Un libro autobiografico (con tanto di foto) a cuore aperto. E’ quello del 75enne don Antonio Mandrelli, parroco della Chiesa della Madonna delle Grazie a Castelfranco di Pietralunga, catapultato alla ribalta delle cronache nazionali nel 2019 come “prete dei fucili”, per aver dichiarato, dopo un furto in canonica, di essere a favore della legittima difesa anche con l’uso delle armi.
“Se di giorno o di notte cerca di entrare in casa senza chiedere il permesso è un probabile ladro o assassino, per questo mi riservo di sparare almeno in alto, per intimorirlo, o alle gambe, se il ladro volesse forzare la porta” scrive nelle prime pagine della sua opera – distribuita in queste settimane proprio a Pietralunga – e dove il Don si racconta davvero a 360°, partendo proprio da ulteriori piccoli furti subiti negli anni, a cui però le forze dell’ordine “hanno dato ben poca rilevanza”.
Fin dalle prime righe il parroco di Castelfranco sottolinea con orgoglio di essere stato anche un ex insegnante delle scuole primarie e del liceo e, tuttora, un “piccolo impresario agricolo“ con 20 ettari di terreno a sua disposizione, dove da sempre, con il suo “immortale” trattore Fiat 640, si dedica alla coltivazione di patate e alla raccolta del tartufo (la “pepita d’oro” di Pietralunga). Don Antonio racconta anche il suo “tentativo” di andare a caccia, fallito subito dopo il rammarico per aver ucciso un animale: la caccia sarebbe stato anche il motivo della presenza in casa dei suoi due fucili, sequestrati entrambi dai carabinieri dopo le innumerevoli strumentalizzazioni mediatiche.
Ma gran parte dell’autobiografia del 75enne è dedicata alle varie donne che ha conosciuto nella sua vita, alcune delle quali hanno davvero messo a dura prova la sua incrollabile fede in Dio. Tra queste vi sono la “ragazzetta delle campane”, la bionda di Todi – il suo primo vero “colpo di fulmine” a 20 anni che ha messo davvero in crisi la sua via al sacerdozio – , la “ragazza della curva”, la “moretta di via del Corso”, una ex alunna – per la quale, nonostante la differenza d’età, prese “una vera e propria sbornia” – e la perugina (dopo i 40 anni) “con cui se fosse andata avanti avrei lasciato il sacerdozio”.
Tutti aneddoti, quest’ultimi, che non possono non richiamare la recente vicenda dei due parroci di Città di Castello, tornati allo stato laicale proprio per amore. Anche se don Antonio, religioso vecchio stampo, ci tiene a sottolineare: “Per me la Provvidenza ha voluto diversamente e resto sereno con bellissimi ricordi. Tutto sommato sono contento di essere rimasto prete e di esercitare finché Dio vorrà la mia missione”.
Ma un passaggio curioso è quello dove Mandrelli spiega il motivo principale per cui si sarebbe deciso a elencare le sue avventure amorose: “Mi sono deciso a raccontare la mia vita per dimostrare che non tutti i preti sono gay, anche se rispetto quest’ultimi” aggiunge don Antonio, che non esita comunque a bacchettare anche la sua categoria: “Alcuni religiosi non rispettano le norme morali, il sacerdote deve essere prima uomo retto e onesto poi credente”.
“Il prete dei fucili si confessa” – questo il titolo del libro di don Antonio – scava dunque a fondo nella vita del parroco di Castelfranco, che attraverso il suo racconto schietto e diretto descrive soprattutto l’uomo che c’è dietro l’abito talare, con tutti i suoi vizi e virtù. E il 75enne non omette davvero nulla: neanche su quelle voci infondate ma insistenti sul fatto che, quando era parroco novello, avesse avuto un figlio con una donna “mai conosciuta”. Le solite chiacchiere gratuite della gente “la cui fantasia – commenta Mandrelli – spazia molto quando si tratta di sospettare sui preti“. E a giudicare da quello che accade ancora oggi, nulla è davvero cambiato rispetto a 50 anni fa…