Che un reparto di psichiatria non fosse un luogo adatto per contenere la pericolosità di un giovane che ha ucciso a coltellate la madre, Anna Maria Cenciarini, perché la riteneva responsabile dei suoi mali, era ben evidente. Che quel reparto potesse ospitarlo temporaneamente, in attesa di una sistemazione più congrua, ovvero una Rems come imporrebbe la legge, lo auspicavano in molti. Ma che il “repartino” diventasse la residenza fissa per Federico Bigotti nessuno lo avrebbe mai creduto. E, adesso che si stanno verificando i primi problemi, aumentano le voci di coloro che chiedono che il ragazzo venga trasferito altrove perché potrebbe essere pericoloso, come sin dal primo momento hanno fatto i suoi legali, Francesco Areni e Vincenzo Bochicchio.
Il diverbio – Da poco infatti, sono stati gli stessi medici del “repartino” dell’ospedale di Perugia a segnalare che c’era stato un diverbio tra lui e un altro ospite della struttura e che il giovane, ultimamente, sta dimostrando comportamenti che denotano insofferenza. Nessuno lo dice a voce alta ma è evidente che la paura comune è quella che Federico, giudicato incapace di intendere e di volere, possa nuovamente usare la violenza contro qualcuno che lui ritiene colpevole di avergli fatto qualche sgarro.
La relazione – E allora, dal “repartino”, è partita una relazione indirizzata al magistrato di sorveglianza di Perugia che segue il caso. Il problema però è un altro: lo stesso magistrato, già in passato, aveva provato a sollecitare nuovamente il collocamento di Bigotti in una Rems, ma il Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria aveva risposto picche, per l’ennesima volta, dicendo che non c’è posto in nessuna struttura d’Italia per Federico Bigotti. Ma, se il ragazzo dovesse di nuovo usare violenza verso qualche altra persona, chi si assumerebbe questa responsabilità?