Tre persone arrestate, 7 raggiunte da obbligo di firma ed un sequestro preventivo per un valore di oltre 1 milione di euro. È l’inchiesta della Procura di Perugia che coinvolge – tra gli altri – due imprenditori edili del territorio ed un consulente del lavoro raggiunti oggi da un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip perugino ed eseguita dai militari del Nucleo di polizia economico-finanziaria e del Servizio centrale di investigazione sulla criminalità organizzata.
Vari i reati contestati ai 10 indagati: trasferimento fraudolento di valori, emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, autoriciclaggio, ricettazione, indebita percezione di erogazioni pubbliche, falsità ideologica e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Le indagini sono state avviate nel 2020 e condotte dai finanzieri del Gruppo d’investigazione sulla Criminalità organizzata di Perugia, con il supporto dello Scico di Roma, con l’impiego delle più avanzate tecniche di investigazione, oltre ad appostamenti, pedinamenti, esame di documentazione contabile, amministrativa e finanziaria. Ne è emerso un articolato quadro indiziario in relazione a plurimi casi di intestazioni fittizie di quote societarie ed immobili, di emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e di reimpiego dei connessi proventi illeciti, riconducibili a soggetti già gravati da precedenti penali o di polizia per associazione mafiosa o destinatari di misure di prevenzione.
Sono, inoltre, emersi casi di indebita percezione di contributi pubblici erogati per fronteggiare l’emergenza Covid, ma anche episodi di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, attraverso fittizi rapporti di lavoro a favore di cittadini extracomunitari. L’obiettivo finale, infatti, era quello di far loro ottenere il permesso di soggiorno nell’ambito delle procedure relative a badanti e braccianti agricoli.
L’inchiesta è scaturita dagli approfondimenti di natura patrimoniale nei confronti di un imprenditore edile calabrese, da anni residente nella provincia di Perugia, già sottoposto alla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza ed attualmente imputato in altro procedimento, per il reato di cui all’art. 416-bis c.p. (associazione di tipo mafioso) – quale affiliato alla cosca della ‘Ndrangheta Farao-Marincola – che avrebbe attribuito fittiziamente a propri familiari la titolarità di una nuova azienda. In questo modo avrebbe cercato di eludere l’applicazione di misure di prevenzione patrimoniali ed agevolare il riciclaggio di proventi illeciti. Dai successivi sviluppi è emerso, inoltre, che tanto la nuova impresa quanto la preesistente azienda operavano come “serbatoi” di manodopera, illecitamente somministrata a terzi, attraverso la stipula di contratti di appalto ritenuti di natura fraudolenta.
Come accertato, infatti, anche dai funzionari dei competenti uffici dell’Inps e dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro, il personale formalmente assunto dai soggetti appaltatori era, in realtà, stabilmente alle dipendenze del committente (una storica società perugina attiva nel settore della fabbricazione di prodotti in calcestruzzo) che dettava le direttive, elaborava i piani di lavoro e ne definiva le concrete modalità di esecuzione, esercitando poteri assoluti di controllo, esautorando, di fatto, gli appaltatori da ogni autonomia organizzativa, riducendosi, quest’ultima, alle funzioni dì mera gestione amministrativa dei rapporti di lavoro, senza assunzione del rischio d’impresa. Ciò, secondo gli inquirenti, sarebbero tutti indici rivelatori della non genuinità dei contratti di appalto e della esternalizzazione di fasi o cicli del processo produttivo. Di conseguenza, le fatture relative ai contratti sono state ritenute giuridicamente inesistenti, atteso che, secondo l’orientamento ormai consolidato della Corte di Cassazione, la fattura indicante una prestazione di servizi nell’ambito di un appalto, che cela una somministrazione di manodopera di carattere fraudolento (in quanto tesa ad un illecito risparmio di spesa sul trattamento economico e previdenziale del personale), costituisce documento contabile inerente ad operazioni che giuridicamente non esistono, integrandosi, pertanto, i delitti tributari di emissione di fatture per operazioni inesistenti e dichiarazione fraudolenta mediante fatture per operazioni inesistenti.
Figura cruciale è risultata essere quella di un consulente del lavoro dì origine calabrese che, oltre a mettere a disposizione le proprie competenze professionali per la realizzazione del sistema fraudolento descritto, si sarebbe adoperato a favore di numerosi pregiudicati, al fine di consentire agli stessi il raggiungimento di indebiti benefici, attraverso la perpetrazione di vari reati.
Fra i “beneficiari” delle illecite prestazioni professionali, affluiti dal provvedimento cautelare, figurano un soggetto già condannato in via definitiva per associazione mafiosa in quanto considerato affiliato al clan camorristico dei Casalesi, un imprenditore edile calabrese, attualmente imputato per reati aggravati dal metodo mafioso, un soggetto pugliese, responsabile anche della ricettazione di orologi contraffatti, ed un pregiudicato di etnia rom di Bastia Umbra. Quest’ultimo, dietro compenso, avrebbe favorito l’ingresso illegale nel territorio dello Stato di numerosi soggetti extracomunitari, procurando loro fittizi rapporti di lavoro.
In questo ulteriore filone, risultano coinvolti anche una cittadina cinese e quattro soggetti residenti a Perugia e nei comuni limitrofi, nonché una persona originaria dello Sri Lanka, residente a Gualdo Cattaneo.
Visti i gravi indizi di colpevolezza nei confronti dei soggetti indagati per i reati a ciascuno provvisoriamente contestati, il giudice per le indagini preliminari ha ritenuto sussistenti i presupposti per l’applicazione di misure cautelari, disponendo la custodia in carcere nei confronti di un imprenditore di origine calabrese e del consulente del lavoro, e gli arresti domiciliari per un altro imprenditore edile calabrese indagato per intestazione fittizia ed indebita percezione di erogazioni pubbliche. Infine, è stato disposto l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria nei confronti di sette persone, a vario titolo, coinvolte. Con l’ordinanza è stato disposto infine, il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, del capitale sociale e del compendio aziendale di 6 imprese, di immobili (fra cui un intero complesso residenziale di recente costruzione), autovetture e disponibilità finanziarie per un valore complessivo di oltre 1 milione di euro.