Nella prima parte del 2024 l’attività economica umbra si è confermata debole. L’indicatore trimestrale dell’economia regionale (ITER) evidenzia una crescita del prodotto dello 0,2% rispetto al primo semestre dell’anno precedente, una dinamica leggermente più contenuta rispetto a quella osservata nel Paese (0,4%).
L’indicatore coincidente Regio-coin, che fornisce una stima dell’evoluzione delle componenti di fondo dell’economia regionale, è rimasto in territorio negativo, a conferma del peggioramento del quadro congiunturale in atto dalla primavera dello scorso anno.
Le difficoltà del tessuto produttivo hanno cominciato a riflettersi anche sulla demografia di impresa: è tornato a crescere il numero delle cessazioni, che ha ampiamente superato quello delle iscrizioni.
Nell’industria il clima di fiducia delle imprese si è deteriorato. È proseguito il calo del fatturato in relazione al perdurante contributo negativo della domanda interna; le esportazioni sono invece tornate ad aumentare, nonostante il calo degli acquisti dalla Germania, principale mercato di sbocco delle merci umbre. La scarsa vivacità dell’attività economica e i tassi di interesse ancora elevati hanno raffreddato la spesa per investimenti; le incerte prospettive del quadro economico inducono a prudenza gli operatori anche nella formulazione dei piani per il prossimo anno.
L’attività edilizia è ulteriormente cresciuta nel corso del 2024. Gli effetti del ridimensionamento degli incentivi all’edilizia privata (in Umbria il ricorso al Superbonus è stato più intenso rispetto alla media del italiana, anche in relazione alle maggiori opportunità previste dalla normativa per i proprietari degli
edifici danneggiati dal sisma del 2016) sono stati ampiamente compensati dall’incremento degli investimenti degli enti pubblici territoriali, in particolare di quelli finanziati dal PNRR, e dagli interventi di ricostruzione post-terremoto: l’attività di ricostruzione è proseguita con un’intensità analoga a quella del biennio precedente e alla fine di maggio il numero dei cantieri attivi era superiore del 2,5% rispetto a un
anno prima.
Il mercato immobiliare ha mostrato un andamento ancora debole nel comparto abitativo.
La riduzione del numero di compravendite registrata nel primo semestre dell’anno (-2,4%) è stata più contenuta rispetto a quella del 2023 (-12,4%). I prezzi hanno evidenziato un lieve recupero
(1,2%). Nel comparto non residenziale le contrattazioni sono tornate a crescere (13,4%).
Terziario e turismo
Anche nel terziario l’andamento è rimasto positivo. Secondo il sondaggio della Banca d’Italia, nei primi nove mesi del 2024 più della metà delle imprese ha rilevato un aumento del fatturato, a fronte di circa un quarto che ha segnalato una diminuzione; anche depurando il dato dall’effetto dell’aumento dei listini, il saldo rimane ampiamente positivo (17%).
il settore ha continuato a beneficiare del supporto fornito dal turismo, i cui flussi hanno raggiunto nuovi massimi. Nei primi nove mesi del 2024 le presenze sono aumentate del 4,4% nel confronto con lo stesso periodo dell’anno precedente e del 17,5% rispetto alla media del triennio pre-pandemico (in Italia 0,1% e 3,4% rispettivamente).
La redditività delle imprese è rimasta soddisfacente, pur mostrando alcuni segnali di indebolimento. Le disponibilità liquide, ampiamente adeguate alle necessità operative, sono ulteriormente aumentate. È proseguito il calo dei prestiti al settore produttivo che ha riflesso un elevato livello dei tassi di interesse, condizioni di offerta restrittive e una ridotta domanda per investimenti. La qualità del credito è peggiorata, in misura più intensa che nel Paese, in particolare nel settore manifatturiero.
Nei primi sei mesi dell’anno in corso le esportazioni regionali a prezzi correnti sono tornate a crescere (6,8% rispetto al corrispondente periodo del 2023), a fronte della flessione registrata in Italia (-1,1%). L’incremento delle vendite si è concentrato nel secondo trimestre.
Tra i settori produttivi, l’agroalimentare, l’abbigliamento e la meccanica hanno continuato a fornire un contributo ampiamente positivo. L’aumento delle esportazioni ha riguardato principalmente i flussi diretti verso i paesi extra-UE (17,4%). Sono cresciute in particolare le vendite di abbigliamento negli Stati Uniti e di prodotti agroalimentari nei mercati asiatici.
Tra i paesi dell’Unione europea l’incremento è stato molto più contenuto (0,5%). Vi ha inciso l’andamento negativo dell’export di metalli e di macchinari verso la Germania, principale mercato di sbocco delle esportazioni regionali. Secondo i dati di Sondtel, circa la metà delle aziende industriali che intrattengono rapporti commerciali con controparti tedesche ha segnalato una riduzione delle quantità vendute, in molti casi di notevole entità; la parte restante ha rilevato una sostanziale invarianza. Per compensare questo calo un’ampia quota di imprese sta cercando di aumentare le proprie esportazioni in altri paesi.
Il numero di occupati ha continuato a crescere; a differenza degli anni precedenti, l’incremento si è concentrato tra i lavoratori autonomi.
Secondo i dati della Rilevazione sulle forze di lavoro dell’Istat, in Umbria nei primi sei mesi dell’anno il numero di occupati è cresciuto dell’1,2% rispetto allo stesso periodo del 2023 (1,5% in Italia). L’aumento
ha interessato esclusivamente la componente femminile e i lavoratori autonomi (3,0 e 7,1%.
L’incremento dell’occupazione nel settore dei servizi, in particolare quelli turistici e del commercio, ha più che compensato la flessione registrata nell’industria. Il tasso di occupazione ha raggiunto il 66,9% (dal 66,4% del primo semestre dello scorso anno).
La partecipazione al mercato del lavoro è rimasta sostanzialmente stabile al 70,9%, un valore
elevato nel confronto storico. La riduzione delle attivazioni nette di contratti alle dipendenze ha interessato soprattutto i giovani e le aziende di minori dimensioni. La partecipazione al mercato del lavoro è rimasta elevata, nonostante il calo delle persone in cerca di occupazione. Sono aumentate le richieste di Cassa integrazione guadagni, in connessione con le difficoltà emerse in alcuni comparti della manifattura, e quelle per l’indennità di disoccupazione.
L’aumento dell’occupazione e la stabilizzazione del tasso di inflazione su livelli contenuti hanno sostenuto il potere di acquisto delle famiglie; vi si è associato un più modesto aumento dei consumi, nonostante il ricorso alle relative forme di credito sia rimasto significativo. Le preferenze delle famiglie per l’allocazione del risparmio hanno favorito ancora gli investimenti in titoli; i depositi si sono invece ulteriormente contratti.