La maiolica è stata restituita dai Carabinieri del Nucleo per la Tutela del Patrimonio Culturale (TPC) di Perugia alla famiglia di Marsciano
Era la notte tra il 9 e il 10 febbraio del 2004 quando una maiolica ex voto, raffigurante l’“Incontro tra Maria e Santa Elisabetta”, era stata staccata dalla facciata esterna della Chiesetta oratorio della Madonna del Cerro, nel comune di Marsciano.
Oggi la mattonella votiva – delle dimensioni di 44x40x2 cm, realizzata dalle fornaci di Deruta nel XVI secolo è stata restituita dai Carabinieri del Nucleo per la Tutela del Patrimonio Culturale (TPC) di Perugia alla famiglia Vallerani, proprietaria dell’omonima storica villa di Cerro di Marsciano (PG), nel cui complesso ricade anche il luogo di culto.
Il manufatto, descritto tecnicamente “mattonella istoriata policroma”, è stato individuato dai Carabinieri del Reparto specializzato dell’Arma sul catalogo di una casa d’aste lombarda, grazie alla segnalazione di un esperto dell’arte ceramica di Deruta che l’ha riconosciuto e segnalato ai Carabinieri.
Lo sviluppo delle indagini ha permesso agli investigatori di risalire al possessore dell’oggetto, un collezionista settantaseienne marchigiano il quale, immediatamente interpellato in merito, ha dimostrato la sua ‘buona fede’ fornendo la documentazione necessaria a escludere responsabilità penali a suo carico.
Nel ricostruire i “passaggi di mano’” i Carabinieri hanno accertato che la maiolica era stata regolarmente acquistata dall’ignaro collezionista nel 2007, per una cifra ritenuta congrua al valore di mercato, da un commerciante d’arte della provincia senese che, a sua volta, ne era entrato in possesso qualche mese dopo il furto.
La piena corrispondenza fra l’oggetto rubato e quello individuato in asta è stata confermata dal riscontro ottenuto attraverso la consultazione della “Banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti” – il più grande database di opere d’arte rubate del mondo gestito dal Comando TPC, dove era inserita la denuncia del furto regolarmente formalizzata dal proprietario – dal riconoscimento ad opera dell’esperto, e, soprattutto, dai dettagli che possono definirsi vere e proprie “impronte digitali”, ovvero le tracce di lavorazione, i segni e le scalfitture procuratesi nel tempo e che la rendono un oggetto unico.
A distanza di diciotto anni dal furto, grazie alla sensibilità di chi ha riconosciuto l’oggetto e al lavoro dei Carabinieri TPC, diretti nell’attività investigativa dall’Autorità Giudiziaria senese, che ha disposto il sequestro e la restituzione del bene ai legittimi proprietari, si è potuto ancora una volta restituire alla sua terra d’origine un altro bene culturale ritenuto “perduto”, recuperando un piccolo ma significativo tassello di storia che oggi è finalmente “tornato a casa”.