Città di Castello

Dal femore rotto al Covid, 78enne dimessa dopo 50 giorni. Il grazie all’ospedale

“Ringraziamo dal profondo del cuore tutto il reparto di Medicina 3 e la Rsa dell’ospedale di Spoleto, per la generosità e la cura nei momenti peggiori della vita di mia madre”.

Queste le parole piene di gratitudine di Simonetta Verni Russo nei confronti degli operatori sanitari del San Matteo degli Infermi di Spoleto, che ha accolto e guarito dal Covid-19 la madre 78enne.

Un calvario iniziato il 7 gennaio

Mamma Adriana, classe 1943, di Pierantonio (Comune di Umbertide) era stata ricoverata il 7 gennaio scorso all’ospedale di Città di Castello per la rottura del femore e successivamente trasferita – dopo l’intervento chirurgico – alla clinica Prosperius di Umbertide per la riabilitazione. Qui, la sera di giovedì 21 gennaio, a seguito di sintomi, la donna è risultata positiva al Coronavirus.


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Il giorno dopo – 22 gennaio – si è dunque reso necessario il trasferimento alla prima struttura Covid con un posto letto disponibile, ovvero l’ospedale San Matteo degli Infermi di Spoleto, dove la diagnosi parlava di polmonite da Covid e trombi agli arti inferiori.

25 giorni di ossigeno e 7 settimane senza visite

Nei primi 25 giorni – racconta la figlia Simonetta – mamma ha avuto l’ossigeno giorno e notte. Ma tutti gli operatori sanitari di Spoleto, per 34 giorni, si sono presi cura di lei. In tutto sette settimane senza possibilità di visita alcuna, in nessuna delle tre strutture ospedaliere che l’hanno accolta da quel 7 gennaio; unico contatto possibile tramite un semplice cellulare per anziani, con cui mantenere vivi i rapporti”.


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Le dimissioni e l’inizio di un altro percorso

Poi, lo scorso 25 febbraio, ecco le dimissioni ma con l’inizio di un altro percorso: la riabilitazione, che sarebbe dovuta avvenire a suo tempo, e il recupero psicologico. Adriana è infatti crollata molte volte, passando tanti pomeriggi a piangere e contare i giorni per il ritorno a casa.

“Per fortuna mamma – aggiunge Simonetta – ha comunque trovato il conforto di chi, purtroppo abituato a questa nuova modalità di lavoro, con una semplice battuta o sorriso, sapeva di essere l’unico contatto possibile in quelle ore. Resta la gioia di riprendere in mano la propria vita e di lasciarsi alle spalle gli incubi peggiori. Alla fine si è fortunati quando tutto si può raccontare”.