una Spoleto che sopportava la tragedia eroicamente ‘sacrificando la vita di numerosi suoi figli ma mai piegando nella sua fede in una Italia migliore’”.