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Fase 2 Coronavirus, il Governo frena le riaperture anticipate in Umbria: ecco perché

Il pressing su Roma per anticipare le aperture di negozi e altre attività nella Fase 2 dell’emergenza Coronavirus non ha fatto cambiare idea al Governo. E così anche in Umbria, la regione con l’indice di contagio più basso (dove il 63% delle attività è stata dichiarata a basso rischio) dovrà tenere le saracinesche chiuse.

Il ministro Francesco Boccia, che dopo il confronto con le Regioni si era preso qualche giorno di tempo per rappresentare al presidente Conte le istanze dei governatori, ha risposto loro con una lettera. “Ritengo imprescindibile – vi si legge – che le ordinanze delle Regioni prevedano, espressamente, il rispetto dei protocolli per la sicurezza dei lavoratori che saranno individuati con apposite linee guida definite dal Comitato tecnico scientifico e dall’Inail”. E poiché i protocolli di Inail e Comitato scientifico non sono pronti, niente aperture anticipate. Perché il ministro ha chiesto alle Regioni di “dare assicurazione che non verranno disposte aperture in assenza dell’individuazione dei predetti protocolli“.

A sostegno della linea dura del Governo, il ministro ha ricordato che ogni giorno si infettano 300 italiani sul posto di lavoro. Un altro tema caldo, questo, per gli imprenditori. Dall’Umbria il presidente del Calzaturiero di Confartigianato (che è anche membro del Direttivo nazionale) Gianni Smacchi, lancia l’allarme: con le regole attuali l’imprenditore rischia di rispondere penalmente se un suo dipendente contrae il Covid, senza poter dimostrare dove sia effettivamente venuto il contagio.

D’altra parte – rileva sempre Smacchi a proposito della moda, con un fenomeno che però riguarda diversi settori – se non riaprono i negozi rischiano di chiudere anche le imprese di manifatturiere, che hanno i magazzini pieni di merce invenduta, spesso stagionale.

Obiettivo 18 maggio

In fondo, l’ulteriore stop del Governo ad ogni ipotesi di anticipo era scontata. L’Esecutivo – secondo quanto prospettato dal ministro Boccia – era pronto a concedere riaperture anticipate dal 18 maggio a quelle regioni che avessero mostrato indici (di contagio, di risposta sanitaria e di capacità di monitoraggio) adeguati. Monitoraggio sulle regioni secondo le linee stilate dal Ministero della Salute che dovrebbe iniziare lunedì 11 maggio.

A questo punto, c’è da chiedersi se una settimana basterà ad Inail e Comitato scientifico per definire queste linee guida che tengono ancora abbassate tante saracinesche. Anche se il ministro Bocci ha confermato che dal 18 maggio si potranno attuare delle aperture differenziate per regione. Con il ministero della Salute che da giovedì metterà a confronto i dati regionali sull’andamento del contagio (aggiornamento 10 maggiore ore 15).

Governatori in ordine sparso

I governatori, che si erano accordati sulla linea dell’11 maggio, a questo punto procedono in ordine sparso. L’hanno già fatto le Regioni e le Province autonome, come Bolzano. Dove, proprio in virtù dello Statuto speciale, si sono decise le riaperture in deroga alle norme del Governo. Che ha provveduto ad impugnare i provvedimenti locali.

In Calabria il Tar di Catanzaro ha dato ragione al Governo che ha fatto ricorso contro l’ordinanza della presidente Santelli. Che però è pronta a sfidare nuovamente Roma, confidando nei tempi della giustizia amministrativa: in attesa dell’eventuale stop dei giudici, gli esercenti potrebbero restare aperti un’altra settimana.

Ed i presidenti del centrodestra che sono pronti ad andare allo scontro se non avranno risposte dal Governo entro mercoledì.

Il nodo dei sindaci

C’è però anche il nodo dei sindaci. Perché come avvenuto in Calabria, in caso di ordinanza regionale, sono poi i sindaci a poter decretare la nuova chiusura delle attività sul loro territorio. Scontri tra i vari livelli istituzionali su cui pesa ovviamente anche il colore politico delle varie amministrazioni contrapposte.

La linea dell’Umbria

La presidente della Regione Umbria, Donatella Tesei, finora ha scelto la linea della correttezza istituzionale. Pur avendo criticato pesantemente il Governo per la decisione di non prevedere, finora, delle riaperture diversificate sul territorio regionale.
Per questo, anche nel calendario umbro della Fase 2, lo studio redatto con l’ausilio dell’Università di Perugia e di un Comitato scientifico locale era stato posto a disposizione del resto d’Italia. Proprio per non dare l’impressione che l’Umbria volesse fare una fuga in avanti. E questo nonostante alcuni consiglieri di maggioranza prospettino a questo punto di forzare la mano.

Niente ordinanze in deroga

Ma l’Umbria non è andata allo scontro con Roma, recependo finora le direttive nazionali. Come dimostrano anche i casi relativi alla pesca ed all’addestramento cani. Niente ordinanza regionale, si applicano le norme del Dpcm. Anche se questo, di fronte alle osservazioni del prefetto di Perugia, ha costretto la Regione a tornare indietro sulle interpretazioni estensive in merito alla pesca nei laghetti ed all’addestramento cani nei centri cinofili.